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Il mondo prima della neuropsichiatria… storie di bimbi da manicomio. Da leggere fino alla fine!

Gemma Maria Riboldidi
Gemma Maria Riboldi
Pubblicato il: 26/10/2022 vai ai commenti

Punto di Vista

 

Non tutti lo sanno, ma la neuropsichiatria infantile è una disciplina relativamente giovane. Le prime cattedre e le prima scuole di specializzazione vennero istituite solo dalla metà degli anni 60 e, in Italia, si sviluppò in modo originale e diverso da quasi tutti gli altri Paesi in quanto incluse sia la parte psichiatrica che la parte di neurologia dell’infanzia.

È bene ricordare, prima di addentrarsi nell’argomento, che l’idea di un bambino titolare di diritti è relativamente recente e, che molti anni fa, la visione del bambino era quella che di un piccolo uomo incompetente che doveva essere educato e guidato a lungo da genitori ed educatori.

Cosa succedeva quindi, quando la neuropsichiatria infantile non esisteva, ai bimbi portatori di disabilità o con problematicità sulla sfera psichica? Cosa succedeva a questi bimbi che spesso nei secoli scorsi, e non solo, erano vissuti dalle famiglie stesse come motivo di vergogna o con sentimenti di colpa?

Dove non arrivavano le associazioni benefiche o gli orfanotrofi arrivavano i “manicomi”.

La legge Giolitti del 1904 non poneva limiti di età al ricovero o nel definire una persona alienata ed è quindi qua, in assenza di altro (dove altro era in difficoltà nella gestione), approdavano i bimbi idioti, scemi, epilettici, affetti da idiozia mongoloide ecc. ecc.

È nei che manicomi che crebbero, chi sopravvisse, fino all’arrivo della legge Basaglia, bimbi diversi o semplicemente soli.

I manicomi si configuravano quindi come una rete istituzionale preposta a raccogliere i bisognosi di cura in assenza di ulteriori possibilità e, all’interno degli stessi, i minori venivano suddivisi in recuperabili e irrecuperabili a seconda dei loro deficit cognitivi o fisici. Questa differenziazione serviva a differenziarne i percorsi, dando solo ai recuperabili la possibilità di accesso a percorsi di rieducazione e reinserimento sociale.

Per tutti gli altri minori il destino era quello di seguire la stessa sorte degli adulti con l’unica attenzione di essere separati fisicamente, solo nei luoghi dove erano previste delle aree pediatriche, fino al compimento del quindicesimo anno. Come si può ben dedurre le modalità di approccio al “malato”, anche se infante, era il medesimo nell’ assistenza e nell’approccio terapeutico… elettroshock compreso.

Purtroppo non è molta la documentazione disponibile in età pediatrica ed è quindi solo possibile sapere in parte quale fosse la vita di questi bimbi all’interno dei manicomi. Anche in caso di decesso spesso nelle cartelle cliniche dei piccoli pazienti viene riportata come unica causa della morte la parola “marasma” ad indicare l’estremo deperimento fisico e mentale.

Interessante, per i curiosi, il documentario Marasma di Cinzia Lo Fazio diretto da Luigi Perrelli di cui possibile vedere un breve spezzone al seguente link: https://www.youtube.com/watch?v=WA95UuJkCH4&t=168s

La storia della psichiatria e nella neuropsichiatra capisco che possa a risultare noiosa, vorrei però stimolare i nostri lettori con quest’ultimo articolo ad una riflessione.

In un periodo storico per l’Italia che fa riflettere, se la nostra professione potesse essere di aiuto? Se l’educazione sanitaria fatta all’interno delle scuole e non solo, ormai andata in disuso, ma di cui prima ci occupavamo, potesse fare la differenza nell’aiuto all’inclusione? Se oltre che difenderci dal dimensionamento, lottassimo per riappropriarci di tutto ciò che è sempre stato nostro?

Lascio così in sospeso questo articolo in attesa di un vostro ritorno cari lettori di InfermieristicaMente…