Emodialisi. Le competenze dell’infermiere esperto/Parte 1
di Simone Angeletti* e Matteo Rignanese*
*CPS Infermiere presso Az. Osp. Univ. Osp. Riuniti di Ancona
INTRODUZIONE
La dialisi è un procedimento fisico con cui si separano una o più sostanze disciolte in un liquido utilizzando una membraba semipermeabile che permette selettivamente il passaggio di alcune molecole. E' una tecnica terapeutica che interessa i reni, necessaria quando questi ultimi sono danneggiati da una malattia o da lesioni di varia natura, che ne impediscono il corretto funzionamento. I reni svolgono un ruolo centrale per il nostro organismo, in quanto consentono di pulire il sangue eliminando le tossine, che espelliamo attraverso le urine.
Se, in caso di insufficienza renale, acuta o cronica, i reni non riescono più a depurare il sangue, è necessario ricorrere a una terapia che possa subentrare e svolgere quelle mansioni al loro posto.
I metodi includono l’emodialisi, la terapia sostituiva renale continua, dialisi peritoneale. La dialisi può essere effettuata come procedura d’urgenza, indicata in caso di potassiemia elevata e crescente, eccessiva ritenzione idrica, rischio elevato di edema polmonare, acidosi crescente, pericardite, rimuovere dal sangue farmaci o tossine; mentre la dialisi cronica o di mantenimento è indicata nell’insufficienza renale cronica nei seguenti casi: presenza di segni e sintomi uremici che coinvolgono tutti i sistemi dell’organismo, iperpotassiemia, accumulo di liquidi resistente alla terapia diuretica e alla restrizione idrica.
EMODIALISI
L’emodialisi è il processo con cui le sostanze di scarto presenti nel sangue vengono selettivamente filtrate ed eliminate attraverso una membrana semipermeabile.
Con l’emodialisi si utilizza un rene artificiale – chiamato dializzatore – che consente di rimuovere le tossine, le sostanze chimiche e i liquidi in eccesso dal sangue.Quindi, il sangue del paziente viene prelevato, inserito all’interno di questo rene artificiale, e rimesso nell’organismo una volta filtrato e pulito.
Perché avvenga questo, al paziente viene confezionato un accesso vascolare, dal CV in femorale, usato per lo più come catetere temporaneo in urgenza, un CVC in giugulare, raramente in succlavia, temporaneo o definitivo tunnellizzato o una fistola artero-venosa.
Nella terapia emodialitica si eseguono, normalmente, tre sedute alla settimana di 4 ore ciascuna, in ospedale oppure in centri territoriali specializzati e gestiti prevalentemente da infermieri. L’emodialisi può essere eseguita anche a domicilio se il paziente, o il suo caregiver, accetta ed è in grado di essere “addestrato" all’utilizzo del monitor e dell'accesso vascolare.
PRINCIPI DI BASE
L’emodialisi viene eseguita per depurare il sangue dalle sostante azotate tossiche e per rimuovere l’eccesso di acqua.
Durante la procedura il sangue, ricco di tossine e i prodotti di scarto del metabolismo delle sostanze azotate viene deviato dal circolo fisiologico in una macchina chiamata dializzatore che ripulisce il sangue per poi essere nuovamente immesso in circolo.
L’emodialisi si base su tre processi:
- Diffusione: processo che permette di eliminare le tossine e le scorie ematiche attraverso il passaggio dal sangue (un ambiente di maggiore concentrazione) al dialisato (un ambiente di minore concentrazione). Il dialisato è una soluzione contente tutti gli elettroliti importanti in concentrazione adeguate e corrispondente a quella extracellulare in ambiente fisiologico.
La funzione della membrana è quella di impedisre il passaggio di grosse molecole e di particelle come proteine e globuli rossi.
- Osmosi: passaggio di acqua da un ambiente di maggiore concentrazione di soluti (il sangue) a uno di minore concentrazione di soluti (il dialisto). L’eccesso di acqua è rimosso dal sangue per osmosi.
- Ultrafiltrazione: spostamento dell’acqua lungo un gradiente di pressione da una zona di maggiore pressione a una di minore. L’ultrafiltrazione rappresenta un processo che viene effettuato con l’applicazione di una pressione negativa su un membrana da dialisi.
ACCESSO VASCOLARE
Si può ricorrere a diversi tipi di accesso vascolare:
- Inserimento di un catetere
Viene stabilito con l’inserimento di un catetere a due a due o più lumi, (di solito la terza via è utilizzata per la somminstrazione della terapia endovenosa) in giugulare, raramente in succlavia e nella vena femorale per un’emodialisi acuta, ciò nonostante può essere usato per settimane.
La scelta di eseguire la dialisi con un CVC può essere dettata dall'urgenza, per cui finita la fase acuta, in relazione al patrimonio vascolare del paziente si può optare per il confezionamento di una fistola artero-venosa o di tunnellizzare il CVC e renderlo definitivo.
- Fistola
L’ accesso vascolare di prima scelta è la Fistola Artero-venosa (FAV), ovvero una anastomosi chirurgica (solitamente nell’avambraccio) tra una arteria ad alta resistenza e una vena a bassa resistenza allo scopo di “arterializzare” il vaso venoso. Dopo l'allestimento della FAV, l'aumento del flusso ematico determina un processo di rimodellamento della stuttura vascolare. L'arterializzazione della vena, consente un adeguato flusso ematico per il trattamento dialitico.
- Innesto
Si crea un innesto quando i vasi del paziente non sono adatti alla formazione di una fistola, inserendo sottocute materiale biologico, semibiologico o sintetico che collega un’arteria a una vena (generalmente nell’avambraccio, nel braccio o nella coscia).
La protezione dell’acceso vascolare permanente è prioritaria.
TRATTAMENTO INFERMIERISTICO
L’infermiere è il professionista responsabile della della complessa gestione clinica del malato sottoposto al trattamento dialitico che va dal corretto management dell’accesso vascolare, il monitoraggio dei parametri clinici e la cura della sfera relazionale, fino alla prevenzione e gestione delle complicanze intradialitiche.
Aspetti psicosociali
I pazienti sottoposti a emodialisi a lungo termine sono spesso preoccupati per l’imprevedibilità del decorso della malattia e per il pesante impatto che questa ha sulla loro vita. Lo stile di vita subordinato ai frequenti trattamenti, alle restrizioni nell’assunzione di alimenti e di liquidi rappresentano elementi di demoralizzazione per il paziente stesso ma anche per la sua famiglia: il tempo necessario per la dialisi, per le visite mediche e la gestione della malattia cronica è motivo di conflitti psicologici, di frustrazioni, sensi di colpa e depressione. Pertanto l’infermiere deve offrire al paziente e ai familiari l’opportunità di esprimere qualsiasi sentimento di rabbia e di preoccupazione relativo alle limitazioni imposte dalla malattia. Inoltre l’infermiere deve accettare le reazioni e le sensazione del paziente e dargli l’opportunità di discutere.
Promuovere l’educazione sanitaria
La preparazione di un paziente all’emodialisi rappresenta un compito molto impegnativo questo perché spesso il paziente non sempre comprende correttamente la dialisi. Pertanto è necessaria una buona comunicazione perché permette di identificare le necessità del paziente e dei familiari in termini di educazione: il paziente deve comprendere la natura della sua malattia, deve conoscere le strategie per adattarsi con successo alla dialisi e per migliorare lo stato funzionale.
Protezione dell’accesso vascolare
L’infermiere controlla l’accesso vascolare per assicurarsi che non ci siano problemi, avendo cura che l’arto utilizzato per la procedura non venga usato per misurare la pressione o per prelievi di sangue.
In riferimento alla fistola , deve inoltre verificare che le fasce apposte a fine trattamento non siano troppo strette, l’accesso non sia compreesso da indumenti stretti, bracciali o altro. Le complicanze che possono insorgere sono:
- infezioni: piuttosto rare nelle FAV native, più frequenti negli impianti protesici. Seppur molto meno frequenti delle infezioni cvc correlate , quelle che interessano le FAV possono causare la perdita dell’accesso vascolare. In genere sono causate da scarsa igiene e scarsa adesione alle procedure di asepsi da parte degli operatori. Lo Stafilococco Aureo (presente nelle narici e sulla cute) è il germe che più comunemente può causare l’infezione della FAV;
- trombosi: è la complicanza più frequente e può essere dovuta a diversi fattori quali stenosi, eccessivo aumento dell’ematocrito, ipotensioni improvvise e importanti durante il trattamento, ipercoagulabilità, infezioni, microlesioni del vaso dovute alle ripetute punture, ecc. Il segno tipico della trombosi è la riduzione o l’assenza del cosiddetto “fruscìo” alla palpazione e alla auscultazione;
- aneurismi: dilatazione della parete del vaso che può provocare una variazione del flusso ematico all’interno della vena con possibile formazione di trombi. Poiché le venipunture concentrate nella stessa zona possono favorire la formazione di aneurismi è molto importante utilizzare tecniche corrette di incannulamento;
- pseudoaneurisma: raccolta ematica intorno al vaso che può formarsi in seguito ad uno stravaso e che può essere continuamente alimentato di sangue;
- stenosi: restringimento della vena arterializzata;
- ematoma: dovuto a errata puntura della FAV. Può verificarsi al momento dell’incannulamento oppure durante il trattamento dialitico;
- sanguinamento;
- sindrome da furto.
Importante è inoltre, verificare la presenza di soffio o la vibrazione dell’accesso vascolare, in quanto la sua assenza può indicare il blocco dell’accesso o la presenza di un coagulo.
Se il paziente è portatore di catetere vascolare, l’infermiere deve assicurarsi che il catetere rimanga in sede ed evitare trazioni o traumi accidentali, il sito di inserimento va protetto con una medicazione semitrasparente.
In merito al CVC, per quanto riguarda la gestione, le principali raccomandazioni che emergono soprattutto nelle Linee Guida del CDC di Atlanta per quanto concerne gli accessi vascolari, compresi i CVC per dialisi sono le seguenti:
- la medicazione sterile è necessaria costantemente su tutti i cateteri venosi centrali, anche per i cateteri tunnellizzati cuffiati, almeno fino a quando la sede di inserzione non è ben guarita completamente. Nella gestione e nella sostituzione delle medicazioni, rispettare sempre la tecnica asettica;
- l’antisettico cutaneo di prima scelta è la Clorexidina >0.5% (Clorexidina 2%);
- in caso di controindicazioni alla Clorexidina, è possibile utilizzare uno iodoforo (iodopovidone) o alcool 70%;
- far asciugare bene l’antisettico cutaneo prima di applicare la medicazione; nel caso di soluzioni a base di Clorexidina alcolica, attendere almeno 30 secondi, per gli iodofori almeno 1,5- 2 minuti;
- sostituzione medicazione:
- le medicazioni con membrane semipermeabili trasparenti vanno sostituite almeno ogni 5-7 giorni;
- le medicazioni con garza e cerotto sterile almeno ogni 2 giorni. Non vi sono dati definitivi a proposito della superiorità delle medicazioni trasparenti rispetto a quelle con garza;
- in presenza di secrezioni del sito di emergenza, preferire medicazioni con garza;
- fissare bene le medicazioni, per ridurre il rischio di dislocazione;
- si possono utilizzare medicazioni a rilascio continuo di clorexidina sul sito di emergenza dei cateteri venosi centrali non tunnellizzati. Non è dimostrata la efficacia delle medicazioni a rilascio di clorexidina nei cateteri venosi centrali che rimangono oltre 14 giorni e nei casi in cui la fonte principale di infezione è intraluminale.
Attenzione alla terapia endovenosa
La registrazione accurata dei volumi di liquidi assunti ed eliminati è fondamentale. Il ricorso indiscriminato a terapie endovenose può provocare un edema polmonare.
Controllo della dieta e dei livelli degli elettroliti
Le alterazioni dei livelli di elettroliti sono comuni e in particolare le variazioni della potassiemia sono le più pericolose. Pertanto è importante che l’infermiere che ha in carico il paziente controlli il contenuto di elettroliti della soluzione che deve infondere. Generalmente le trasfusioni del sangue vengono somministrate durante la procedura di emodialisi questo perché permette di rimuovere l’eccesso di potassio. Inoltre è importante monitorare la dieta del paziente, le restrizione di alcuni alimenti potrebbe portare alla non osservazione del regime dietetico.
Monitoraggio dell’uremia
L’accumulo nel sangue di sostanze azotate, in particolare di urea, a causa dell'incapacità da parte dei reni di eliminarle aggravano i sintomi uremici.
Individuare complicanze cardiache
L’accumulo di liquidi può causare insufficienza cardiaca e la formazione di edema polmonare (la presenza di crepitii alla base dei polmoni può essere indice di edema polmonare).
Monitoraggio della pressione arteriosa
L’ipertensione arteriosa è comune nei pazienti con insufficienza renale ed è determinata dal sovraccarico di liquidi e dell’eccessiva secrezione di renina. la terapia antiipertensiva va però sospesa il giorno della dialisi per evitare l’ipotensione dovuta dalla combinazione della dialisi e dei farmaci. Importante per l’infermiere verificare che il paziente non abbia assunto la terapia.
CONCLUSIONI
I pazienti affetti da patologie croniche, di varia eziologia, possono presentare decorsi diversi ed evoluzioni variabili, non sempre esaurientemente spiegabili da fattori organici o da differenze oggettive dei contesti ambientali e/o sociali. Le modalitàÌ€ con le quali il paziente reagisce all’esperienza di malattia determinano la percezione della quali- taÌ€ di vita e dell’intero processo di malattia; ogni individuo ha una comprensione intuitiva del proprio benessere o malessere e di quali aspetti della sua vita siano piùÌ€ importanti di altri.
La qualitàÌ€ di vita eÌ€ un costrutto multidimensionale, che risente del livello di adattamento raggiunto e dell’organizzazione della personalitàÌ€ del paziente; essa determina i vissuti e i significati da attribuire alla propria malattia e agli eventi correlati.
Nella presa in carico globale del paziente è fondamentale quindi che l’infermiere applichi correttamente il piano di trattamento dialitico secondo prescrizione medica, gestisca le tecnologia. Quindi il nursing nefrologico ricomprende abilità tecniche elevate per l’utilizzo di macchinari complessi; abilità educative che iniziano dall’ascolto, prosegue con l’informazione ed ha come finalità il coinvolgimento del paziente e della sua famiglia; abilità relazionali in quanto la relazione fra paziente e infermiere costituisce un’alleanza terapeutica che influisce in modo significativo sui risultati.
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