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Carriera infermieristica nel paese dei dinosauri: quali prospettive?

Apro con un emblematico scambio di battute tra un professore e uno studente, della Facoltà di Medicina, tratto dal film “La meglio gioventù” (2002), di Marco Tullio Giordana.

Gli attori sono Mario Schiano (1933-2008) (il professore) e Luigi Lo Cascio (1967) (lo studente).

Professore: “... Voglio darle un consiglio. Lei ha una qualche ambizione?”

Studente: - “Ehm...”

Professore: - “E allora vada via, se ne vada dall'Italia. Lasci l'Italia finché è in tempo... Cosa vuol fare, il chirurgo?”

Studente: - “Non lo so, non ho ancora deciso...”

Professore: - “Qualsiasi cosa decida vada a studiare a Londra, a Parigi, vada in America se ha la possibilità, ma lasci questo Paese. L'Italia è un Paese da distruggere, un posto bello e inutile, destinato a morire”.

Studente: - “Cioè, secondo lei tra poco ci sarà un'apocalisse?”

Professore: - “E magari ci fosse! Almeno saremmo tutti costretti a ricostruire! Invece qui rimane tutto immobile, uguale, in mano ai dinosauri... Dia retta, vada via!”

Studente: - “E lei allora, professore, perché rimane?”

Professore: - “Come perché?! Mio caro, io sono uno dei dinosauri da distruggere”.

Ecco, vorrei proprio partire da questo scambio di battute (che ha condizionato il titolo dell’articolo) che racconta una sessione d’esame dell’estate del 1966: quanto abbiamo, tutti noi, questa percezione del nostro Paese? Le parole del professore, sono vere o si tratta di un’esagerazione cinematografica?

Risponderei con un’altra citazione, questa volta “vera” e non romanzata, di un grande vecchio, ovvero di Piero Angela: “Il problema dell’Italia è un problema morale, che non si può risolvere in cinque minuti. Ogni giorno leggiamo di casi di corruzione. Non sono solo politici, palazzinari, delinquenti: sono anche avvocati, giudici, uomini della guardia di finanza, dipendenti pubblici che truffano lo stato per cui lavorano. Non ci sono punizioni per chi sbaglia e non ci sono premi per chi merita. Un Paese così non può funzionare”.

Come dargli torto? Lo vediamo tutti i giorni, attraverso le nostre esperienze dirette e quelle mediate dai mezzi di stampa e dai telegiornali: il nostro è un Paese che si rinnova con grande fatica e se ci prova, lo fa con enorme dolore. L’Italia ricorda la città di Zora, descritta ne “Le città invisibili” (1972) da Italo Calvino (1923-1985). Zora è la città immobile, tutto di lei deve restare impresso nella memoria. Ma la vita è movimento per questo Marco, messosi in viaggio per raggiungerla, non l’ha mai trovata: obbligata a restare simile a sé stessa perché niente si perdesse di lei, Zora si era spenta, scomparsa dalla Terra, dimenticata.

Quali speranze, quali prospettive può avere in un Paese come il nostro un infermiere?

Poche o nessuna!

Da sempre, qui da noi, chi nasceva (lavorativamente parlando) infermiere, dopo quarant’anni di lavoro, moriva (sempre lavorativamente parlando) infermiere.

Pochi, pochissimi, spesso per compiacenza più che per meriti, riuscivano a realizzare una vera carriera dirigenziale. Decine, centinaia, poche migliaia… comunque pochissimi rispetto all’intera popolazione infermieristica.

Forse oggi, a più di vent’anni dalle più importanti riforme in ambito infermieristico, si inizia timidamente a parlare di differenziazioni nei percorsi lavorativi e di mini carriere, come nell’ultimo CCNL appena firmato.

Niente in confronto ad altri Paesi, come ad esempio l’Inghilterra, che ha invece consolidato da decenni un sofisticato, rigidamente gerarchizzato e complesso sistema di progressione di carriera, in cui avanzamento contrattuale, competenze organizzative e cliniche si fondono in un mix che può davvero stordire un infermiere italiano, specie al primo impatto con la mastodontica macchina del Sistema Sanitario Inglese.

A livello contrattuale vi sono 8 fasce retributive, che vanno dal band 5 al band 9 che, in termini economici vuol dire da 22.000 a 100.000 Sterline (ovvero da 26.000 a 118.000 Euro)!

Gli avanzamenti, di norma biennali, danno la possibilità a chi frequenta corsi di specializzazione (spesso pagati dagli stessi ospedali) di poter avanzare di fascia attraverso il superamento di un colloquio.

Si può passare, quindi, da staff nurse (livello base) a nurse specialist o, ancora, a nurse practitioner, fino a nurse consultant, per arrivare, poi, a ruoli apicali dirigenziali, dove si arriva a percepire, come scrivevo, fino a 100.000 sterline annue, che poi vuol dire poco meno di 10.000 Euro al mese!

In Italia, probabilmente, dovranno trascorrere altri cinquant’anni, prima di godere di simili vantaggi.

Ed è anche per questo, ovvero per la scarsa appetibilità della professione, che stiamo assistendo ad un altro triste fenomeno, nel nostro Paese: da qualche tempo stanno progressivamente diminuendo i laureati in Infermieristica mentre stanno aumentando quelli in Medicina.

Per la prima volta dal 2011, il numero dei laureati in Infermieristica è sceso sotto i 10.000.

Nel dettaglio, i laureati sono 11.436 sui 15.464 posti messi a bando, pari al 74%. Valore questo che è sceso dall’81% del 2013 al 69% del 2020 e al 67% del 2021.

Strano Paese, l’Italia; “un posto bello e inutile, destinato a morire”, come diceva il professore ne “La meglio gioventù”.