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Covid. I nuovi sintomi della variante inglese a confronto con SARS-COV-2

La variante VOC 202012/01, lineage B.1.1.7 (chiamata comunemente “variante inglese”) è definita per la presenza di numerose mutazioni nella proteina spike del virus (delezione 69-70, delezione 144, sostituzione amminoacidica N501Y, A570D, D614G, P681H, T716I, S982A, D1118H) e da mutazioni in altre regioni del genoma virale.

La mutazione scoperta il Gran Bretagna il 20 settembre scorso ormai corre anche nella nostra Penisola: secondo i risultati di un'indagine condotta da Iss e ministero della Salute è diffusa nell’88% delle regioni, concentrandosi in alcune di loro,  soprattutto in Abruzzo (oltre il 50% di prevalenza), Campania, Lombardia (si stima rappresenti il 30% dei positivi), in Veneto (il 20% dei tamponi), in Puglia (il 15,5% dei casi), in Umbria e Molise.

Secondo uno studio dell’Office for National Statistics (ONS), i pazienti Covid a cui è stata diagnosticata la nuova variante tendono a mostrare segni di infezione “meno tipici” rispetto a quelli più comunemente associati al Coronavirus.

I risultati dell’ONS si basano su osservazioni che hanno coinvolto un campione casuale di 6.000 persone in Inghilterra, che sono state monitorate per due mesi tra metà novembre e metà gennaio, i esaminando quali geni erano positivi sul Test PCR.

Il test controlla tre geni trovati in SARS-CoV-2: la proteina N, la proteina S e ORF1ab.

B.1.1.7 ha cambiamenti genetici nel gene S, il che significa che le persone con questa variante non risultano positive al gene S; la maggior parte delle altre varianti comuni risultano positive per tutti e tre i geni (un triplo positivo).

 

Stando a quanto emerso, in un gruppo di circa 3.500 persone la nuova variante si è manifestata attraverso i seguenti sintomi:

  • il 35% ha detto di aver avuto la tosse;
  • il 32% ha avuto affaticamento;
  • il 25% aveva dolori muscolari e dolori alle articolazioni;
  • il 21,8% aveva mal di gola.

Dati questi in contrasto con la “vecchia” variante, che – in un gruppo di 2.500 persone – si è presentata attraverso i seguenti sintomi:

  • il 28% ha avuto la tosse;
  • il 29% era affaticato;
  • il 21% aveva dolori muscolari e alle articolazioni;
  • il 19% aveva mal di gola.

Dal rapporto emerge che la perdita del gusto e dell'olfatto sono significativamente meno comuni nelle nuove varianti positive compatibili rispetto ai tripli positivi, mentre altri sintomi sono più comuni nelle nuove varianti compatibili positivi, con le maggiori differenze per tosse, mal di gola, affaticamento, mialgia e febbre. Non ci sono prove invece di differenze nei sintomi gastrointestinali, mancanza di respiro o mal di testa.

Oltre a tosse e mal di gola, gli esperti britannici hanno osservato che molti pazienti Covid che hanno contratto la variante inglese hanno manifestato una forte debolezza e stanchezza tra i primi disturbi, prima ancora dei classici sintomi associati al Sars-Cov-2.

In molti casi, i sintomi neurologici dell’infezione inglese possono anche causare vertigini, malessere e nausea. E a questi si aggiungono i dolori muscolari e alle articolazioni, che stanno aumentando sempre di più.