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Trasferimento per incompatibilità ambientale. E’ mobbing?

Maria Luisa Astadi
Maria Luisa Asta
Pubblicato il: 25/06/2021 vai ai commenti

La SentenzaLeggi e sentenzeProfessione e lavoro

Il trasferimento di un lavoratore non è mobbing qualora la motivazione sia l’incompatibilità ambientale.

A stabilirlo è la Corte di Cassazione 12632/2021.

La vicenda

Il ricorso era quello di un comandante dei vigili di un Comune che

chiedeva il risarcimento dei danni subiti a seguito delle condotte persecutorie poste in essere dall'amministrazione che, da ultimo, aveva trasferito il dirigente presso un diverso ufficio. 

 

La Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione aveva ritenuto infondate le richieste del ricorrente,  in particolare, con riferimento al trasferimento rilevando che questo fosse intervenuto “in un contesto di difficoltà nei rapporti interpersonali che acuivano tensioni e problematiche tanto da costituire certamente una condizione di incompatibilità ambientale”. 

Per i giudici non sussiste mobbing, in quanto il dipendente veniva spostato per ripristinare serenità sul luogo di lavoro. 

 

L’incompatibilità ambientale, cos’è

Il trasferimento per incompatibilità ambientale trova la sua ragione nello stato di disorganizzazione e disfunzione dell’unità produttiva, prescindendo dalla colpa dei lavoratori trasferiti (Cass. 24 ottobre 2019 n. 27345).
Il giurisprudenza la locuzione “incompatibilità ambientale” descrive una situazione di difficoltà di rapporti per un lavoratore con altri lavoratori (colleghi o superiori gerarchici) tale da ingenerare disorganizzazione e disfunzione all’interno di una azienda .

Trasferimento per incompatibilità ambientale da parte del datore di lavoro
Con la sentenza del 26 ottobre 2018 (n. 27226) la Corte di Cassazione conferma che il trasferimento per incompatibilità aziendale è legittimo, perché motivato dalla necessità di porre rimedio ad uno stato di disorganizzazione e disfunzione dell'unità produttiva cui il lavoratore è addetto.
In tal caso, infatti, tale necessità deve essere ricondotta alle “esigenze tecniche, organizzative e produttive" prescritte dall'art. 2103 cod. civ. Diversamente non è legittimo se motivato da ragioni punitive e disciplinari.
Il datore deve dimostrare, in caso di contestazione / impugnazione del trasferimento, che l'incompatibilità ambientale, determinando conseguenze quali tensione nei rapporti personali o contrasti nell'ambiente di lavoro che costituiscono esse stesse causa di disorganizzazione e disfunzione nell'unità produttiva, è la ragione che giustifica la modifica del luogo di lavoro. 
Il provvedimento è legittimo se risponde ai seguenti requisiti:
-Deve sussistere al momento in cui il trasferimento viene deciso (e non dopo);
-Deve dipendere da fatti oggettivi, che ricadono sull’azienda, e non da valutazioni sulla condotta del dipendente, che, tutt’al più, possono giustificare l’applicazione di sanzioni disciplinari.

È, tuttavia, ammessa la legittimità del trasferimento se la condotta del lavoratore (rilevante sotto il profilo disciplinare) determina disfunzioni sotto il profilo tecnico, organizzativo e produttivo.

Il trasferimento per incompatibilità ambientale non ha natura disciplinare: non è una punizione, ma solo uno strumento di autotutela che ha il datore di lavoro per salvaguardare la produzione. Con la conseguenza che l’adozione dell’ordine di servizio non richiede l’applicazione delle garanzie previste dallo Statuto dei lavoratori. Ovvero l’allontanamento ad un’altra sede di lavoro può essere disposto di punto in bianco, senza audizione del dipendente, senza ascoltarne le ragioni e, soprattutto, senza essere preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento disciplinare.


E se a chiedere il trasferimento per incompatibilità ambientale è il dipendente?
Se sussiste un’incompatibilità fra il dipendente ed i suoi colleghi ed è il lavoratore a volersi trasferire, il datore valuta l’opportunità, o meno, dello spostamento.