Primo impianto chip nel cervello. Elon Musk entusiasta, ma esperti sollevano dubbi
Elon Musk ha dichiarato che il primo essere umano ha ricevuto un impianto cerebrale Neuralink, un potenziale progresso nello sviluppo della tecnologia di "interfaccia cervello-computer" che un giorno potrebbe aiutare coloro che soffrono di patologie problematiche come ad esempio la paralisi a interagire con l'ambiente circostante. Elon Musk ha dichiarato che il paziente si sta riprendendo bene e che i primi risultati sono "promettenti". L'annuncio ha destato notevole interesse. Tuttavia, secondo Paolo Maria Rossini, direttore del dipartimento di Neuroscienze e neuroriabilitazione dell'Irccs San Raffaele di Roma, l'entusiasmo suscitato è al momento poco motivato. Rossini sottolinea la mancanza di pubblicazioni scientifiche riguardo a questo particolare intervento, esortando alla prudenza nell'ipotizzare applicazioni terapeutiche per malattie neurologiche. "Al momento," afferma Rossini, "le informazioni disponibili riguardano principalmente il buon recupero del paziente dall'intervento e il funzionamento dei contatti tra microelettrodi e neuroni."
Tuttavia, secondo l'esperto, "saranno le prossime giornate e settimane a essere determinanti per comprendere appieno il potenziale di questo approccio." Rossini enfatizza la necessità di una valutazione attenta e completa, evidenziando la mancanza di dettagli specifici che solitamente accompagnano una pubblicazione scientifica di settore. "Precedenti tentativi con un approccio simile sono stati teorizzati," afferma, "ma è fondamentale comprendere l'effettiva interpretazione e esecuzione dei comandi inviati dal paziente, nonché la durata dell'efficacia del contatto nel tempo." Tra le questioni da considerare vi sono anche i potenziali rischi e le complicazioni, come l'interferenza con le onde elettromagnetiche presenti nell'ambiente quotidiano e il rischio di irritazione neuronale e aumentato rischio di epilessia dovuti alla presenza di microelettrodi nella corteccia cerebrale. Infine, Rossini sottolinea che l'applicazione di questo tipo di approccio in ampie casistiche e per patologie come ictus, Parkinson e malattie psichiatriche è prematura e potenzialmente fuorviante, poiché potrebbe generare speranze infondate in pazienti e famiglie già provati dalle loro condizioni.
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