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Mi stanco salendo le scale, la capacità polmonare ridotta del 10 per cento. Gli infermieri raccontano le sequele post Covid

Vincere la battaglia contro il coronavirus può richiedere mesi. Anche dopo che il virus è stato eliminato dal corpo. Prova ne sono le decine di pazienti che, dopo aver superato la malattia, continuano a manifestare alcuni sintomi - il cosiddetto Covid-19 persistente – con sequele di qualsiasi tipo. 

E non fanno eccezione i giovani e gli operatori sanitari. Medici come Gloria affermano di continuare a soffrire di effetti post-Covid . "Ho 36 anni. Mi stanco salendo le scale o portando a spasso i miei cani", ha ammesso attraverso i suoi social network. Il coronavirus ha ridotto la sua capacità fisica, e lamenta disturbi gastrointestinali.

Sempre sui social, in tweet di un’infermiera, 34 anni, e con una patologia respiratoria, si legge come sia costretta a fermarsi più volte quando cammina, “è come scalare una collina" scrive nel post.

Le sequele post Covid

La "sindrome post-Covid", secondo gli scienziati,  è da considerarsi una vera e propria famiglia di disturbi che possono perdurare settimane. Tra le possibili conseguenze a lungo termine ci sono stanchezza cronica, una riduzione della funzionalità polmonare, lesioni al cuore, problemi neurologici e cognitivi; ed ancora dolori muscolari, difficoltà nel sonno, nella capacità di concentrazione e nella memoria.

Da cosa dipende la sindrome post Covid

Gli studiosi ipotizzano che la sindrome da stanchezza post-virale possa intervenire secondo due meccanismi:

  • reazione immunitaria ai residui del coronavirus nell'organismo,
  • diffusione di microcoaguli che riducono l'afflusso di sangue ossigenato nel corpo. Da questo problema vascolare potrebbero dipendere anche i mal di testa e l'affanno riportati da molti guariti.

Il senso di fatica potrebbe anche essere una conseguenza dell'attacco del virus alle cellule che rivestono le pareti dell'intestino, che si infettano e si infiammano: il virus persiste infatti a lungo nelle feci anche dopo essere scomparso dai tamponi nasali, e finché l'equilibrio batterico intestinale non è ripristinato possono prevalere stanchezza, mancanza di appetito, perdita di peso.

Problemi al cuore

Il coronavirus SARS-CoV-2 può attaccare il muscolo cardiaco, e nei sopravvissuti a questo aspetto della malattia sembra poter causare danni cardiaci a lungo termine, oltre a inasprire i disturbi al cuore preesistenti.

Impatti neurocognitivi

Sempre più ricerche evidenziano sintomi neurologici nei pazienti ricoverati per Covid, come mal di testa, vertigini, perdita di coscienza, disturbi della vista, perdita dell'olfatto e del gusto, dolore cronico. Ed ancora disturbi dell'attenzione, della concentrazione e della memoria, nonché possibili disfunzioni dei nervi periferici che raggiungono le dita, le braccia, le gambe.

 

Lesioni polmonari

I danni polmonari del virus SARS-CoV-2 possono lasciare sui tessuti cicatrici perenni, con conseguente difficoltà a tornare alla vita di tutti i giorni. Il coronavirus attacca entrambe i polmoni. Le sequele polmonari possono verificarsi anche in pazienti senza patologie precedenti, come dice Sarah, una dipendente del Bellvitge University Hospital. "È come se la nostra capacità fosse ridotta a un bicchierino. "Mi fa rabbia vedermi così - spiega questo operatore sanitario che ha perso 4 chili di massa muscolare in 21 giorni - nonostante faccia esercizio fisico per migliorare la capacità polmonare, la stanchezza , "è ancora lì" .

Fino al 10% di riduzione della capacità aerobica

Casi come quelli di questi professionisti continuano ad essere oggetto di studio da parte della comunità medica e scientifica, che cerca di scoprire l'entità e la durata delle sequele di Covid-19 nel lungo periodo.

Già a marzo, in concomitanza con l'inizio della diffusione del virus, il Centro europeo per il controllo e la prevenzione delle malattie - ECDC - ha rilevato possibili effetti negativi sulla forma fisica dei giovani risultati positivi al test coronavirus. Nello specifico è stata valutata la resistenza fisica di 199 giovani reclute svizzere, con un'età media di 21 anni, tra le quali erano stati rilevati diversi casi: 19 dei giovani colpiti, ad eccezione di quelli asintomatici, hanno avuto una diminuzione "significativa" della loro capacità aerobica massima. In alcuni casi, questa riduzione era superiore al 10% rispetto al valore di base pre-infezione. Un dato particolarmente rilevante se si tiene conto che, come spiega Arturo Ballester, il consumo di "ossigeno massimo è una variabile con una grande componente genetica e solo il 15-20% può essere migliorato con l'allenamento" .

 

Da Redacion medica e Focus