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Unità operative a conduzione infermieristica. Arriva lo stop del Consiglio di Stato

Maria Luisa Astadi
Maria Luisa Asta
Pubblicato il: 27/06/2022

La SentenzaLeggi e sentenzeProfessione e lavoro

Il Consiglio di Stato, venerdì, confermando quanto già deciso dal TAR dell’Umbria nel 2016, ha bocciato le UDI, Unità di Degenza Infermieristica. Il Tar Umbria con sentenza depositata il 10 novembre 2016, accoglieva infatti il ricorso promosso dai sindacati dei medici contro la legittimazione dell’ UDI, Unità di degenza Infermieristica, istituita presso l’Azienda Ospedaliera di Perugia.

La storia

L’azienda Ospedaliera di Perugia, con delibera 770 del 4 maggio 2015, facendo integralmente propria la delibera n.53 del 4 maggio 2015 della Direzione Sanitaria del Dipartimento Professioni Sanitarie, avviava la sperimentazione delle Udi, Unità di degenza infermieristica, dotata di 12 posti letto, adibita alla gestione dei pazienti in fase post acuta, generalmente provenienti da unità operative a carattere internistico e con piano terapeutico predefinito, necessitanti di assistenza infermieristica, prima del ritorno al proprio domicilio.

Contro la costituzione delle UDI si erano scagliati la CIMO Umbria e l’AAROI – Emac Umbria, associazioni sindacali rappresentative dei medici, chirurghi, veterinari, odontoiatri, specialisti in anestesia e rianimazione e delle discipline che operano nel contesto della medicina critica e dell’emergenza. I sindacati in questione, coadiuvati dall’Ordine Provinciale dei Medici, Chirurghi ed Odontoiatri di Perugia, avevano impugnato la delibera, non ritenendola legittima.

Cos’è l’Udi?

Le Udi, nascono per accogliere determinate categorie di pazienti: non autosufficienti, anche temporaneamente; senza limiti di età; che si trovano nella fase post acuta della malattia, in cui non è richiesta la presenza del medico in maniera continuativa; pazienti dimessi dall’ospedale per acuti ma bisognosi di mantenere e completare la stabilizzazione clinica raggiunta nel corso del ricovero acuto e che presenta ancora la necessità di assistenza infermieristica continuativa, prima di rientrare al proprio domicilio o presso struttura; pazienti che presentano la necessità di un percorso clinico assistenziale non attuabile a domicilio tramite l’ ADI.

L’Udi, si propone quindi di:

  • Ridurre le giornate di ricovero ospedaliero inappropriate.
  • Limitare l’ingresso definitivo in strutture residenziali.
  • Assicurare continuità assistenziale.

Il Piano assistenziale è interamente responsabilità infermieristica, mentre la tutela clinica è affidata fino alle dimissioni, al medico di riferimento.

 

Le motivazioni del ricorso

I sindacati ritengono questo modello organizzativo non conforme, anzi in contrasto con la normativa nazionale e regionale, a tutela del diritto alla salute del paziente, che richiede l’intervento coordinato del medico e dell’infermiere.

A non essere chiari, a dir loro, sono il ruolo e le responsabilità dei medici nell’assistenza dei pazienti.

Dichiaravano incomprensibile come i pazienti potessero essere seguiti, nel percorso terapeutico e clinico, soltanto dall’equipe assistenziale composta da un coordinatore infermieristico, infermieri ed operatori socio-sanitari e solamente in caso di specifiche attività potesse o dovesse intervenire il medico di riferimento dell’UDI; incomprensibile ancora, per le associazioni sinsacali,  il ruolo e la responsabilità del medico di riferimento dell’UDI, che, stante la complessità e diversità delle patologie dei pazienti ricoverati, dovrebbe essere plurispecializzato, fermo restando che è compito dell’infermiere valutare se e quando chiamare il medico in caso di eventuale peggioramento del paziente - Si crea, in altri termini, uno stravolgimento dell’ordinario criterio secondo cui la componente assistenziale si pone a valle di un percorso di diagnosi ed indicazione terapeutica, che è esclusivamente di pertinenza medica.

L’allora Tar aveva bocciato le UDI, affermando come queste dessero vita alla “creazione di traslazione delle responsabilità, non consentita dall’ordinamento”.

Venerdì il Consiglio di Stato, ha confermato quanto deciso dal TAR, con ulteriore bocciatura dei reparti a gestione infermieristica.

Giunge finalmente al termine – commenta Alvaro Chianella, segretario regionale Aaroi, in una dichiarazione ad Umbria24 – un lungo percorso volto a ristabilire la correttezza dei rapporti tra le varie professionalità presenti nel Servizio sanitario nazionale. Un sistema funziona se tutti svolgono il loro ruolo senza sconfinamenti. La sentenza del Consiglio di Stato conferma la specificità del ruolo medico e la non sostituibilità con altre figure. Questo era il principio in base al quale abbiamo iniziato questa azione legale e il vederlo riconosciuto non può che renderci soddisfatti e fiduciosi».