Studio BENE. Prima causa abbandono professione infermieri è stipendio, ma FNOPI lo 'tralascia'
Gentile Redazione,
Tutto ha inizio con un post su facebook della federazione che riporta i dati emersi dallo studio 'Bene' (BEnessere degli Infermieri e staffiNg sicuro negli ospEdali) realizzato dall’Università di Genova con il sostegno dalla FNOPI. Nel post, la federazione riporta che “tra le azioni per ridurre il burnout e migliorare il benessere, gli #infermieri indicano l’aumento degli organici, poter lavorare al massimo delle loro competenze professionali, migliorare la comunicazione del team”.
Con curiosità e un certo stupore sono andato ad aprire il link allo studio scoprendo che alla voce Soddisfazione lavorativa e intenzione a lasciare l’ospedale, gli infermieri che riferivano insoddisfazione verso il loro attuale lavoro (38,3%) indicavano come prima causa: lo stipendio (77.9%).
A questa lettura commentavo il post indicando ipocrita non citare lo stipendio come prima causa, con un atteggiamento un po’ “da indiani”.
Al mio commento rispondeva quindi un carissimo amico, stimatissimo infermiere giudicato tale senza tema di smentita da tutta la comunità professionale che sostanzialmente mi faceva notare come il tema dello stipendio fosse bene al centro delle rivendicazioni della Federazione ma che fosse responsabilità d'altri contrattarne la consistenza.
Mentre scrivevo la risposta al mio amico (che non cito perché non gli ho chiesto il permesso, non per altro) mi rendevo conto che le mie considerazioni potevano essere interessanti per i nostri lettori e così ve le riporto.
Caro (...) amico mio, ho talmente tanta stima di te che quasi mi imbarazzo a rispondere ma ogni tanto "mi prudono i diti", come dico io e allora eccomi qua.
Sono pienamente consapevole del fatto che Fnopi, Mangiacavalli e tutta la dirigenza abbiano più volte sollevato la questione salariale: li ho sentiti con le mie orecchie. Ma permettimi di dirti che ho la personalissima impressione che questo problema sia sempre trattato con i guanti di velluto per non dare l’impressione o di correre il rischio, di apparire venali. Come se rivendicare i giusti denari, si scontrasse con l’atavica e radicata natura missionaria che la professione non riesce ed evidente non vuole, scrollarsi di dosso (almeno per qualcuno e qualcun altro che la rappresenta) e che mal si combina col vil denaro che ne macchia candore e ascetismo. Campiamo di pane e acqua notoriamente.
E nell’episodio specifico, questo comportamento è evidente quanto mascherato dalla forma che si utilizza e dalla scelta che è stata fatta di riportare le cause, evitando scientificamente di citare quella che nella ricerca è al primo posto: il salario.
Organici e competenze sono riportati, lasciando intendere che tutti quelli che vogliono scappare lo facciano principalmente per questo e non anche per questo.
Ho trasecolato appena ho letto e subito sono andato a vedere la ricerca rimanendone confortato: tutto era al giusto posto. Di contro, ho fortificato la convinzione sul tema. Ecco, la risposta che mi sono dato l’avevo riassunta in una parola, adesso mi hai dato l’occasione di spiegarlo. Mi sa che ci faccio un pezzo.
Rispetto a quanto costi contrattarlo questo giusto salario, tu che frequenti la mia organizzazione da tempo sai bene le lacrime e il sangue che abbiamo speso e sai ancora meglio come le cose siano cambiate da quando all’Aran siede un infermiere che le spiega a quanti (troppi) non avevano la minima idea di cosa fosse questa professione infermieristica. E sai ancora di più quanto lavoro a volte scontroso, vero, è stato fatto per accreditarsi con la nostra rappresentanza professionale, troppo impegnata a celarsi dietro la scusa dell’equidistanza per riconoscere il valore del sindacalismo di categoria che almeno per quanto mi riguarda, dovrebbe essere un faro per tutti, altro che equilibrio; se non altro perché così continuando ci vorranno anni a mettere pezze a guai attuali, figuriamoci per programmare cambiamenti epocali.
Grazie (...), spero ci sia occasione di vederci presto.
Un infermiere