La ricerca Cergas/Bocconi su inidoneità e limitazioni lavorative del personale SSN conferma che il fenomeno è preoccupante ed in netto aumento. Governo e aziende prenderanno provvedimenti. Le proposte del Nursind
Aula stracolma di Direttori Generali, Dirigenti Sitra e Medici Competenti provenienti da tutto il Paese, hanno ascoltato attentamente i risultati della ricerca svolta dal team del Cergas coordinato dal Prof. Carlo De Pietro a cui ha collaborato un gruppo di lavoro composto da esperti del settore oltre che da rappresentanti sindacali di Nursind e Cisl e dall’Ipasvi.
Si tratta del primo studio in assoluto condotto in Italia, a cui hanno collaborato attivamente le regioni Veneto, Umbria e Val D’Aosta, oltre che l’azienda AUSL di Bologna e l’ASL di Potenza. Il campione analizzato, proveniente da 33 ASL, 14 Az. Osp. e 2 IRCCS, ha riguardato 137.000 dipendenti (1/5 del SSN) di cui sono state registrate le limitazioni attribuite dal 2005 al 2014.
Il valore medio si attesta all’11,8% con oscillazioni tra un minimo del 2,7% ad un massimo del 26,6%. Dato questo che conferma la disattenzione delle aziende al fenomeno ed alle politiche di risk management. La realtà che si è presentata ai ricercatori è quella di dati mancanti, persi nel tempo e quindi di per se poco attendibili. Infatti, per chi vive da vicino le situazioni aziendali, la percezione del fenomeno è di gran lunga superiore e che potrebbe oscillare tra il 25 ed il 33%, considerando anche le “limitazioni” di legge riguardanti l’esenzione dalle notti delle madri con figli fino all’ottavo anno.
Proprio stamani giunge notizia che il governo ha approvato un emendamento alla finanziaria che imporrà alle aziende una ricognizione generale straordinaria di tutte le limitazioni ed inidoneità che dovrà concludersi necessariamente entro il 31/12/2016. Da quella data quindi potremo sapere con esattezza l’entità del fenomeno, certificato da tutte le aziende del SSN.
Il convegno ha permesso di analizzare il fenomeno e le problematiche correlate osservandolo a 360° da parte degli attori coinvolti: dirigenti Sitra, direzioni aziendali, servizio aziendale per le prevenzione e la sicurezza, medici competenti, RLS, assessori regionali, sindacati generalisti e sindacato di categoria oltre che la rappresentanza del collegio Ipasvi.
Interessante e condiviso con un applauso da gran parte della platea, l’invito fatto dal Prof. Elio Borgonovi a smetterla di chiamare i lavoratori “risorse umane” o “fattori produttivi”, termini che non rispettano il valore umano di chi si mette a disposizione delle mission aziendali mettendoci non solo tempo e manualità, ma anche energie mentali e sentimenti che sono impagabili e costituiscono il vero tesoro di un’azienda. Invito quindi ad usare il termine di “persone” per indicare i propri collaboratori. Persone che proprio la funzione del SSN mette al centro dell’attenzione e che corrispondono non solo ai pazienti ma anche agli operatori, verso i quali occorre prestare la stessa attenzione e riguardi. Borgonovi ha proseguito nella sua sapiente introduzione al convegno ricordando che il problema del futuro è garantire l’occupazione ed il lavoro alle persone e non la crescita dell’economia. Quest’ultima non potrà che essere conseguente e indispensabilmente legata alla prima. Lavoro quindi come fonte di realizzazione e di autostima delle persone. Lavoro che in sanità assume immancabilmente ed indiscutibilmente un valore aggiunto intrinseco alle professioni di cura, alle quali va riconosciuto un merito particolare, anche economico. Professionisti sanitari che sono insostituibili in quanto unici e difficilmente riproducibili ed in quanto tali, da proteggere da qualsiasi rischio nello svolgimento del loro lavoro. Sembravano parole uscite dal cuore di Papa Francesco più che dalla mente di un docente ordinario di management delle politiche delle aziende pubbliche.
Terminata la presentazione dei risultati della ricerca condotta da Carlo De Pietro, Guglielmo Pacileo, Agnese Pirazzoli e Marco Sartirana, hanno dato il loro contributo i rappresentanti delle istituzioni.
Il dott. Giovanni Bochicchio, DG dell’ASL di Potenza, ha sollevato l’interrogativo su quante assenze dal lavoro siano imputabili a questo fenomeno e quindi l’attenzione verso i costi ed i disservizi conseguenti, evidenziando che in seguito all’applicazione integrale del D. Lgs. 66/2003 emergeranno sicuramente nuove inidoneità. A tal proposito ha sottolineato come Regione Basilicata abbia dato facoltà alle aziende di assumere personale precario in compensazione delle assenze del personale stabile.
Il dott. Daniele Tovoli, DG dell’Ausl di Bologna, ha espresso preoccupazione per il fenomeno in crescita, ricordando come Regione Emilia Romagna si sia impegnata in particolare a far dialogare e coordinare tra loro le competenze e i ruoli dei medici competenti ed i servizi di prevenzione e protezione aziendali. I dipendenti e le loro problematiche, vanno affrontate con una visione aziendale positiva che consenta ai lavoratori di esprimere ancora il meglio di se pur in presenza di limitazioni funzionali fino ad accompagnandoli all’età pensionabile.
In rappresentanza della Regione Veneto è intervenuto il dott. Claudio Costa, responsabile della Sezione Controlli governo e personale, affermando che la Regione è stata particolarmente sensibile alla problematica, tanto da produrre i seguenti risultati: classificazione delle limitazioni lavorative attraverso la definizione di una tassonomia comune che ha ridotto a 30 su 350 le limitazioni prescritte dai vari MC in precedenza; un’attenta sorveglianza sanitaria sul personale; un applicativo che monitorizza i casi attraverso una piattaforma informatizzata centralizzata e in cui è stata predisposta e ridefinita la cartella sanitaria di ogni singolo dipendente. Si tratta quindi di un ottimo risultato che sarà di stimolo alle atre Regioni.
Interessante il contributo apportato da Pietro Apostoli, medico del lavoro ai Civili di Brescia e da sempre grande appassionato dei temi sulla sicurezza del lavoro. Secondo Apostoli, il grande malato è l’organizzazione del lavoro attuale e quindi anche delle aziende sanitarie e ospedaliere, che dovrebbero avere a cuore per missione la salute del proprio personale quanto quella dei pazienti curati, al punto da rendere il lavoro e le sue modalità, compatibili con le possibilità “umane”. Una bella strigliatina quindi all’eccesso di sfruttamento che si verifica nei luoghi di lavoro dove si produce salute.
Per l’INAIL è intervenuto il dott. Sergio Iavicoli, direttore del Dipartimento di Medicina del Lavoro, confermando il dato registrato in forte aumento negli ultimi anni relativo alle patologie del rachide e indicando come l’INAIL metta a disposizione i propri dati attraverso il proprio sito ed in formato accessibile (open data) a chiunque voglia studiarli.
Walter Locatelli è intervenuto in rappresentanza della FIASO (Federazione Italiana Aziende Sanitarie e Ospedaliere) soffermandosi sull’importanza di giungere ad una definizione comune delle limitazioni prescritte dai MC e quindi alla definizione di un glossario nazionale sulla materia. Naturalmente ha evidenziato come il fenomeno sia preoccupante per le aziende e quindi la necessità di una prevenzione più efficace.
Per l’IPASVI Franco Vallicella, tesoriere della FN collegi Ipasvi e dirigente Sitra dell’Az. Osp. Carlo Poma di Mantova, ha affermato la necessità che nei Sitra vi lavorino persone altamente qualificate e competenti che sappiano confrontarsi ed indicare al Medico Competente le situazioni lavorative ed i rischi che si corrono nei vari reparti ospedalieri. Ha evidenziato come la problematica delle limitazioni, alla fine, ricada in toto sui Sitra che si ritrovano a dover trovare soluzioni alla copertura delle limitazioni assegnate con grossi problemi, dato la carenza di personale e il blocco delle assunzioni. Ha ribadito la necessità di mettere insieme tutti gli attori che si occupano della problematica e ha auspicato che nel prossimo futuro, grazie allo sviluppo delle tecnologie, si possa sgravare e tutelare meglio il personale di assistenza nel proprio lavoro.
Per la Cisl FP è intervenuta Daniela Volpato invitando le aziende a non lasciare soli gli attori che si occupano della prevenzione e del risk management e a diffondere sul territorio nazionale le attuali esperienze positive già esistenti.
Per Nursind sono intervenuto io avendo seguito i lavori del gruppo di supervisione della ricerca fin dal 2013.
Ho segnalato quanto siano preoccupanti gli aspetti e le dimensioni e del fenomeno che con molta probabilità sono sottostimate dal campione della ricerca (il 43% dei dipendenti del campione proviene dalla regione Veneto, inoltre nel campione vi era una prevalenza del personale delle ASL rispetto alle aziende ospedaliere in cui si riscontrano maggiori percentuali di limitazioni lavorative). La percentuale del campione non ha tenuto conto inoltre delle lavoratrici madri di figli minori di 8 anni che hanno l’opzione di esonero dai turni notturni. Per tanto, la percentuale delle limitazioni da noi percepita si potrebbe aggirare tra il 25 ed il 33 %. Numeri quindi ben più allarmanti del fenomeno che è legato sicuramente all’invecchiamento del personale ma anche all’usura che tale personale ha sopportato nel corso della propria vita lavorativa. A tal proposito vi invito a leggere questo mio approfondimento.
La ricerca ha messo a fuoco la sottovalutazione del fenomeno e la mancata attenzione sia delle aziende che del legislatore, in particolare riguardo alla movimentazione manuale dei pazienti, ignorata dal D. Lgs. 81/2008 nonostante oggi consti di ben 899 pagine e che continua a non voler distinguere i carichi statici da quelli “umani”. Sarebbe quindi auspicabile un aggiornamento del testo unico attuale che tenga conto della movimentazione dei pazienti e non semplicemente dei carichi.
Il mancato tourn over e il blocco delle assunzioni, vede un esercito di professionisti impegnati al fronte che non ha più le caratteristiche che dovrebbe avere per essere efficace. Siamo tutti i giorni al fronte, solo che nel frattempo siamo invecchiati e logorati. Quale esercito utilizzerebbe questi “soldati” in trincea? Il SSN purtroppo lo sta facendo!
I carichi di lavoro sono divenuti ovunque insopportabili ed i posti “quieti” che una volta c’erano ormai sono scomparsi. Le politiche restrittive, di risultati ed efficienza a tutti i costi, dimostrano che non è il paziente al centro delle attenzioni, bensì il bilancio. Di conseguenza i ritmi sono ormai divenuti insostenibili a fronte di un’utenza di anziani con pluripatologie e il carico di lavoro è abnorme. Strutture fatiscenti e presidi antinfortunistici inadeguati o inutilizzabili hanno determinato nel tempo queste patologie, soprattutto a carico del rachide, come dimostrato dalle recenti statistiche INAIL.
Il Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) che dovrebbe servire allo scopo preventivo e protettivo del personale, viene attualmente compilato da persone che ignorano le modalità lavorative dei reparti e soprattutto la movimentazione manuale dei pazienti. Sarebbero quindi tutti da riscrivere con questa attenzione. Ciò servirebbe anche ai MC per capire e sapere in quale struttura potrebbe operare un lavoratore con un certa limitazione.
Nonostante tutte le attenzioni e protezioni, resta pur sempre reale l’eventualità di incorrere durante l’assistenza in movimenti e posizioni dettate dalle condizioni e dall’emergenza (shock, lipotimie, cadute accidentali, aggressioni, obesità, para e tetraplegia, movimenti e scatti improvvisi del paziente, ecc.).
A tutto ciò va considerato ed aggiunto un elemento fisico non trascurabile quale il peso del paziente. Parametro spesso presente nella documentazione clinica e tenuto presente solo per gli aspetti clinici e mai per il rischio lavorativo degli operatori. La normativa della 626 del ’94 imponeva in 30 kg i limiti massimi di pesi sollevabili dai lavoratori. Oggi nel nuovo allegato si fa riferimento alle norme tecniche ISO della famiglia 11228 e alla Uni EN 1005-2 da cui si desume che gli attuali limiti massimi consentiti sono:
Maschi dai 18 ai 45 anni: 25 kg.
Femmine dai 18 ai 45 anni: 20 kg.
Maschi fino ai 18 e dopo i 45 anni: 20 kg.
Femmine fino ai 18 e dopo i 45 anni: 15 kg.
Il peso medio della popolazione italiana è di 74 kg. per gli uomini e 59 kg. per le donne. In entrambi i casi quindi, a norma di legge servirebbero per sollevare un paziente maschio almeno 3 uomini di età tra i 18 e i 45 anni, oppure 4 donne sempre tra i 18 e i 45 anni, oppure 4 uomini di età superiore ai 45, oppure 5 donne di età superiore ai 45 anni. Queste sarebbero le norme di legge da rispettare e far rispettare.
E’ evidente che tale normativa, pur essendo relativamente recente, in ambito sanitario non è mai stata rispettata sia prima che ora. La prova consiste nelle dotazioni standard di personale addetto ai reparti di degenza dove la media di presenze di operatori è tra le due ed una unità nei turni notturni e pomeridiani. Ciò significa che per 18 ore su 24 per 365 gg. l’anno, gli infermieri e gli operatori di supporto lavorano in condizioni in cui non vengono rispettate le normative sulla sicurezza nella movimentazione dei carichi, esponendoli così a seri e ripetuti episodi di rischio di patologie del rachide.
Da tutto ciò premesso e soprattutto dall’ultima considerazione riguardante la movimentazione dei pazienti dovrebbe scaturire il rispetto dell’obbligo di legge che imponga un numero di presenze congrue di operatori sui turni di lavoro, vietando assolutamente la presenza di un solo operatore. Di conseguenza, è sempre più urgente ed improcrastinabile l’assunzione di nuovo personale per avvicinarci alla media OCSE.
Stante la condizione attuale del personale sanitario, l’unica vera proposta da accogliere è il diritto alla pensione a 35 anni di servizio, come d’altronde riconosciuto alle forze dell’ordine (non vi nascondo che tale proposta è stata applaudita dalla platea…).
Una seconda proposta è quella del riconoscimento della malattia professionale al personale sanitario, cosa che consentirebbe il godimento dei diritti conseguenti definiti dalla normativa.
Riguardo agli RLS sottolineo il loro numero insufficiente ad occuparsi seriamente di tutti i rischi lavorativi e a presidiarli. Pertanto anche questa soluzione dovrebbe essere accolta nella revisione del D. Lgs. 81/2008. Ciò consentirebbe anche di avere RLS il più vicino e a contatto possibile con gli ambienti lavorativi sotto controllo preventivo.
Una proposta che ho lanciato alle aziende presenti è quella di attuari criteri di mobilità aziendale trasparente, con graduatorie accessibili e monitorabili dai siti aziendali dal personale che ne ha fatto richiesta. Soluzione definitiva questa che scoraggerebbe sia le raccomandazioni che le interferenze sindacali.
Riguardo alle possibili soluzioni contrattuali al problema delle limitazioni, nell’imminenza della nuova tornata contrattuale, ho avanzato le seguenti proposte:
1. Possibilità di esonero dai turni notturni al 50° anno di età;
2. Riconoscere una giusta ed adeguata indennità notturna, tanto più che ora l’intensità lavorativa non fa più differenza tra notte e giorno. Su questa proposta la rappresentante della Cisl ha espresso una smorfia, ma speriamo sia stata involontaria…
3. Istituire il libretto personale di usura, dove vengano registrati in punteggi, tutti gli elementi di rischio che concorrono all’usura lavorativa (per es. ad ogni notte svolta corrisponde un punteggio, ecc. ecc.).
4. Istituire la figura del Tutor e distaccarla dal servizio attivo nel reparto. Un professionista che viene dedicato esclusivamente all’insegnamento. Ciò consentirebbe di assegnare questo ruolo a infermieri con limitazioni ma ancora in grado di insegnare il loro lavoro e quindi di riqualificarli anziché confinarli.
5. L’istituzione generalizzata dell’infermiere di famiglia. Questa opportunità consentirebbe oltre che a garantire un servizio ormai indispensabile alle famiglie ed ai loro pazienti, di utilizzare al meglio infermieri che non reggono più i turni per varie motivazioni tra cui anche la conciliazione dei tempi lavoro/famiglia, oppure che per le limitazioni non riescono più a sopportare il carico assistenziale ospedaliero.
Insomma, di carne al fuoco ce n’è tanta e come ha sostenuto il prof. Borgonovi nella sua introduzione, un problema è tale solo se non si hanno soluzioni per risolverlo oppure se non si vogliono trovare soluzioni.