Corte Costituzionale: le norme sui riposi non ammettono deroghe!
di Andrea Bottega
Le norme europee sull’orario di lavoro vanno rispettate senza eccezioni. È questo quanto si può ricavare, tra l’altro, nella recente sentenza della Corte Costituzionale.
Il giudice delle leggi è stato, infatti, chiamato a valutare la compatibilità costituzionale della legge della Regione Basilicata 26/11/2015, n. 53,[1] art. 2, comma 1 lettera a) e c) – impugnata dal governo – perché ritenuta in violazione dell’art. 117 primo e secondo comma, lettera l) della Costituzione, in quanto non rispettosa dei vincolanti derivanti dall’ordinamento comunitario e invasiva della competenza statale.
Riportiamo in toto l’art. 2 della citata legge regionale:
Art. 2
Disciplina transitoria
1. Nelle more della definizione della nuova disciplina contrattuale nazionale in relazione alle disposizioni contenute nel D. Lgs. n. 66/2003, fermi restando i principi della protezione e della sicurezza dei lavoratori e dei pazienti e comunque non oltre il 31 dicembre 2016: (2)
a) per il calcolo della durata massima settimanale di 48 ore dell'orario di lavoro di cui all'art. 4 del D. Lgs. 8 aprile 2003, n. 66 il periodo di riferimento è di mesi dodici in linea con quanto previsto dal comma 4 del predetto articolo;
b) 1'attività libero professionale prestata per l'Azienda Sanitaria di appartenenza o per altre aziende del SSR non concorre al computo dei limiti orari di cui agli articoli 4 e 7 del D. Lgs. n. 66/2003 anche in deroga al tetto regionale definito per tali attività;
c) i riposi giornalieri inferiori ad undici ore sono possibili in presenza di eventi eccezionali e non prevedibili o assenze improvvise che non consentano di garantire la continuità dell'assistenza come accertati dai responsabili dei servizi sanitari interessati;
d) i periodi di reperibilità cosiddetta passiva non sono considerati orario di lavoro e concorrono al raggiungimento delle soglie di riposo giornaliero e settimanale.
I commi interessati dal giudizio della Consulta sono quelli evidenziati in grassetto. In particolare ci soffermiamo sul punto c) ove si prevede la derogabilità ex lege al riposo giornaliero in caso di “eventi eccezionali” o “assenze improvvise” che non consentano di garantire la continuità dell’assistenza.
Tale giustificazione, come noto e come più volte evidenziato da Nursind, è spesso addotta dai responsabili dell’organizzazione del lavoro a vari livelli aziendali per convincere gli infermieri ad accettare orari e turni non rispettosi dei diritti dei lavoratori. Per tutti ricordiamo il caso del collega sanzionato ad Ancona.
Tuttavia tale norma è in palese contrasto con il disposto dell’art. 7 del d.lgs. 66/2003 che prevede: “ferma restando la durata normale dell’orario di lavoro settimanale, il lavoratore ha diritto a undici ore di riposo consecutivo ogni ventiquattro ore. Il riposo giornaliero deve essere fruito in modo consecutivo fatte salve le attività caratterizzate da periodi di lavoro frazionati durante la giornata o da regimi di reperibilità.” Ora, la normativa di attuazione delle direttive europee sull’orario di lavoro non prevede deroghe per “eventi eccezionali” o “assenze improvvise”, prevede che la materia possa essere derogata solamente dai contratti collettivi nazionali di lavoro (art. 17 del d.lgs. 66/2003) e, come altresì noto, la contrattazione nazionale non è intervenuta in tale materia visto che il datore di lavoro pubblico non rinnova la parte normativa dal 2007, ben 10 anni fa!
Nel dichiarare l’incostituzionalità dei due punti dell’art. 2 della norma regionale, la Corte ha ricordato che la materia inerente il tempo della prestazione lavorativa è di competenza esclusiva dello Stato. Ma ben più significativo è il richiamo che i giudici fanno al legislatore regionale – responsabile dell’organizzazione dei servizi sanitari nella propria regionale – come compendio: “pertanto, la regione, al fine di assolvere alle proprie inderogabili funzioni, dovrà adottare interventi di carattere organizzativo e di razionalizzazione, tra i quali modalità più efficienti di utilizzo delle risorse umane disponibili.”
Ciò che preme sottolineare, al di là del suggerimento di razionalizzare le risorse, è che non esiste una deroga dettata da un evento eccezionale e pertanto l’organizzazione del lavoro deve tener conto degli eventi eccezionali e delle assenze improvvise. Ci permettiamo di aggiungere che non solo la razionalizzazione dei servizi può essere adottata ma anche una particolare remunerazione per i richiami in servizio del personale non tenuto alla pronta disponibilità ed avente garantito il rispetto del diritto al riposo anche in caso di chiamata. Gli strumenti contrattuali già ci sono anche se spesso a mancare sono le risorse economiche nei fondi aziendali e, ovviamente, le risorse umane. Dopo due leggi finanziarie (legge di stabilità 2016 e legge di bilancio 2017) stiamo ancora aspettando le tremila assunzioni promesse per far fronte proprio all’entrata in vigore dell’abrogazione del regime derogatorio ed è chiaro che senza nuove assunzioni mantenere i servizi che tutelano la salute dei cittadini non è sempre possibile.
[1] Recante a oggetto: Disposizioni urgenti per l’applicazione dell’art. 14 della legge 30 ottobre 2014, n. 161. La legge 161/2014 prevede delle disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea. In particolare all’articolo 14 si prevede l’abrogazione, a far data dal 25 novembre 2015, del regime derogatorio per il personale sanitario del SSN degli artt. 4 comma 2, 7 e 17 comma 6-bis del d.lgs. 66/2003.