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Mobbing. Sì alle registrazioni come prova senza queste siano condotte passibili di procedimento disciplinare. La Cassazione

Maria Luisa Astadi
Maria Luisa Asta
Pubblicato il: 07/04/2020 vai ai commenti

Leggi e sentenze

Qualche mese fa, la Cassazione ha aperto alla possibilità di registrazioni video e fonografiche come prova di mobbing senza queste siano condotte passibili di procedimento disciplinare.

Hai l’impressione che il tuo datore di lavoro ce l’abbia con te. Di tanto in tanto non si fa sfuggire l’occasione per metterti i bastoni tra le ruote; ad esempio, ti assegna dei turni più scomodi e a volte più gravosi dei tuoi colleghi, ti riconosce le ferie in periodi quasi mai coincidenti con le tue richieste.

Dire sono vittima di mobbing è semplice, provarlo diversamente non lo è per niente.

Sia per la definizione di mobbing stesso che per essere tale ha delle caratteristiche ben precise, sia per il vuoto legislativo che lascia all’interpretazione giurisprudenziale il riconoscimento del reato.

 

Cos’è il Mobbing

Mobbing, è una scia di reiterati atti vessatorie persecutori nei confronti del lavoratore, all’interno dell’ambiente di lavoro in cui opera, capaci di provocare un danno incidente sulla sfera emotiva, psico-somatica, relazionale del dipendente. Tali condotte che devono essere ripetute nel tempo e sistematiche, sono di due tipi: mobbing verticale o bossing se messa in atto da superiori in ordine gerarchico; mobbing orizzontale se messo in atto dai colleghi.

Lo Straining: riconosciuto per la prima volta dal Tribunale del Lavoro di Bergamo nel 2005 e confermato in Cassazione nel 2013, consiste in un’azione unica ed isolata con effetti duraturi nel tempo, tali da provocare effetti negativi nell’ambiente di lavoro.

La mancanza di una norma specifica che ne riconosca il reato e ne descriva le sanzioni, ha fatto sì che passassero ingiudicate condotte riprovevoli, e che la persona colpita non fosse tutelata.

La Cassazione

Molto spesso, il dipendente non riesce a raggiungere la prova di tutti gli elementi del mobbing.

Qualche mese fa, la Cassazione ha aperto alla possibilità di registrazioni video sul luogo di lavoro quando siano necessarie per l’acquisizione della prova (Cass. sent. n. 46158/19.)

L’indirizzo è stato già battuto da precedenti sentenze: secondo la giurisprudenza, infatti, se è vero che non si possono registrare conversazioni sul luogo di lavoro, né coi dipendenti, né coi superiori, tale regola trova un’eccezione tutte le volte in cui è necessario acquisire la prova della violazione dei propri diritti. In buona sostanza, se l’intento è poter dimostrare al giudice un danno sofferto sul luogo di lavoro, ben vengano le registrazioni (che tuttavia non dovranno essere diffuse o pubblicate). 

Come chiarito dalla Corte di  Appello  Milano, sent. n. 369/2019 la registrazione fonografica di un colloquio tra presenti è una prova ammissibile nel processo civile, sicché la sua esecuzione, operata dal lavoratore ed avente ad oggetto un colloquio con il proprio datore di lavoro, non integra alcun illecito disciplinare. Né tale condotta può essere considerata reato in quanto disposta per tutelare un proprio diritto: l’esercizio del diritto di difesa. Non c’è, quindi, lesione del rapporto fiduciario tra lavoratore e datore di lavoro, che potrebbe portare ad un procedimento disciplinare fino al licenziamento.

Anche la Cassazione con la sentenza n. 11322/2018 si è pronunciata sulle registrazioni sul luogo di lavoro: «Il trattamento dei dati personali, ammesso di norma in presenza del consenso dell’interessato, può essere eseguito anche in assenza di tale consenso, se volto a far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria o per svolgere le investigazioni difensive; ciò a condizione che i dati siano trattati esclusivamente per tali finalità e per il periodo strettamente necessario al loro perseguimento. Le registrazioni di colloqui ad opera di una delle persone presenti e partecipi ad essi, effettuate all’insaputa dei soggetti coinvolti, posto che vengano adottate tutte le dovute cautele al fine di non diffondere le registrazioni, trattandosi di una condotta posta in essere dal dipendente per tutelare la propria posizione all’interno dell’azienda ritenuta pregiudicata dalla condotta altrui, sono legittime e come tali non integrano in alcun modo non solo l’illecito penale ma neanche quello disciplinare».

 

Da La legge per tutti