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Positivi dopo aver rifiutato il vaccino. L’Inail non risarcirà l’infortunio

Maria Luisa Astadi
Maria Luisa Asta
Pubblicato il: 22/02/2021 vai ai commenti

CoronavirusLeggi e sentenzeProfessione e lavoro

La vicenda risale a qualche giorno fa e riguarda l’Ospedale San Martino di Genova, dove 15 infermieri che avevano rifiutato la vaccinazione Covid, sono risultati positivi al virus. Il Direttore generale, Salvatore Giuffrida, poneva un quesito all’Inail: la positività contratta dagli infermieri che hanno rifiutato il vaccino, è da considerarsi malattia o infortunio?

La presunzione di infortunio per gli operatori sanitari

I contagi da nuovo Coronavirus di medici, infermieri e altri operatori dipendenti del Servizio sanitario nazionale e di qualsiasi altra struttura sanitaria pubblica o privata assicurata con l’Inail, avvenuti nell’ambiente di lavoro o a causa dello svolgimento dell’attività lavorativa, sono tutelati a tutti gli effetti come infortuni sul lavoro.

L’Inail ha precisato che la tutela assicurativa si estende anche ai casi in cui l’identificazione delle precise cause e modalità lavorative del contagio si presenti problematica. Se l’episodio che lo ha determinato non può essere provato dal lavoratore, infatti, si presume che il contagio sia una conseguenza delle mansioni svolte.

Sono tutelati dall’Inail anche gli eventi infettanti accaduti durante il percorso casa lavoro e viceversa, configurabili quindi come infortuni in itinere.

Ad oggi i riferimenti legislativi sono:

  • Articolo 42 comma 2 del Decreto 17 marzo 2020 n.18, è stabilito che il Contagio da Covid-19 è Infortunio: Nei casi di infezione accertata da coronavirus, contratta in ambienti di lavoro o in itinere, la prestazione a tutela dell’infortunato è competenza dell’INAIL (gestione assicurativa) e comprende anche i periodi di quarantena o permanenza domiciliare fiduciaria
  • Circolare Inail n.13 del 3 aprile 2020, dove si precisa il contagio durante la prestazione professionale è presunto per talune categorie di lavoratori (e in primis quella sanitaria appunto) ed il lavoratore non è tenuto a darne prova. Laddove l’identificazione eziologica fosse problematica, l’eventuale accertamento medico-legale del nesso causale dovrà seguire l’ordinaria procedura dando priorità ai criteri epidemiologico, clinico, anamnestico e circostanziale. Infine la certificazione dell’avvenuto contagio può essere resa attraverso qualsivoglia documentazione clinico-strumentale in grado di attestare, in base alle conoscenze scientifiche, il contagio stesso.

Il parere

Ad oggi il datore di lavoro non può obbligare il lavoratore a vaccinarsi per il Covid, perché ad oggi non vi è nessuna normativa che ne preveda l’obbligo; lo ha ribadito la Risoluzione Europea n.2361 del 2021, che vieta agli Stati di rendere obbligatoria la vaccinazione Covid e vieta di usarla per discriminare lavoratori o chiunque non decida di non avvalersi della vaccinazione.

Ma scegliere di non vaccinarsi può compromettere il riconoscimento dell’infortunio?

Dopo il quesito posto dal Direttore Generale dell’ospedale San Martino di Genova, l’istruttoria dell’Inail sul parere è ancora all’inizio. Ma su un punto sembra già consolidato: ovvero non considerare infortunio il contagio avvenuto dopo il rifiuto della vaccinazione Covid, da parte degli operatori sanitari.

 

Da il Corriere della Sera