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Trombosi venosa cerebrale. A confronto i rischi da Covid e da vaccino

I ricercatori dell'Università di Oxford hanno pubblicato un articolo pre-print in cui affermano che, il rischio di rara coagulazione del sangue, nota come trombosi venosa cerebrale (CVT), a seguito della malattia Covid-19 è circa 100 volte maggiore del normale, molte volte superiore a quello post vaccinazione o causato dall'influenza. È da tempo noto infatti, che altre malattie virali, come l'influenza, possono causare disturbi della coagulazione: quindi non sorprende che Covid-19 abbia anche questo effetto.

Ci sono preoccupazioni su una possibile associazione tra vaccini contro SARS-CoV-2 e trombosi venosa cerebrale CVT, chiamata anche trombosi del seno venoso cerebrale. La preoccupazione si è concentrata principalmente sul ChAdOx1 nCoV-19 (Astra Zeneca) e, più recentemente, sul vaccino Ad26.COV2-S (Janssen).

Il rischio attuale con ChAdOx1 nCoV-19 è stimato a circa 5 per milione di individui vaccinati. I dati emergenti suggeriscono che l'associazione riflette una "trombocitopenia trombotica indotta da vaccino" (VITT) (Greinacher et al, 2021; Schultz et al, 2021).

I governi e le autorità di regolamentazione medica hanno reagito limitando l'uso dei due vaccini in diversi sottogruppi della popolazione, sulla base di un'analisi rischio-beneficio. Tuttavia, una componente chiave del calcolo del rischio-beneficio che è cruciale per comprendere il contesto del rischio è attualmente sconosciuta: il rischio assoluto di CVT a seguito di una diagnosi di COVID-19. Ad oggi ci sono solo pochi casi clinici di CVT post-COVID-19 (Dakay et al 2021) .

Il team di ricerca dell'Università di Oxford e del NIHR Oxford Health Biomedical Research Center, ha rilevato il numero di casi di CVT diagnosticati nelle due settimane successive alla diagnosi di COVID-19 e dopo la prima dose del vaccino. Li ha poi confrontati con le incidenze di CVT in seguito all'influenza e a livello di popolazione generale.

I dati derivano dal database statunitense TriNetX (TriNetX electronic health records network) e dall’EMA(Agenzia europea per i medicinali) per i dati sul vaccino AstraZeneca, che negli Stati Uniti non è utilizzato.

I ricercatori riportano che la CVT è più comune dopo la malattia COVID-19 rispetto a qualsiasi gruppo di confronto, con il 30% di questi casi che si verifica nei minori di 30 anni. Rispetto agli attuali vaccini COVID-19, questo rischio è 8-10 volte superiore e, rispetto ai dati di base (baseline) lo è circa 100 volte.

Il confronto dettagliato per i casi segnalati di CVT nei pazienti COVID-19 rispetto ai casi CVT in coloro che hanno ricevuto un vaccino COVID-19 è:

  • su oltre 500.000 pazienti COVID-19, la CVT si è verificata in 39 su un milione di pazienti
  • in oltre 480.000 persone che hanno ricevuto un vaccino a mRNA (Pfizer o Moderna), la CVT si è verificata in 4 su un milione
  • la CVT si verifica in circa 5 persone su un milione dopo la prima dose del vaccino AZ-Oxford.

Quindi:

  • rispetto ai vaccini a mRNA, il rischio di CVT da COVID-19 è circa 10 volte maggiore
  • rispetto al vaccino AZ-Oxford, il rischio di una CVT da COVID-19 è circa 8 volte maggiore.

Gli scienziati sono giunti a due importanti conclusioni. In primo luogo, COVID-19 aumenta notevolmente il rischio di CVT, aggiungendosi all'elenco dei problemi di coagulazione del sangue causati da questa infezione. In secondo luogo, il rischio COVID-19 è più alto di quello rappresentato dagli attuali vaccini, anche per gli under 30. Ciò dovrebbe essere preso in considerazione quando si considerano gli equilibri tra rischi e benefici della vaccinazione. 

da:

Cerebral venous thrombosis: a retrospective cohort study of 513,284 confirmed COVID-19 cases and a comparison with 489,871 people receiving a COVID-19 mRNA vaccine