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Medici e infermieri: una coevoluzione possibile secondo il professor Cavicchi

Chiara D'Angelodi
Chiara D'Angelo
Pubblicato il: 21/04/2014 vai ai commenti

Le intervisteNurSind dal territorio

Dalla lunga intervista rilasciataci recentemente, in esclusiva, dal Prof. Cavicchi (CLICCA QUI PER LEGGERLA INTEGRALMENTE), vorremmo soffermarci sulla sua proposta di coevoluzione delle professioni, ponendo l’attenzione soprattutto sul rapporto medici-infermieri. 77740006

La coevoluzione è una idea pacifica di crescita delle professioni e implica un progetto di cambiamento comune, agito in modo specifico da ogni singola professione. La coevoluzione si oppone all’idea di porre  le professioni in un conflitto di interesse  tra loro perché parte dal presupposto  che le professioni nella realtà di lavoro, debbano necessariamente cooperare e che sia possibile soddisfare un interesse professionale in modo concordato e cooperativo. Con un progetto comune per l’appunto. Quella che è stata definita, non da me, ”la guerra delle competenze” sta generalizzando il conflitto  in tutti i luoghi di lavoro alimentando le contrapposizioni in luogo delle cooperazioni  e rompendo le relazioni storiche che esistevano tra professioni diverse, ma senza sostituirle con altre relazioni.

Non c’è dubbio che in generale i medici fanno fatica a cambiare, specialmente quando in ballo vi sono delle prerogative storiche che ne ridiscutono le facoltà, ma anche i medici come gli infermieri hanno grossi problemi da risolvere ed hanno l’interesse a trovare laddove è possibile comuni soluzioni. Il problema non è ridiscutere  le relazioni storiche tra professioni che, per quello che mi riguarda, andrebbero ridiscusse, ma è di sostituirle con altre relazioni e altri modi cooperativi  addirittura più efficaci sul piano  dell’ inter professionalità. Il danno  grave e profondo è quando la relazione tra professioni  che bisognerebbe riformare, per mancanza di un progetto, viene semplicemente soppressa quindi mettendo in crisi la coesione cooperativa di un gruppo, di un collettivo, di una squadra. Se per perseguire un qualsiasi legittimo interesse  si danneggia l’impresa che è la cura del malato allora  si danneggia il servizio che per garantire l’impresa  dovrebbe organizzarsi in modo cooperativo. Danneggiare il grado di cooperazione nel nostro mestiere non è uno scherzo  ma  è un  danno  all’efficacia della  cura del malato.

La coevoluzione  è una idea  complessa mentre il  conflitto è senz’altro una semplificazione. La coevoluzione deve vincere  il conservatorismo degli altri,  la forza di inerzia degli interessi corporativi, le abitudini e gli stili professionali, quindi deve avere una capacità progettuale in grado  di convincere i medici sul terreno del cambiamento. Ma non esiste un’altra strada. Hume diceva che vi sono persone che ad un graffio del proprio dito preferiscono il crollo del mondo, ma il crollo del mondo, nel nostro caso, negherebbe lo scopo finale di qualsiasi operatore sanitario. Vale la regola di mia nonna: chi ha più intelligenza la usi.

Recentemente  in una occasione pubblica  il ministero della sanità  ha ammesso a proposito di competenze avanzate di aver sbagliato l’approccio e il metodo, l’accordo sottoscritto non è condiviso da tutti quindi  è destinato comunque  a creare contenzioso, l’intersindacale medica ha chiesto al ministro della salute di ritirare la firma dall’accordo chiedendo un supplemento di riflessioni, allora perché non tentare di nuovo? Oltretutto siamo nel bel mezzo di un ripensamento del titolo V che comunque avrà delle ripercussioni sull’accordo in particolare  per ciò che riguarda le competenze regionali e la definizione dei profili professionali. Per cui chi ce lo fa fare? Le ragioni  per fare  un armistizio ci sarebbero. E basterebbe davvero poco! Non sarebbe così difficile convincere le parti ad un accordo comune creando le condizioni per una coevoluzione… il problema è che le cose sono andate avanti… i caporioni delle competenze avanzate si sono esposti e ora hanno difficoltà a tornare sui loro passi per cui, anche per questioni di immagine, essi rischiano di preferire  il crollo del mondo al  graffio sul  proprio dito anche quando il rischio di graffiarsi non c’è.

Si tratta di immaginare una forma di cooperazione nuova tra medici e infermieri che preveda  tanto le competenze avanzate che la definizione dell’atto medico. L’armistizio possibile è armonizzare l’atto medico con le competenze avanzate. Quindi non si tratterebbe per gli infermieri di rinunciare alle competenze avanzate ma di inserirle dentro  un nuovo modo  di cooperare.

Immaginiamo  che per curare un malato si devono fare tante cose e che queste cose, per ragioni pratiche, vengano divise in tanti compiti a loro volta distribuiti a professioni diverse e a servizi diversi. Ebbene questa operazione  si chiama “divisione del lavoro”, il lavoro viene diviso in compiti, mansioni, profili, e la somma di tutto ciò costituisce la cura del malato. Questa somma si basa storicamente comunque su una particolare forma  di cooperazione che i sociologi chiamano tayloristica che è basata sul grado di scomponibilità del lavoro, sulle giustapposizioni tra operatori, sulla divisibilità del processo di cura, sulla possibilità di tradurre tutto in compiti quindi in autonomie condizionate. Chi decide  tutto questo è il contesto culturale, le convinzioni dominanti, le visioni che si hanno della realtà, le forme  degli interessi economici, le conoscenze scientifiche del momento, i bisogni delle persone… cioè non esiste “qualcuno” che decide la forma storica di cooperazione perché questa è come  se co-emergesse da tante cose come l’odore di un minestrone. Semmai  esiste qualcuno come Taylor, che  interpreta tutto quello che gli balla intorno e lo trasforma in una organizzazione del lavoro. Il problema delle competenze avanzate è stato preso dal verso sbagliato. La questione vera  non è rubacchiare delle competenze a qualcuno a favore di qualcun altro,  ma ripensare la storica divisione del lavoro tra medici e infermieri perché  a questa società serve ripensarla, perché  è necessario ripensarla, perché è conveniente ripensarla.

Immaginiamo sempre di voler cucinare un minestrone e  di mettere nella pentola  questa volta altri  ingredienti e che  l’odore che viene su dalla pentola  sia diverso, cioè che siano cambiati i contesti, le culture, gli interessi, i bisogni, i problemi  della società ecc… e che il lavoro non sia più cosi  scomponibile come prima, che le giustapposizioni tra medici e infermieri  non funzionino più, ponendo il problema di nuove relazioni, e che il processo di cura in funzione di un altro genere di malato, debba essere  ricomposto, e che i compiti  assegnati agli infermieri ai medici e agli Oss,  non siano più in grado  di rappresentare al meglio la realtà dei bisogni sociali. Ecco a questo punto si pone un problema di coevolutività vale a dire  si pone la necessità di una  riforma della forma storica di cooperazione, cioè di ripensare la storica divisione del lavoro. Per fare un armistizio tra medici e infermieri  tutte le parti in causa si dovrebbero sforzare di essere dei nuovi Taylor capaci cioè di reinterpretare la propria realtà e tradurla in una nuova organizzazione del lavoro  addirittura con  un più alto grado di cooperazione. Sostengo che bisogna fare un armistizio perché conviene a tutti ma prima di ogni altro al nostro malato, ripensare la forma storica di divisione del lavoro; quella che abbiamo da più di un secolo non regge più. Questo sarebbe un vantaggio tanto per i medici che per gli infermieri e aggiungo per gli Oss, gli eterni dimenticati da tutti.

Prof. Ivan Cavicchi