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Malattia renale cronica: Documento di indirizzo approvato in Conferenza Stato-Regioni

Chiara D'Angelodi
Chiara D'Angelo
Pubblicato il: 26/08/2014

EditorialiNursing

di Maria Luisa Asta

Infermiera di Nefrologia e Dialisi

 

L’accordo sul documento di indirizzo, approvato nella conferenza Stato-Regioni il 05 Agosto di quest’anno, prevede per l’Infermiere di Nefrologia e soprattutto per quello che lavora in dialisi, un ruolo essenziale nella prevenzione ed educazione al paziente con malattia renale cronica; tale documento prevede, altresì, la costituzione di una rete a livello territoriale per la presa in carico di questi pazienti, per garantire loro una continuità di cure.

 

Premesso che la prevenzione e terapia del paziente con insufficienza renale cronica è a carico dello Stato, l’erogazione delle cure, soprattutto in alcune regioni è affidata a strutture private convenzionate, le quali però non costituiscono un network integrato con le strutture pubbliche presenti sul territorio.

A tutt’oggi i progetti di rete nefrologica riguardano solo un numero esiguo di Regioni.

 

Non volendo subito entrare nel merito della malattia renale cronica, va detto che i costi, non solo quelli sociali, ma quelli meramente economici sono tali, da spingere nella direzione della prevenzione della progressione della malattia stessa.

 

Alcuni dati: il costo del trattamento dialitico in un paziente con malattia renale cronica in fase finale, va da un minimo di 29.800,00 euro per quelli in dialisi peritoneale, fino ad un massimo di 43.800,00 euro per quelli in emodialisi, costi diretti a cui vanno aggiunti quelli indiretti che sono rappresentati dal costo dei sanitari.

Costi maggiori, ma solo apparentemente, hanno il trapianto di rene e le cure che ne seguono. Il costo è stimato nell’ordine di 52.000,00 euro, più 15.000.00 ogni anno successivo al trapianto stesso. Dicevamo solo apparentemente, in quanto si è visto che i pazienti sottoposti a trapianto al Servizio Sanitario Nazionale, costano mediamente da un terzo ad un quarto in meno della spesa totale, rispetto ai pazienti che si sottopongono a dialisi.

Di più, si è visto che ritardare di almeno cinque anni la progressione della malattia, permetterebbe al SSN di risparmiare circa 2,5 miliardi di euro.

 

Quindi, non solo motivazioni di ordine economico finanziario, non secondarie per la sostenibilità del SSN stesso, ma anche la necessità e l’esigenza, da parte dello stesso, di avviare dei nuovi percorsi assistenziali, che vadano nella direzione del coinvolgimento in modo coordinato delle diverse figure che ruotano attorno all’ammalato, in special modo degli Infermieri di dialisi.

L’obiettivo finale è quello di migliorare la qualità delle cure per questi pazienti e nel contempo un uso corretto delle risorse finanziarie.

 

Poiché le persone affette dalla malattia cronica renale, sono in crescita in tutto il mondo nasce l’esigenza di conoscere cosa accade quando i reni cominciano a non funzionare più.

 

La malattia cronica renale è una sindrome complessa, coinvolge diversi organi e per questo richiede un intervento multidisciplinare. Oggi rappresenta specie nei paesi occidentali, una condizione sempre più rilevante, sia per l'invecchiamento della popolazione, sia per l'incremento dell'incidenza delle patologie cronico degenerative come, le malattie cardio - vascolari, il diabete mellito, che spesso ne sono causa scatenante, ma anche per il ricorso sempre più pericoloso all'automedicazione, con l'assunzione di farmaci potenzialmente nefro-tossici.

 

In Italia, l'incidenza della nefropatia ha una prevalenza più bassa rispetto agli altri paesi Occidentali nonostante il trend in crescita ed è stimata pari al 7.1% della popolazione, di cui è il 7.5% uomini e il 6.5 % donne. Dai dati epidemiologici, emerge che la Sicilia, tra le regioni italiane, è quella a più alta prevalenza di pazienti in trattamento dialitico.

 

La malattia renale cronica, comporta un danno renale funzionale sia nella ridotta o assente capacità di eliminare normalmente le scorie, l'acqua ed i sali, sia nella sua funzione escretoria ormonale.

In relazione alla patologia di base che ha condotto il paziente alla malattia renale cronica, anche quando la funzione renale è compromessa, è possibile rallentare ed in alcuni casi arrestare l'evoluzione dell'insufficienza renale, con la terapia conservativa.

 

La terapia conservativa consta di, alcune indicazioni dietetiche, in cui si predilige una dieta aproteica, con riduzione di sodio, potassio e grassi animali, in aggiunta alla terapia farmacologica prescritta dal nefrologo.

Qualora la terapia conservativa non arresti la malattia, e comunque la rallenti, il passo successivo per il paziente è l'inizio della terapia sostitutiva: la dialisi.

 

I nefrologi sono concordi nel considerare la dialisi peritoneale, l'emodialisi ed il trapianto renale come opzioni diverse, ma strettamente legate nel trattamento dell'insufficienza renale, che possono essere adottate in momenti successivi della vita.

La conoscenza da parte del paziente delle varie opzioni, fa sì che questo possa esprimere liberamente e consapevolmente la scelta della terapia.

 

Esistono due tipi di dialisi, extracorporea e peritoneale, in entrambe i casi fine ultimo è la rimozione delle sostanze tossiche, rimozione dei liquidi e riequilibrio elettrolitico ed acido base, con la differenza che nella dialisi extracorporea il sangue viene filtrato attraverso l' utilizzo di un sistema detto rene artificiale, mentre nella dialisi peritoneale, si sfrutta una membrana presente all'interno del corpo, il peritoneo.

 

L'emodialisi si esegue generalmente in una struttura sanitaria (ospedale o clinica) con la presenza di medici ed infermieri, o in centri di semi assistenza, dove la presenza del medico è periodica. Oggi grazie allo sviluppo, di nuovi apparecchi portatili, l'emodialisi può essere eseguita anche a domicilio, un tempo solo appannaggio della dialisi peritoneale.

 

Per poter eseguire l'emodialisi elementi indispensabili sono il macchinario, il rene artificiale che si traduce nel Filtro, che si trova al di fuori dell'organismo (all'interno del quale, il sangue entra in contatto attraverso una membrana, con la soluzione di dialisi, permettendo a questo di cedere le sostanze tossiche, i sali e l' acqua che si accumulano tra una dialisi e l’ altra), e l'accesso vascolare.

 

L'accesso vascolare di elezione è la fistola arterovenosa, confezionata durante un piccolo intervento chirurgico, durante il quale viene realizzata una comunicazione artificiale permanente (anastomosi) tra un'arteria ed una vena, arteria radiale e vena cefalica, lo shunt così costituito garantisce un flusso ematico adeguato ad una depurazione efficace.

L'altro accesso vascolare al quale si ricorre solo nei casi in cui non è possibile confezionare una fistola è il Catetere Venoso Centrale (tunnellizzato) di solito posizionato in succlavia o in giugulare.

 

La seduta dialitica dura generalmente 4 ore e viene effettuata di solito 3 volte a settimana.

 

La dialisi intracorporea o peritoneale, consiste nell'introdurre la soluzione di dialisi nella cavità peritoneale attraverso un cateterino peritoneale sottile e flessibile, il liquido da dialisi entra in contatto con il sangue, attraverso il peritoneo che funge da filtro, eliminando così le sostanze tossiche ed i liquidi in eccesso.

Il liquido da dialisi viene sostituito periodicamente con una soluzione nuova (scambio). La dialisi peritoneale permette al paziente di farla presso il proprio domicilio, con degli scambi manuali , 4 volte durante il giorno, o in alternativa di notte, per 8\9 ore attraverso una apparecchiatura opportunamente programmata, fornita dal centro dialisi.

 

L'infermiere che opera in una unità operativa di nefrologia\dialisi, non compie solo un lavoro meramente tecnico, come molti pensano, trovandosi ad avere a che fare principalmente con la gestione di un macchinario, ma ha il fondamentale compito di Educatore sanitario, visto le regole ferree che il paziente in terapia conservativa e in dialisi deve seguire.

Abbiamo già parlato della dieta durante la terapia conservativa, adesso facciamo un breve cenno alla dieta del paziente dializzato:

- proteine in quantità normale;

- sale e liquidi in quantità ridotta (mezzo litro circa in 24h)

- pochi grassi animali

- potassio e fosfati in quantità ridotti.

 

Il potassio è presente in quasi tutti gli alimenti, il nefrologo conosce le quantità presenti in ogni alimento e consiglia quali scegliere. In linea generale mangiare poca frutta e verdura, per quest'ultima si consiglia di cuocerla due volte, in modo da farle perdere quanta più acqua possibile e il potassio.

Evitare legumi, frutta secca, banane, albicocche, cioccolato, brodo vegetale.

Per diminuire l'assunzione dei fosfati si deve, bere poco latte, ridurre i latticini ed alimenti conservati con polifosfati o che contengono orto fosfati (coca cola, ecc).

 

Ma l'infermiere non ha solo un ruolo fondamentale nell'educazione sanitaria ma è determinante la sua azione comunicativa e di mediatore del progresso emozionale del paziente nel passaggio da una vita sana all'impatto con la malattia cronica e la dialisi.

"Le emozioni che rinascono in chi cura e quelle che rinascono in chi è curato sono reciprocamente intrecciate in un dialogo che non può essere mai ignorato nel suo significato terapeutico" Eugenio Borgna, psichiatra.

 

La malattia cronica è una malattia relazionale, la cui sofferenza e il cui dolore generano una rete emotiva tra le reazioni psicologiche individuali della persona malata e l'impatto psicosociale che la malattia presenta nel contesto sociale, familiare e professionale.

Gestire questa rete di emozioni diventa allora il compito primario dell'Infermiere, che più degli altri entra in contatto con il paziente ed il suo essere affetto da patologia cronica.

 

La malattia a partire dalla comunicazione della diagnosi, apre lo scenario ad una vasta panoramica di emozioni che riguardano sia il paziente sia le persone che sono chiamate nella cura medica ed assistenziale ad interfacciarsi con l'individuo e la sua malattia.

 

La percezione della malattia è diversa da uomo a uomo, spesso dipende dalla cultura della persona, ma la malattia cronica non viene mai vissuta come un momento della vita: "il sentimento della salute si acquista soltanto con la malattia, è questa che impone alla coscienza il corpo, che non più silenzioso, parla attraverso la voce del dolore", scriveva Lichtenberg.

 

Ansia, paura, angoscia, disperazione sono i sentimenti comuni di questi pazienti. Spesso accettare la malattia cronica terminale, è molto più difficile che accettare la dialisi, durante la quale sviluppano una sorte di dipendenza con la macchina, che gli permette di rimanere aggrappati a quel che resta della loro esistenza.

 

Ed è qui che l'infermiere è determinante, perché è deputato ad accompagnare i pazienti a districarsi in questo calvario di emozioni, li aiuta a riprendersi la vita, rimodulandola in relazione alla nuova situazione, coinvolgendo la famiglia dell'assistito, in modo che questo accetti e viva l'evento dialisi nel modo più sereno possibile in modo da avere ripercussioni positive anche sul suo stato di salute.

L'obiettivo dell'infermiere è l'uomo in senso olistico, in modo da aiutarlo nel reinserimento nel tessuto sociale d'appartenenza.

 

Tutto questo, per dire di come una presa in carico precoce del paziente con malattia renale cronica, è in grado di ridurre la frequenza dei ricoveri in ospedale e la mortalità degli stessi. Inoltre, la qualità e l’intensità del trattamento possono incidere positivamente nella riduzione della morbilità e mortalità dei pazienti, anche dopo l’inizio del trattamento dialitico.