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Infermiere maternità e infezione da COVID-19. Vietata attività nei reparti nei 7 mesi successivi alla gravidanza

Elsa Frogionidi
Elsa Frogioni
Pubblicato il: 25/03/2020 vai ai commenti

CoronavirusLeggi e sentenze

La professione sanitaria è donna, oltre il 70% di infermieri e professionisti sanitari sono di genere femminile e con molte difficoltà dovute a condizioni lavorative non agevoli, in questo triste periodo sono molte le giovani mamme infermiere puerpere, con bimbi piccoli o in gravidanza che contattano i colleghi rappresentanti del Sindacato delle Professioni infermieristiche per chiedere informazioni e sostegno.

Vista l’emergenza sanitaria rappresentata dalla circolazione del virus responsabile della COVID-19 pubblichiamo una sintesi delle norme in materia di tutela della maternità cosicché i professionisti sanitari possano valutare insieme all’azienda e i datori di lavoro possano valutare insieme l’eventuale opportunità di una modifica delle loro condizioni lavorative, di un cambio di mansione o dell’astensione dal lavoro.

In base alla normativa vigente (artt. 7, 8, 11, 12, 17 del D. Lgs. 151/01 e L. 35/2012), il datore di lavoro in collaborazione con il Servizio di Prevenzione e Sicurezza del Lavoro e i Rappresanti per la Sicurezza sul Lavoro, procede:

  1. attraverso il Medico Competente a identificare le mansioni/lavorazioni vietate per la gravidanza e/o l’allattamento;
  2. integrare il documento di valutazione dei rischi con l’analisi e l’identificazione delle operazioni incompatibili, indicando, per ognuna di tali mansioni a rischio, le misure di prevenzione e protezione che intende adottare:
  • modifica delle condizioni di lavoro e/o dell'orario di lavoro;
  • spostamento della lavoratrice ad altra mansione non a rischio;
  • in caso di lavori pregiudizievoli che non prevedono possibilità di spostamento, il datore di lavoro informa la DTL e richiede l’attivazione del procedimento di astensione dal lavoro. La DTL emette un provvedimento d’interdizione o diniego entro 7 giorni dalla ricezione della documentazione completa;
  • informare tutte le lavoratrici in età fertile dei risultati della valutazione e della necessità di segnalare lo stato di gravidanza non appena ne vengano a conoscenza.

Relativamente alle mansioni/lavorazioni, la normativa nazionale vieta di adibire le donne in stato di gravidanza e fino al settimo mese dopo il parto a lavorazioni in cui si fa uso di agenti fisici, chimici e biologici pericolosi e nocivi per la madre e il bambino.

Segnatamente al rischio biologico, qual è anche il coronavirus, l’art. 267 del D.Lgs. 81/08, definisce:

  • agente biologico: qualsiasi microrganismo, anche se geneticamente modificato, coltura cellulare ed endoparassita umano che potrebbe provocare infezioni, allergie o intossicazioni;
  • microrganismo: qualsiasi entità microbiologica, cellulare o meno, in grado di riprodursi o trasferire materiale genetico;
  • coltura cellulare: il risultato della crescita in vitro di cellule derivate da organismi pluricellulari.

Secondo l’art. 268 gli agenti biologici sono ripartiti nei seguenti quattro gruppi a seconda del rischio di infezione:

  • agente biologico del gruppo 1: un agente che presenta poche probabilità di causare malattie in soggetti umani;
  • agente biologico del gruppo 2: un agente che può causare malattie in soggetti umani e costituire un rischio per i lavoratori; è poco probabile che si propaghi nella comunità; sono di norma disponibili efficaci misure profilattiche o terapeutiche;
  • agente biologico del gruppo 3: un agente che può causare malattie gravi in soggetti umani e costituisce un serio rischio per i lavoratori; l'agente biologico può propagarsi nella comunità, ma di norma sono disponibili efficaci misure profilattiche o terapeutiche;
  • agente biologico del gruppo 4: un agente biologico che può provocare malattie gravi in soggetti umani e costituisce un serio rischio per i lavoratori e può presentare un elevato rischio di propagazione nella comunità; non sono disponibili, di norma, efficaci misure profilattiche o terapeutiche.

L’orientamento, al momento attuale, non è ancora univoco nell’individuare l’appartenenza del Coronavirus al gruppo 2 (lettera b) o al gruppo 4 (lettera d).

In sintesi, per quanto attiene all’idoneità alla mansione specifica delle operatrici sanitarie in gravidanza, si può concludere come segue:

  • ai sensi del D.Lgs. 151/2001, le donne in gravidanza e per i sette mesi successivi non possono svolgere attività presso aree dedicate all’assistenza a casi sospetti/accertati d’infezione da Coronavirus;

le operatrici sanitarie in maternità devono essere collocate in mansioni compatibili con le indicazioni del D.Lgs. 151/2001 e non sono necessari ulteriori provvedimenti specifici in merito al rischio SARS-CoV-2.

Nota *: Decreto Legislativo 26 marzo 2001, n. 151 "Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell'articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53"

 

Fonte: epicentro.iss.it