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NurSind risponde alla lettera aperta di Renzi ai dipendenti pubblici

Daniele Carboccidi
Daniele Carbocci
Pubblicato il: 01/06/2014 vai ai commenti

Comunicati Stampa

Alla Cortese attenzione del 

Presidente Consiglio dei Ministri

Ministro della Funzione Pubblica

rivoluzione@governo.it

 

 

Oggetto: Risposta lettera aperta dipendenti pubblici. Proposte da parte del Sindacato

Infermieristico.

 

Gentile Presidente, Onorevole Ministro,

 

in qualità di sindacato rappresentativo nel pubblico impiego per la categoria infermieristica, desideriamo dare il nostro contributo, come da Lei richiesto, alla discussione sulla riforma della Pubblica Amministrazione.

 

1. Non è possibile alcuna riforma senza una leva motivazionale per i dipendenti pubblici. La situazione infermieristica in Italia vede un crescente malessere derivante dal blocco del turn over (molte realtà sopportano carichi di lavoro oltre il dovuto; si veda la nota situazione dei pronto soccorso e di molte corsie di degenza), dal mancato riconoscimento del lavoro usurante (come sarà possibile lavorare a turno 10 ore di notte fino a 67 anni?), dalla difficoltà di conciliare i tempi lavoro con i tempi di vita, dal blocco stipendiale (1.500 euro al mese con notti e feste lavorate), dalle crescenti mansioni e responsabilità senza alcun premio per tale attività (non possibile nemmeno con risorse dei fondi aziendali per il blocco contrattuale), dalle continue riorganizzazioni che penalizzano le dotazioni organiche. Se non sarà data una disponibilità economica a incentivare il cambiamento nutriamo forti dubbi che si possa avere collaborazione da parte del personale per riformare il SSN. Senzal’appoggio dei lavoratori – che continuano a essere additati come fannulloni– difficilmente si riuscirà di cambiare verso. Ricordiamo ancora il fallimento della riforma Brunetta dove del bastone e la carota è rimasto solo il bastone.

 

2. Ricambio generazionale. Abbiamo già inviato la nostra proposta al Ministro della Funzione Pubblica e al Ministro della Salute. Agevolare il ricambio darebbe altresì risposta al nuovo fenomeno della disoccupazione infermieristica (circa 30.000 unità che stanno emigrando per trovare lavoro; i concorsi pubblici banditi per 1 posto vedono una media di 4.000 partecipanti).

 

3. Mobilità. Abbiamo chiesto più volte anche con manifestazioni sotto i palazzi delle Regioni (principalmente del sud Italia) di sbloccare la mobilità. Gli infermieri del sud sono stati costretti a spostarsi nelle regioni senza piano di rientro per trovare lavoro e gradirebbero tornare nel paese d’origine. Oggi la norma contrattuale dà la possibilità di chiedere la mobilità ma la legge (Dlgs 165/2001 come modificato dalla riforma Brunetta) prevede il nulla osta anche dell’azienda cedente. Occorre trovare il modo di favorire e agevolare la mobilità. Anche un’unificazione dell’inquadramento a livello contrattuale tra i vari comparti favorirebbe la mobilità (per es. oggi il comparto sanità vede l’infermiere inquadrato in categoria D mentre nel comparto enti locali in categoria C e ciò non consente la mobilità intercompartimentale).

 

4. Conciliazione dei tempi di vita e part time. Abbiamo dovuto fare lotte presso i tribunali per opporci all’indiscriminato utilizzo della possibilità normativa di revoca unilaterale del part time. La nostra categoria è composta per l’80% da donne che in molti casi gradirebbero ridurre l’orario di lavoro per accudire i figli. Incentivare l’istituto del part time significa fare qualcosa di concretamente vero per la piena occupazione femminile.

 

5. Asili nido. In molte aziende, proprio perché l’80% della categoria è donna, abbiamo proposto l’apertura di un asilo nido con orari che consentano anche a chi lavora sulle 24 ore di poter gestire i carichi familiari. La famiglia tradizionale è in crisi e molte colleghe trovano ormai lavoro al di fuori della provincia di residenza senza poter contare nel supporto dei nonni. È quanto mai necessario pensare a degli asili nido aziendali con orari legati alla turnistica presente in azienda.

 

6. No tagli all’assistenza diretta. In sanità sono possibili riorganizzazioni per effettuare economie di scala ma riteniamo che tali economie non debbano essere fatte facendo ricadere il costo sui cittadini. Si può ottimizzare tutto l’apparato tecnico-amministrativo ma mettere mano agli organici già ridotti del personale che svolge assistenza diretta significa chiedere ai parenti del malato di colmare il deficit di assistenza con risorse proprie. Le proposte non mancano. Si possono unificare a livello provinciale o sovra provinciale alcuni dipartimenti di laboratorio analisi o di anatomia patologica o microbiologia, ciò permetterebbe un’economia di scala sul materiale e sul personale e migliorerebbe la ricerca e nello stesso tempo non comporterebbe alcun disagio per i cittadini. Anche la teleradiologia risolverebbe molti problemi di attesa del referto.

 

Desideriamo infine far presente che gli infermieri pubblici dipendenti si trovano a esercitare in modo esclusivo la propria professione per la PA garantendo a proprie spese l’iscrizione annuale all’albo professionale, la formazione continua in medicina (ECM) e l’assicurazione RC per la colpa grave. Ricordiamo che dal 2010, e non sappiamo fino a quando, vige il blocco stipendiale con conseguenze sulla retribuzione e sul futuro trattamento pensionistico e che la nostra produttività è tassata interamente e non defiscalizzata al 10% come nel lavoro privato.

 

Grazie per l’attenzione.

 

Il Segretario Nazionale NurSind

Dr. Andrea Bottega