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Primo impianto chip nel cervello. Elon Musk entusiasta, ma esperti sollevano dubbi

Maria Luisa Astadi
Maria Luisa Asta
Pubblicato il: 15/02/2024

AttualitàCronache sanitarie

Elon Musk ha dichiarato che il primo essere umano ha ricevuto un impianto cerebrale Neuralink, un potenziale progresso nello sviluppo della tecnologia di "interfaccia cervello-computer" che un giorno potrebbe aiutare coloro che soffrono di patologie problematiche come ad esempio la paralisi a interagire con l'ambiente circostante. Elon Musk ha dichiarato che il paziente si sta riprendendo bene e che i primi risultati sono "promettenti". L'annuncio ha destato notevole interesse. Tuttavia, secondo Paolo Maria Rossini, direttore del dipartimento di Neuroscienze e neuroriabilitazione dell'Irccs San Raffaele di Roma, l'entusiasmo suscitato è al momento poco motivato. Rossini sottolinea la mancanza di pubblicazioni scientifiche riguardo a questo particolare intervento, esortando alla prudenza nell'ipotizzare applicazioni terapeutiche per malattie neurologiche. "Al momento," afferma Rossini, "le informazioni disponibili riguardano principalmente il buon recupero del paziente dall'intervento e il funzionamento dei contatti tra microelettrodi e neuroni."

Tuttavia, secondo l'esperto, "saranno le prossime giornate e settimane a essere determinanti per comprendere appieno il potenziale di questo approccio." Rossini enfatizza la necessità di una valutazione attenta e completa, evidenziando la mancanza di dettagli specifici che solitamente accompagnano una pubblicazione scientifica di settore. "Precedenti tentativi con un approccio simile sono stati teorizzati," afferma, "ma è fondamentale comprendere l'effettiva interpretazione e esecuzione dei comandi inviati dal paziente, nonché la durata dell'efficacia del contatto nel tempo." Tra le questioni da considerare vi sono anche i potenziali rischi e le complicazioni, come l'interferenza con le onde elettromagnetiche presenti nell'ambiente quotidiano e il rischio di irritazione neuronale e aumentato rischio di epilessia dovuti alla presenza di microelettrodi nella corteccia cerebrale. Infine, Rossini sottolinea che l'applicazione di questo tipo di approccio in ampie casistiche e per patologie come ictus, Parkinson e malattie psichiatriche è prematura e potenzialmente fuorviante, poiché potrebbe generare speranze infondate in pazienti e famiglie già provati dalle loro condizioni.

 

ph credit: open