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700 persone ad alta pericolosità sociale sono a piede libero. Il fallimento delle REMS

Maria Luisa Astadi
Maria Luisa Asta
Pubblicato il: 29/05/2023

AttualitàCronache sanitarie

Dopo l'omicidio brutale della dottoressa, emergono le crepe nel settore della salute mentale italiano, con un numero crescente di persone ad alta pericolosità sociale lasciate a piede libero.

La morte violenta della psichiatra Barbara Capovani, uccisa in modo barbaro all'uscita dal lavoro da un uomo precedentemente ricoverato presso l'ospedale di Pisa, ha scosso l'opinione pubblica e sollevato importanti questioni riguardo alle aggressioni agli operatori sanitari e allo stato disastroso del settore della salute mentale. Tuttavia, come spesso accade, l'attenzione mediatica e l'emozione collettiva tendono a dissolversi nel tempo, mentre i problemi rimangono irrisolti. Affinché si possa giungere a una soluzione, è fondamentale mantenere l'attenzione costante su questa tematica, evidenziando le criticità di un sistema pericoloso sia per gli operatori che per i cittadini.

Attualmente, in Italia, vi sono oltre 700 persone considerate ad alta pericolosità sociale, autori di reati, che si trovano in libertà nel nostro Paese. Inoltre, altre 15.000 persone sono in libertà vigilata, affidate ai Dipartimenti di Salute Mentale. Questa fotografia tragica rivela il malfunzionamento di quello che avrebbe dovuto essere un cambiamento epocale: le REMS (Residenze per l'Esecuzione delle Misure di Sicurezza). Purtroppo, queste strutture soffrono di una grave carenza di risorse economiche e personale insufficiente, senza adeguati posti letto per garantire l'adeguato ricovero di tali "pazienti".

La Legge n.9/2012, che ha fissato la data di chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari (OPG) al 1° febbraio 2013, ha introdotto i nuovi centri REMS, teoricamente strutturati e organizzati per fornire percorsi curativi e riabilitativi personalizzati. Tuttavia, ad eccezione di coloro che non rappresentano più una pericolosità sociale e devono essere presi in carico dal Dipartimento di Salute Mentale, le REMS si sono rivelate una realtà residuale, incapaci di soddisfare appieno le esigenze dei pazienti.

La Legge 81/2014 è stata un tentativo di apportare ulteriori cambiamenti significativi. I punti salienti di questa legge prevedevano la chiusura definitiva degli OPG entro il 31 marzo 2015, l'adozione di misure alternative al ricovero in OPG (escludendo casi di pericolosità sociale), l'attribuzione della pericolosità sociale solo in base a caratteristiche soggettive anziché oggettive, l'organizzazione di corsi di formazione per il personale delle REMS e la limitazione della durata massima delle misure di sicurezza.

Tuttavia, nonostante i progressi sulla carta, poco è cambiato nella realtà. Gli OPG sono diventati REMS, ma la situazione rimane pressoché la stessa. Le REMS, strutture destinate all'esecuzione delle misure di sicurezza, dovrebbero ospitare solo casi eccezionali, mentre il giudice di sorveglianza dovrebbe avere altre alternative territoriali a disposizione, a meno che non sia necessaria la pericolosità sociale. Tuttavia, queste soluzioni alternative esistono effettivamente? La rete territoriale è sufficientemente sviluppata per rappresentare un'alternativa alle REMS? Le Regioni hanno provveduto a sviluppare percorsi curativi e riabilitativi all'interno delle REMS, oltre a formare adeguatamente il personale?

La risposta a queste domande è chiaramente negativa. Il personale delle REMS è insufficiente e spesso impiegato con contratti precari che non garantiscono l'esperienza e la formazione necessarie per operare in questo ambito, nonostante quanto raccomandato dalla legge alle Regioni. All'interno delle REMS, manca la presenza immediata di uno psichiatra in caso di situazioni gravi e un servizio di vigilanza che possa intervenire prontamente. Si fa affidamento unicamente su una guardia giurata, che, per regolamento, deve rimanere all'esterno della struttura. Inoltre, mancano protocolli interni per segnalare i pericoli. Non si può accettare che una struttura che ospita individui socialmente pericolosi sia lasciata unicamente al personale sanitario.

Il numero di autori di reato affidati ai Dipartimenti di Salute Mentale è in costante aumento. Alcuni di loro vengono inviati alle REMS per l'esecuzione delle misure di sicurezza, ma ciò porta a numerosi invii inappropriati, confermando l'eccessivo sovraffollamento delle REMS e la mancanza di posti letto adeguati. Ciò ha come conseguenza che ben 15.700 persone affette da gravi disturbi rimangano a piede libero, gravando sulle famiglie che si sentono impotenti e abbandonate.

È evidente che il percorso delineato finora sembra promettere un cambiamento epocale, ma nella realtà poco è mutato. La denominazione degli istituti di cura è stata modificata da OPG a REMS, ma i problemi di fondo persistono. È giunto il momento di affrontare con urgenza la crisi nel settore della salute mentale, fornendo risorse adeguate, reclutando personale qualificato e sviluppando soluzioni concrete sul territorio. Solo così potremo garantire la sicurezza degli operatori sanitari e dei cittadini, e offrire alle persone affette da gravi disturbi mentali un reale percorso di cura e riabilitazione.