Medici e infermieri: una coevoluzione possibile secondo il professor Cavicchi
Dalla lunga intervista rilasciataci recentemente, in esclusiva, dal Prof. Cavicchi (CLICCA QUI PER LEGGERLA INTEGRALMENTE), vorremmo soffermarci sulla sua proposta di coevoluzione delle professioni, ponendo l’attenzione soprattutto sul rapporto medici-infermieri.
La coevoluzione è una idea pacifica di crescita delle professioni e implica un progetto di cambiamento comune, agito in modo specifico da ogni singola professione. La coevoluzione si oppone all’idea di porre le professioni in un conflitto di interesse tra loro perché parte dal presupposto che le professioni nella realtà di lavoro, debbano necessariamente cooperare e che sia possibile soddisfare un interesse professionale in modo concordato e cooperativo. Con un progetto comune per l’appunto. Quella che è stata definita, non da me, ”la guerra delle competenze” sta generalizzando il conflitto in tutti i luoghi di lavoro alimentando le contrapposizioni in luogo delle cooperazioni e rompendo le relazioni storiche che esistevano tra professioni diverse, ma senza sostituirle con altre relazioni.
Non c’è dubbio che in generale i medici fanno fatica a cambiare, specialmente quando in ballo vi sono delle prerogative storiche che ne ridiscutono le facoltà, ma anche i medici come gli infermieri hanno grossi problemi da risolvere ed hanno l’interesse a trovare laddove è possibile comuni soluzioni. Il problema non è ridiscutere le relazioni storiche tra professioni che, per quello che mi riguarda, andrebbero ridiscusse, ma è di sostituirle con altre relazioni e altri modi cooperativi addirittura più efficaci sul piano dell’ inter professionalità. Il danno grave e profondo è quando la relazione tra professioni che bisognerebbe riformare, per mancanza di un progetto, viene semplicemente soppressa quindi mettendo in crisi la coesione cooperativa di un gruppo, di un collettivo, di una squadra. Se per perseguire un qualsiasi legittimo interesse si danneggia l’impresa che è la cura del malato allora si danneggia il servizio che per garantire l’impresa dovrebbe organizzarsi in modo cooperativo. Danneggiare il grado di cooperazione nel nostro mestiere non è uno scherzo ma è un danno all’efficacia della cura del malato.
La coevoluzione è una idea complessa mentre il conflitto è senz’altro una semplificazione. La coevoluzione deve vincere il conservatorismo degli altri, la forza di inerzia degli interessi corporativi, le abitudini e gli stili professionali, quindi deve avere una capacità progettuale in grado di convincere i medici sul terreno del cambiamento. Ma non esiste un’altra strada. Hume diceva che vi sono persone che ad un graffio del proprio dito preferiscono il crollo del mondo, ma il crollo del mondo, nel nostro caso, negherebbe lo scopo finale di qualsiasi operatore sanitario. Vale la regola di mia nonna: chi ha più intelligenza la usi.
Recentemente in una occasione pubblica il ministero della sanità ha ammesso a proposito di competenze avanzate di aver sbagliato l’approccio e il metodo, l’accordo sottoscritto non è condiviso da tutti quindi è destinato comunque a creare contenzioso, l’intersindacale medica ha chiesto al ministro della salute di ritirare la firma dall’accordo chiedendo un supplemento di riflessioni, allora perché non tentare di nuovo? Oltretutto siamo nel bel mezzo di un ripensamento del titolo V che comunque avrà delle ripercussioni sull’accordo in particolare per ciò che riguarda le competenze regionali e la definizione dei profili professionali. Per cui chi ce lo fa fare? Le ragioni per fare un armistizio ci sarebbero. E basterebbe davvero poco! Non sarebbe così difficile convincere le parti ad un accordo comune creando le condizioni per una coevoluzione… il problema è che le cose sono andate avanti… i caporioni delle competenze avanzate si sono esposti e ora hanno difficoltà a tornare sui loro passi per cui, anche per questioni di immagine, essi rischiano di preferire il crollo del mondo al graffio sul proprio dito anche quando il rischio di graffiarsi non c’è.
Si tratta di immaginare una forma di cooperazione nuova tra medici e infermieri che preveda tanto le competenze avanzate che la definizione dell’atto medico. L’armistizio possibile è armonizzare l’atto medico con le competenze avanzate. Quindi non si tratterebbe per gli infermieri di rinunciare alle competenze avanzate ma di inserirle dentro un nuovo modo di cooperare.
Immaginiamo che per curare un malato si devono fare tante cose e che queste cose, per ragioni pratiche, vengano divise in tanti compiti a loro volta distribuiti a professioni diverse e a servizi diversi. Ebbene questa operazione si chiama “divisione del lavoro”, il lavoro viene diviso in compiti, mansioni, profili, e la somma di tutto ciò costituisce la cura del malato. Questa somma si basa storicamente comunque su una particolare forma di cooperazione che i sociologi chiamano tayloristica che è basata sul grado di scomponibilità del lavoro, sulle giustapposizioni tra operatori, sulla divisibilità del processo di cura, sulla possibilità di tradurre tutto in compiti quindi in autonomie condizionate. Chi decide tutto questo è il contesto culturale, le convinzioni dominanti, le visioni che si hanno della realtà, le forme degli interessi economici, le conoscenze scientifiche del momento, i bisogni delle persone… cioè non esiste “qualcuno” che decide la forma storica di cooperazione perché questa è come se co-emergesse da tante cose come l’odore di un minestrone. Semmai esiste qualcuno come Taylor, che interpreta tutto quello che gli balla intorno e lo trasforma in una organizzazione del lavoro. Il problema delle competenze avanzate è stato preso dal verso sbagliato. La questione vera non è rubacchiare delle competenze a qualcuno a favore di qualcun altro, ma ripensare la storica divisione del lavoro tra medici e infermieri perché a questa società serve ripensarla, perché è necessario ripensarla, perché è conveniente ripensarla.
Immaginiamo sempre di voler cucinare un minestrone e di mettere nella pentola questa volta altri ingredienti e che l’odore che viene su dalla pentola sia diverso, cioè che siano cambiati i contesti, le culture, gli interessi, i bisogni, i problemi della società ecc… e che il lavoro non sia più cosi scomponibile come prima, che le giustapposizioni tra medici e infermieri non funzionino più, ponendo il problema di nuove relazioni, e che il processo di cura in funzione di un altro genere di malato, debba essere ricomposto, e che i compiti assegnati agli infermieri ai medici e agli Oss, non siano più in grado di rappresentare al meglio la realtà dei bisogni sociali. Ecco a questo punto si pone un problema di coevolutività vale a dire si pone la necessità di una riforma della forma storica di cooperazione, cioè di ripensare la storica divisione del lavoro. Per fare un armistizio tra medici e infermieri tutte le parti in causa si dovrebbero sforzare di essere dei nuovi Taylor capaci cioè di reinterpretare la propria realtà e tradurla in una nuova organizzazione del lavoro addirittura con un più alto grado di cooperazione. Sostengo che bisogna fare un armistizio perché conviene a tutti ma prima di ogni altro al nostro malato, ripensare la forma storica di divisione del lavoro; quella che abbiamo da più di un secolo non regge più. Questo sarebbe un vantaggio tanto per i medici che per gli infermieri e aggiungo per gli Oss, gli eterni dimenticati da tutti.
Prof. Ivan Cavicchi