CCNL Sanità 2022/24, Articolo 27: Come cambia l’orario di lavoro nella pubblica sanità
Nella sanità pubblica italiana, l’orario di lavoro non è solo una questione di turni e cartellini da timbrare. È un nodo cruciale che tiene insieme efficienza dei servizi, diritti dei lavoratori, sostenibilità organizzativa e, soprattutto, qualità dell’assistenza. Il nuovo Contratto Collettivo Nazionale del comparto sanità 2022-2024 affronta questo nodo nell’Articolo 27, introducendo un impianto normativo più flessibile, più attento alle esigenze dei cittadini e dei dipendenti, e in alcuni punti sperimentale.
Vediamo cosa cambia, e cosa resta, a partire dalle regole base.
La settimana da 36 ore: il punto di partenza
Il cuore dell’articolo è semplice: l’orario ordinario di lavoro resta fissato in 36 ore settimanali, distribuite su cinque o sei giorni. A seconda della distribuzione, l’orario giornaliero è di:
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7 ore e 12 minuti su cinque giorni;
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6 ore su sei giorni.
Il CCNL chiarisce che l’organizzazione dell’orario non è fine a se stessa, ma deve rispondere a un obiettivo operativo: essere funzionale ai servizi, alla loro apertura al pubblico e alla loro qualità. Non basta essere presenti: bisogna esserci nei tempi giusti, con risorse umane ben distribuite.
La formazione è tempo di lavoro
Un passaggio importante arriva già al secondo comma: le ore dedicate all’Educazione Continua in Medicina (ECM), obbligatoria per molte categorie sanitarie, sono considerate orario di lavoro. Un riconoscimento non scontato, che valorizza la formazione continua come parte integrante della prestazione.
Oltre l’orologio: gli obiettivi organizzativi
La gestione dell’orario non è neutra. Deve servire a:
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Usare meglio le risorse;
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Ridurre le liste d’attesa;
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Offrire servizi anche nelle ore pomeridiane;
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Migliorare i rapporti tra servizi sanitari e amministrativi;
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Facilitare la conciliazione tra vita e lavoro;
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Evitare squilibri nei carichi di lavoro.
Obiettivi ambiziosi che richiedono flessibilità, ma anche regole chiare.
Il test della settimana corta
Una novità sperimentale riguarda la settimana lavorativa di quattro giorni. Possibile, ma con condizioni precise:
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Valida solo per strutture non sanitarie;
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Deve essere volontaria per il dipendente;
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Deve essere concordata a livello aziendale;
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Comporta un ricalcolo delle ferie e di altre assenze (eccetto il congedo matrimoniale).
Non è un diritto automatico, ma una possibilità da costruire caso per caso.
Flessibilità su misura: turni, calendari e priorità
L’articolo entra poi nel dettaglio delle forme flessibili di orario. Le aziende possono adottare:
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Turni su 12 o 24 ore, programmati ogni mese;
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Calendari plurisettimanali o annuali, con settimane leggere (minimo 28 ore) e settimane più intense (fino a 44 ore), mantenendo il monte ore annuo;
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Orari flessibili, che assicurino sempre la presenza del personale nelle fasce critiche per l’utenza.
Ma c’è anche una particolare attenzione alle persone: genitori di figli minori, famiglie monoparentali, volontari e genitori con figli con DSA hanno priorità nell’accesso agli orari flessibili, quando compatibili con l’organizzazione del lavoro.
Riposi garantiti (e recuperati)
Il diritto al riposo giornaliero minimo di 11 ore è confermato. Tuttavia, in casi particolari – come la partecipazione a riunioni o formazione obbligatoria – può essere interrotto. In quel caso, va recuperato immediatamente, oppure entro tre giorni, garantendo comunque la tutela psico-fisica del lavoratore.
Puntualità sotto controllo: recupero obbligatorio dei ritardi
L’orario va monitorato con sistemi automatici, e ogni ritardo va recuperato entro la fine del mese successivo. In caso contrario, scatta la decurtazione della retribuzione, anche per il trattamento accessorio. È una logica di responsabilità: libertà organizzativa, sì, ma senza abusi.
Straordinari: il limite sale a sei mesi
Cambia anche il riferimento per calcolare il limite delle 48 ore settimanali medie (straordinari inclusi): non più su 4 mesi, ma su 6 mesi. Una modifica che permette alle aziende maggiore flessibilità nella gestione del tempo di lavoro.
Divise e consegne: tempo riconosciuto
Per il personale che indossa divise sul posto di lavoro, sono riconosciuti fino a 10 minuti complessivi al giorno per vestizione e svestizione, se tracciati tramite timbratura. Nei reparti attivi H24, dove sono necessari anche i passaggi di consegne, si arriva fino a 15 minuti totali. In entrambi i casi, questi tempi possono essere aumentati con contrattazione integrativa.
Lavoro fuori orario? Compensato, ma non straordinario
Per alcune attività svolte fuori orario ordinario, come i controlli ufficiali del personale veterinario, è prevista una retribuzione extra da fondi dedicati. Ma non sono straordinari, né danno diritto a riposi compensativi. L’impegno è riconosciuto, ma in una logica separata dal lavoro ordinario.
Nessun ostacolo all’attività ordinistica
Infine, il contratto tutela i lavoratori che ricoprono cariche negli ordini professionali: possono partecipare alle riunioni senza penalizzazioni sull’orario, così da poter svolgere il proprio mandato rappresentativo.