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Muore anziana in RSA, condannata infermiera nonostante inefficienza struttura

Maria Luisa Astadi
Maria Luisa Asta
Pubblicato il: 12/05/2021 vai ai commenti

La SentenzaLeggi e sentenzeProfessione e lavoro

Le gravi carenze strutturali in cui versava la RSA non esimevano l’infermiera da responsabilità per non aver prestato la dovuta attenzione alle condizioni di un’anziana donna il cui progressivo degrado, fino alla morte, era tale da poter essere colto anche dai profani.

E’ il principio emesso dalla IV sezione penale della Corte di Cassazione, che con la sentenza n.16132 del 28 aprile 2021, condanna un’infermiera per la morte di una anziana paziente, ospite di una RSA.

I fatti

Un’infermiera veniva accusata di negligenza, imprudenza ed imperizia, per non aver accudito con attenzione e cura un’anziana donna di anni 89, ospite di una struttura e per non aver ravvisato il deteriorarsi delle condizioni generali di salute della donna ed omettendo le dovute informazioni al medico o ai responsabili della struttura residenziale ovvero al medico di fiducia.

Con la sua condotta  cagionava alla paziente, lesioni personali gravi, costituite da stato di incoscienza, dispersione di urina, edemi declivi, ulcere da decubito con aree necrotiche, grave compromissione della pressione arteriosa, grave ipernatremia con disidratazione, infezione delle vie urinarie con ematuria e piuria, condizioni che esponevano a pericolo la vita della persona offesa. Nella querela, sporta dal figlio della persona offesa, si rappresentava che questa, in buone condizioni di salute prima del ricovero presso la predetta Residenza per Anziani, aveva subito un progressivo, palese, peggioramento, apparendo sempre più assente, con evidente gonfiore alle gambe, nonché in pessime condizioni igienico-sanitarie, al punto che, il figlio recatosi presso l’anzidetta struttura, la trovava distesa sul letto e in coma; il personale gli riferiva che la madre sarebbe morta di lì a poco. Gli accertamenti medici effettuati al Pronto Soccorso, ove la donna veniva trasportata per volere del figlio, rilevavano lo stato sopra richiamato.

Dal canto suo, l’infermiera, si difendeva, lamentando l'inadeguatezza organica della struttura per la ridotta presenza di personale rispetto al numero eccessivo e fuori regola dei ricoverati, costretta ad operare in assenza di strumenti e direttive, considerato altresì che l'imputata doveva gestire, insieme a sole altre due infermiere, ben 41 pazienti.

Per la Cassazione, è irrilevante l’inefficienza dell’organizzazione della struttura. Gli Ermellini precisano che “ come tutti gli operatori di una struttura sanitaria, quale è una R.S.A., l'infermiere è ex lege portatore di una posizione di garanzia, espressione dell'obbligo di solidarietà, costituzionalmente imposto dagli artt. 2 e 32 Cost., nei confronti dei pazienti/degenti, la cui salute egli deve tutelare contro qualsivoglia pericolo che ne minacci l'integrità; l'obbligo di protezione perdura per l'intero tempo del turno di lavoro".

In merito all'incidenza di altre cause (quali l'inefficiente organizzazione sanitaria) nella determinazione dell'evento infausto, la Cassazione ricorda che nel caso di condotte colpose indipendenti, non può invocare il principio di affidamento l'agente che non abbia osservato una regola precauzionale su cui si innesti l'altrui condotta colposa, poiché la sua responsabilità persiste in base al principio di equivalenza delle cause, salva l'affermazione dell'efficacia esclusiva della causa sopravvenuta, che presenti il carattere di eccezionalità e imprevedibilità.