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Caso Pedri. Audizione ostetriche ed infermieri: avrei preferito rimanere paralizzata che lavorare lì

Maria Luisa Astadi
Maria Luisa Asta
Pubblicato il: 01/07/2021

AttualitàCronache sanitarie

“Non ho mai desiderato suicidarmi, ma ti giuro su Dio, ogni volta che dovevo andare a lavorare, pregavo Dio di avere un incidente, rompermi le gambe, rimanere paralizzata per sempre a casa, piuttosto che lavorare lì, in quel reparto”, a parlare al telefono, con una giornalista della trasmissione televisiva Chi l’ha visto, è un’operatrice sanitaria del reparto di ostetricia e ginecologia dell’Ospedale Santa Chiara di Trento, che continua-  non si può portare un dipendente a questi livelli, ti ammazzano di lavoro, ti fanno lavorare per tre e se ti ammali ti mandano in disciplinare e ti fanno fuori”.

Conclude – secondo me archivieranno il caso di Sara, sono tutti ammanicati qua.

Il caso di Sara Pedri

Sara Pedri, ginecologa,  aveva iniziato a lavorare al reparto di Ginecologia e Ostetricia dell’ospedale Santa Chiara di Trento a metà novembre 2020, dopo aver conseguito la specializzazione a Catanzaro. In origine, era previsto che la giovane dottoressa entrasse in servizio a Cles, dove infatti si era stabilita, ma poi il reparto era stato riconvertito a causa del Covid.

La permanenza al Santa Chiara, per Sara, sembra essere stata un incubo. Sofferente, dimagrita, terrorizzata, aveva consegnato le dimissioni, quando il 4 marzo scompare nel nulla. Di lei rimane la sua auto ritrovata lungo un ponte e le testimonianze di chi la conosceva. Da un primo quadro della situazione, la sofferenza di Sara è da ricondurre al clima di terrore ed all’ambiente mobbizzante che caratterizzava il reparto di ginecologia nel quale prestava servizio.

«In sala operatoria c’erano ferri chirurgici che volavano verso le persone, anche per un nonnulla. Ginecologi che erano bravi venivano allontanati dalla sala operatoria. Ti fanno sentire una nullità, cercano di trovare lo sbaglio anche se non c’è, pur di metterti in crisi. È il momento di parlare, perché non ci sia un’altra Sara»,

“Sara era terrorizzata – evidenzia la sorella Emanuela, che ha rilasciato una lunga deposizione ai carabinieri di Forlì – e le sue colleghe ci hanno confermato quello che ci diceva lei: turni massacranti, abusi di potere, minacce continue”.

Il direttore generale Pier Paolo Benetollo ha avviato ’istituzione di una commissione di indagine interna, della quale il primo effetto è stato quello delle ferie d’ufficio per il primario dell’unità operativa. Al momento sono stati sentiti, con audizioni protette 33 dipendenti tra medici, coordinatori del personale infermieristico e ostetrico e segretarie di reparto, su un numero complessivo di 161 persone in servizio nell’unità operativa.

Nel mentre, settanta ostetriche hanno scritto al direttore sanitario Antonio Ferro (ottenendo riscontro positivo) per chiedere di essere sentite tutte, su appuntamento e non più su base volontaria.

 

La famiglia della ginecologa scomparsa ha espresso dubbi sull’efficacia di un’inchiesta condotta dall’Azienda stessa, così come la professoressa Roberta Venturella dell’Università di Catanzaro, che ha seguito Sara durante la sua specializzazione. La settimana scorsa, la docente ha scritto una lettera direttamente al ministro della Salute Roberto Speranza chiedendo il suo intervento personale, sollecitato con un’interrogazione anche dalla senatrice trentina Donatella Conzatti e dal deputato forlivese Marco Di Maio (entrambi di Italia Viva), che si sono rivolti anche al ministro della Giustizia Marta Cartabia.

 

Corriere della sera