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Annullata la sentenza “Roe vs Wade” che quasi 50 anni fa stabilì il diritto all’aborto

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La Redazione
Pubblicato il: 29/06/2022 vai ai commenti

Punto di Vista

 

di Gemma Maria Riboldi

Con l’annullamento della sentenza ”Roe vs Wade” gli stati americani potranno immediatamente vietare il ricorso all’interruzione di gravidanza e troverà molti stati conservatori a raccogliere questo invito.

Sono ventisei gli stati che aspettavano il via libera, di questi tredici entro 30 giorni potranno già dichiarare illegale l’aborto. In maggioranza sono stati del Sud e Midwest.

Ogni stato in autonomia deciderà se l’aborto verrà vietato ed a quale stadio della gravidanza. Un gruppo di Stati vuole vietare l’aborto fin dai primi stadi, altri hanno messo in campo divieti su più livelli come in Texas, con la costituzione di una sorta di “stato di polizia” per denunciare chiunque aiuti una donna a procedere all’interruzione di gravidanza.

Per abortire, milioni di donne dovranno affrontare viaggi di migliaia di chilometri o fare a casa, da sole, di nascosto, come negli anni 50. Secondo il centro per i diritti riproduttivi, più del 58% delle donne in età fertile vive in stati che sono contrari all’aborto.

La decisione della corte dei conti non dice tuttavia che c’è una legge nazionale che ne stabilisce il divieto. Questo spetterà al Congresso. Per essere approvata una legge ha bisogno della maggioranza dei rappresentanti della Camera e di almeno 60 voti al Senato, e poi della firma del presidente degli Stati Uniti, in questo caso Joe Biden, cattolico ma contrario a limitare i diritti sulle donne.

Con questa decisione gli Stati Uniti diventano una delle quattro nazioni al mondo ad annullare il diritto all’aborto dal 1994 e il più sviluppato.

La “roe vs Wade” sta smuovendo ed attirando l’attenzione mondiale. Oltre che limitare e annullare diritti frutto di lotte è anche controcorrente rispetto alle politiche sanitarie che spingono nel garantire una maggiore possibilità di accesso alle donne alla contraccezione e all’aborto sicuro e legale. Studi di questo tipo di politiche hanno infatti sottolineato non solo un benessere per la donna che vive uno stato gravidanza indesiderata ma anche una diminuzione del tasso di mortalità (in adolescenza la gravidanza e il parto è stata la prima causa di morte tra i 15 e i 19 anni nel mondo). Inoltre vi è un abbattimento di costi in termini di assistenza sanitaria da parte della società. Diversi studi infatti sottolineano come gravidanze indesiderate, soprattutto in contesti sociali difficili, portino ad un inadeguato controllo del decorso della gravidanza. Questa scarsità di controlli può rendere difficile la diagnosi precoce di patologie materne e fetali e la loro assistenza mettendo così a rischio mamma e bambino portando ad assistenza a lungo termine in caso di patologie non prontamente diagnosticate. Inoltre non avere un accesso ad un aborto può portare a seguire vie illegali e poco sicure per la gestante stessa. Il Guttmecher istitute (tra le massime autorità sul tema) spiega che su 25 milioni di operazioni illegali si registra la morte di 39.000 donne ogni anno e all’ospedalizzazione di 7 milioni in seguito a complicanze.