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TSO per malattie infettive? E’ previsto già dalla normativa. Ecco quando

Maria Luisa Astadi
Maria Luisa Asta
Pubblicato il: 06/07/2020 vai ai commenti

Leggi e sentenze

I trattamenti sanitari obbligatori (TSO) sono attuati dai presìdi sanitari pubblici territoriali e, ove necessiti la degenza, nelle strutture ospedaliere pubbliche e convenzionate.

 

Alcune condizioni consentono una prestazione medica senza il consenso del paziente, quali:

  • le malattie infettive e diffusive, a norma dei provvedimenti di carattere nazionale e internazionale, per le quali esista l’obbligo di notifica,di visite mediche preventive, di vaccinazioni a scopo profilattico, di cura attuata mediante l’isolamento domiciliare, di ricovero in reparti ospedalieri, nonché l’applicazione delle misure previste per le malattie infettive quarantenarie e gli interventi contro le epidemie e le epizoozie;
  • le malattie veneree in fase contagiosa (Legge n. 837 del 25 luglio 1956) per le quali è fatto obbligo al venereopatico che rifiuti le cure volontarie di sottoporsi alla cura radicale e ad altre misure idonee a evitare il contagio venereo, non escluso il ricovero ospedaliero disposto di autorità, fino alla scomparsa delle manifestazioni contagiose;
  • le malattie mentali trattate in condizioni di degenza ospedaliera qualora le alterazioni psichiche siano tali da richiedere urgenti interventi terapeutici, se gli stessi non vengono accettati dall’infermo e non sia possibile adottare misure sanitarie tempestive e idonee extra-ospedaliere;
  • le lesioni da infortunio sul lavoro e le malattie professionali, di cui al DPR 30 giugno 1965, n. 1124, in quanto l’infortunato o il tecnopatico non può, senza giustificato motivo, rifiutare di sottoporsi alle cure mediche e chirurgiche che l’Istituto assicuratore ritenga necessarie per elidere o attenuare le conseguenze invalidanti, rifiuto che porterebbe alla perdita del diritto all’indennità per inabilità temporanea e la riduzione della rendita a quella misura presunta alla quale sarebbe stata ridotta se l’assicurato si fosse sottoposto alle cure prescritte;
  • le infermità e i difetti fisici o mentali che danno luogo a un’invalidità o inabilità pensionabile (art. 83 del RD 4 ottobre 1935, n. 1827) allorquando l’assicurato o il pensionato rifiuta, senza giustificato motivo, di sottoporsi ai trattamenti medico-chirurgici o al ricovero in idoneo luogo di cura per evitare o limitare l’instaurarsi dell’invalidità, rifiuto che comporta la sospensione delle prestazioni economiche;
  • il trattamento ospedaliero delle persone dedite all’uso di sostanze stupefacenti o psicotrope (art. 29 legge 26 luglio 1990, n.162, che modifica l’art. 97 della legge 22 dicembre 1975, n. 685, comma I);
  • l’accertamento sanitario, dell’imputato per i delitti di violenza sessuale (art. 16 della legge 15 febbraio 1996 n. 66), per l’individuazione di patologie sessualmente trasmissibili.

L’obbligatorietà di sottoporsi a determinati trattamenti terapeutici è determinata da esigenze sociali che fanno appello al dovere di solidarietà di ogni cittadino per la salvaguardia di interessi comuni di fronte a determinate contingenze che minacciano la sicurezza collettiva, o abbiano lo scopo di ripristinare in tutto o in parte l’efficienza produttiva menomata da infortunio sul lavoro o da invalidità.

 

Il TSO viene disposto con provvedimento del sindaco nella sua qualità di autorità sanitaria. La notifica e l’esecuzione di tale ordinanza si configurano sul piano giuridico non come atto sanitario, ma come operazione di polizia amministrativa, diretto all’osservanza di regolamenti e provvedimenti dell’autorità (sindaco), in cui il personale competente

non è quello sanitario, ma quello del Corpo di Polizia Municipale: l’intervento dei Sanitari (fondamentale nell’ambito dell’assistenza al malato) e della Polizia in questi casi non deve essere pertanto subordinato l’uno all’altro, ma contestuale, e deve esplicarsi attraverso una distinzione chiara dei rispettivi compiti d’intervento. Pertanto, al personale sanitario, dovrebbero sempre affiancarsi i vigili urbani.

In tutte quelle situazioni in cui il comportamento del paziente abbia determinato un problema di ordine pubblico, con notevole pericolo per la

propria incolumità fisica, dei soccorritori o di altre persone si renderà indispensabile l’intervento delle forze di Polizia Municipale (in loro mancanza dei Carabinieri o della Polizia), supportato eventualmente dai VV.FF. qualora il paziente sia armato, (con armi proprie o improprie), o nei casi di barricamento o di difficoltà al suo raggiungimento.

Nell’urgenza, non solo psichiatrica, è bene ricordare che l’intervento, a volte, diventa immediatamente necessario, indipendentemente dal consenso del paziente e prima o, contestualmente, all’avvio di una procedura obbligatoria.

Soltanto in questi casi è giustificato lo stato di necessità (art. 54 cp) secondo cui: «non commette reato colui che agisca nella necessità di preservare chiunque dal pericolo attuale di danno grave alla persona propria o altrui».

Se lo stato di necessità non sussiste l’intervento del Sanitario può configurarsi nell’ambito della violenza privata (art. 610 cp), della violazione di domicilio (art. 614 cp), delle lesioni personali colpose (art. 590 cp) e, ancor peggio, nel sequestro di persona (art. 605 cp).

Per contro il mancato intervento in visita domiciliare per l’accertamento della sussistenza della infermità mentale, potrebbe configurare per il sanitario il reato di abbandono di incapace (art. 591 cp), di omissione di soccorso (art. 593 cp), di omissione di atti d’ufficio (art. 328 cp).

 

Bibliografia:

Aspetti medico-legali e giuridico-deontologici

del trattamento sanitario obbligatorio

Davide Matta , Silvia Katiuscia Carta , Alfonso Spagnesi  Stefania Medda , Massimo Graziano