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Lombardia: presentato il ddl n.143 che introduce l’infermiere di famiglia e di comunità.

Daniele Carboccidi
Daniele Carbocci
Pubblicato il: 16/05/2014 vai ai commenti

LombardiaNurSind dal territorioNursing

In Lombardia presentato il ddl n.143 “Assistenza continua h24 nel distretto sociosanitario” che introduce l’infermiere di famiglia e di comunità (CLICCA QUI PER LEGGERE TESTO DDL)


Il 12 maggio scorso, in occasione della Giornata Internazionale dell’Infermiere, il Collegio IPASVI di Milano Lodi Monza e Brianza ha organizzato un evento dedicato all’ “Infermiere di famiglia e di Comunità”, dibattendo sulle nuove prospettive di questa specializzazione infermieristica nel quadro socio-economico regionale, in cui le cronicità e le acuzie che non necessitano di assistenza ospedaliera richiedono nuovi approcci di integrazione professionale per ottimizzare l’assistenza sul territorio.

Il presidente del Collegio, Giovanni Muttillo, ha presentato una bozza di proposta di legge regionale in tal senso, maturata da un lungo e ragionato confronto con altri colleghi, accademici, società scientifiche, mmg, sindacati e politici.

Il testo, accolto con favore in maniera trasversale dalle forze politiche, è stato presentato in forma di proposta di legge dal Movimento 5 Stelle, mentre Partito Democratico e Lega Nord hanno subito manifestato l’intento di sostenerne l’iter in Consiglio Regionale.

Il progetto incontra l’interesse di tutte le professioni sanitarie (mediche, infermieristiche, ostetriche), che riconoscono alla figura dell’infermiere di famiglia e di comunità la potenzialità di rispondere all’attuale momento storico di forti tensioni al cambiamento in conseguenza alla forte pressione per contenere la spesa sanitaria, il blocco del turnover, all’evoluzione dei bisogni delle persone e delle modifiche dei setting assistenziali in ospedale e sul territorio.

Il progetto di legge regionale presentato n.143, ha l’ambizione di rispondere anche allo skill mix sulla composizione professionale del personale in maniera efficiente, efficace ed economicamente conveniente al fabbisogno assistenziale della cittadinanza, laddove questo, se incanalato nei sistemi “ordinari”, produce costi ed inefficienza.

Il progetto è molto articolato e comporta un rinnovamento della visione della professione infermieristica, e dei percorsi formativi accademici (a Pavia è già stato attivato un Master in tal senso) ma tutte le parti sembrano convintamente intenzionate a raccogliere la sfida, che in altre realtà è già stata sperimentata ed applicata con successo.
Se ne parlerà nuovamente anche venerdì 16 maggio a Tortona e al Congresso Nazionale Co.S., che si terrà a Roma  in data 26-27-28 giugno 2014 presso il Centro Congressi Frentani in cui Muttillo si confronterà con i mmg organizzati nelle Unità di Cure Complesse Primarie, inoltre in questi giorni chiederà un’audizione dell’IPASVI in Commissione III Sanità del Consiglio Regionale.

L’argomento merita un breve excursus: L’OMS definisce tale figura, insieme al medico, il perno della rete dei servizi, specificandone le funzioni:..aiuterà gli individui ad adattarsi alla malattia e alla disabilità. Faciliterà le dimissioni precoci dagli ospedali fornendo assistenza infermieristica a domicilio. Agirà da tramite tra la famiglia e il medico di base, sostituendosi a quest’ultimo quando i bisogni identificati sono di carattere prevalentemente infermieristico…”. E per rispondere ai bisogni di salute dei cittadini della Regione Europea, anche l’Unità per l’Infermieristica dell’Ufficio Regionale ha condotto studi sui differenti modelli di nursing, nell’intento di renderli coerenti con i 38 obiettivi del programma. Ne seguì la prima Conferenza (Vienna, 1988) come risposta alle priorità individuate. Dalla Conferenza scaturì la “Dichiarazione di Vienna sull’Infermieristica”: documento in cui trovarono definizione chiari indirizzi strategici di intervento. I rappresentanti dei paesi membri consigliarono, in primo luogo, lo sviluppo di servizi infermieristici innovativi, centrati sulla promozione della salute.

Secondo le direttive di Vienna la pratica infermieristica avrebbe dovuto basarsi prioritariamente proprio sull’assistenza sanitaria primaria. Le funzioni dell’infermiere: assistenziale, organizzativa, educativa e di ricerca, trovarono una loro precisa definizione è si affermò l’opportunità di formare infermieri il cui profilo potesse vedere come contesto operativo sia l’ospedale sia la comunità; infermieri in grado di imprimere enfasi alle tematiche dell’assistenza socio sanitaria di base. L’impulso impresso dalla Conferenza sfociò nel progetto “Nursing in Action” (1993) elaborato proprio con lo scopo di rafforzare l’infermieristica affinché potesse supportare la politica europea della salute per tutti. Il progetto “infermiere di famiglia” si indirizzava così verso due aspetti: la leadership infermieristica e lo sviluppo della qualità del nursing con l’obiettivo di creare servizi orientati ad una assistenza che ponesse al centro del sistema la persona (i suoi bisogni) e di raggiungere risultati di salute in termini di qualità, efficacia ed efficienza delle cure, nel rispetto dei principi di equità e appropriatezza sanciti dalla politica europea per la salute. Successivamente, a Monaco (1999), i ministri della sanità dell’UE aderenti all’OMS si riunivano proprio per tracciare un nuovo profilo di infermiere in grado di fornire un contributo originale allo sviluppo sanitario ed alle prestazioni dei servizi in ambito socio sanitario: l’infermiere di famiglia!.

Il programma OMS “Salute 21”, approvato dal Comitato Regionale nel Settembre 1998 a seguito delle consultazioni tra i 51 Stati membri ed altre grandi organizzazioni intendeva favorire un quadro di riferimento per promuovere l’azione di ciascuno stato, in modo che tutti potessero definire proprie strategie sanitarie in linea con quelle del documento mondiale di programmazione. Ecco dunque che anche in Italia l’infermiere viene ad assurgere a “risorsa strategica” nell’ambito di un progetto, più ampio, di organizzazione dei Nuclei di Assistenza Primaria. Acquisisce un ruolo distintivo durante tutto il continuum assistenziale, compresa la promozione della salute, la prevenzione della malattia, la riabilitazione e l’assistenza ai malati (compreso il contesto di fine vita).  Lo stesso Salute 21 puntualizzava: “Per chi offre assistenza primaria è importante conoscere la situazione in cui vivono i pazienti: la casa, la famiglia, il lavoro, l’ambiente fisico e sociale possono avere un peso considerevole sulle malattie. Se gli operatori non sono consapevoli di questi fattori, alcuni sintomi insorgenti possono venire interpretati in maniera non corretta ed i problemi non riconosciuti non vengono curati. Ne possono risultare procedure di diagnosi e cura non necessarie che aumentano i costi senza contribuire ad analizzare i problemi reali”.

Ma un sondaggio condotto dal programma di infermieristica dell’OMS, nel rilevare i caratteri di diversi modelli di infermieristica di comunità, faceva osservare come ruoli e titoli attribuiti agli infermieri nei diversi Paesi delineavano un quadro eterogeneo, mentre l’elemento guida nel nuovo concetto di infermiere di famiglia si sarebbe dovuto sostanziare in un rafforzamento delle sue caratteristiche specialistiche, come ad esempio le competenze culturali e comunicative nei riguardi delle famiglie e delle collettività, l’autonomia e la responsabilità professionale (accountability), l’orientamento alla dimensione domiciliare intesa come ambiente in cui i membri della famiglia e i caregivers possono collaborare per la soluzione dei problemi di salute e per la creazione di modelli di “famiglia sana”.

L’ obiettivo n.15  Un settore sanitario integrato sanciva:“Da qui al 2010 la popolazione della regione dovrà avere un migliore accesso all’assistenza sanitaria di base centrata sulla famiglia e la comunità, sostenute da un sistema ospedaliero atto a far fronte a diverse situazioni. In particolare:
- almeno il 90% dei paesi dovrà aver dato luogo a servizi di assistenza sanitaria di base che assicurino continuità delle cure utilizzando sistemi di orientamento dei pazienti…;
- in almeno il 90% dei paesi i medici e gli infermieri di famiglia dovranno formare il nodo di quei servizi integrati di assistenza che dovrà fare riferimento ad équipes pluridisciplinari raggruppanti professionisti del settore sanitario, sociale e di altri settori, e dovrà beneficiare della partecipazione della popolazione locale…”.

“A livello nazionale invece mentre le rappresentanze dei medici si stanno confrontando con accordi federativi tra pediatri e mmg,  in FNOMCEO si discute sul nuovo codice deontologico, ci si confronta con i sindacati sul rinnovo della convenzione per i mmg e l’assistenzaH24, la professione infermieristica - secondo il Presidente - pare assistere inerme e continuare a subire l’assenza di progettualità nel governo clinico assistenziale del territorio ad opera della propria Leadership di rappresentanza professionale diretta e indiretta“

Si tratta di un provvedimento non solo condivisibile ma che auspichiamo si affermi anche in altre Regioni – afferma il Segretario Nazionale NurSind Andrea Bottega perché non solo rappresenta una concreta risposta ai crescenti bisogni assistenziali dei cittadini ma sviluppa anche una ambito della professione infermieristica che punta a sfruttarne appieno le potenzialità dell’area autonoma in cui è formato l’infermiere. Un progetto concreto che il Collegio IPASVI di Milano – Lodi – Monza Brianza ha costruito e porta avanti con  una rete di rapporti istituzionali a supporto delle proposte professionali e del miglioramento dei servizi ai cittadini. Penso – conclude il Segretario NurSind – che l’infermiere di famiglia sia una sfida epocale per la categoria infermieristica dove dimostrare il valore della propria professione in un rapporto sempre più diretto e stretto con chi chiede e si aspetta di vivere in salute nel proprio luogo di vita,  nella propria comunità, il proprio quartiere, la propria famiglia.

(a cura di Chiara D’Angelo)