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La dieta Mediterranea: la piramide alimentare, nata dallo studio sugli infermieri

Maria Luisa Astadi
Maria Luisa Asta
Pubblicato il: 09/03/2023 vai ai commenti

Professione e lavoroStudi e analisi

📣🍽️ Ecco a voi il nuovo aggiornamento della sezione Professioni e lavoro, studi e analisi! 🌞

Con l'estate alle porte, abbiamo pensato di offrirvi 9 stili di alimentazione diversi, 10 diete che forse pensavate di conoscere già, ma anche dieci modi di comportarsi a tavola, con benefici e controindicazioni, per avvicinarvi al cibo in modo più consapevole.

Non dimenticate che la rubrica ha solo uno scopo informativo: vi sconsigliamo di improvvisarvi dietologi fai da te! Rivolgetevi sempre ad un professionista.

Cosa aspettate? Scoprite subito i nostri consigli! 🍉🍓🍇 #alimentazioneconsapevole #benessere #estate2021

giovedì 9 marzo -Dieta Mediterranea

giovedì 16 marzo - Dukan

giovedì 23 Marzo - Detox

giovedì 30 marzo - Paleo

giovedì 6 aprile - Chetogenica

govedì 13 aprile - Plank

giovedì 20 aprile - Metabolica

giovedì 27 aprile - Gruppo sanguigno

giovedì 4 maggio - Zona

 

 

Dieta -mediterranea

Raccomandata dalle Società Scientifiche internazionali, nelle Linee guida dirette alla popolazione per la prevenzione primaria e secondaria, è la Dieta Mediterranea, di cui molti parlano, ma di cui ben pochi sanno cos’è.

Riconosciuta nel 2010 dall’Unesco, patrimonio dell’umanità, la Dieta mediterranea affonda le sue radici nel dopoguerra, nelle tradizioni culturali e sociali, nelle conoscenze e nel modo di mangiare, tipico delle popolazioni che si affacciano sul Mare Nostrum.

La paternità della ricerca sulla Dieta Mediterranea è da attribuire al medico nutrizionista Lorenzo Piroddi (1911 – 1999), che nel 1939 ipotizzò la connessione tra abitudini alimentari e insorgenza delle malattie del ricambio. Per curare i suoi pazienti, Piroddi elaborò una prima versione della Dieta Mediterranea, che limitava il consumo di grassi animali privilegiando quelli vegetali.
Ma il primo studioso che portò il concetto di "Dieta Mediterranea" all'attenzione della scienza fu Ancel Keys (1904 – 2004), che durante la seconda guerra mondiale intuì, casualmente, i benefici per la salute di questo stile alimentare, osservando le popolazioni del Cilento. Osservazioni che i condussero Keys ad avviare il celebre "Seven Countries Study", lo studio epidemiologico che coinvolse ben sette paesi: Finlandia, Giappone, Grecia, Italia, Olanda, Stati Uniti e Jugoslavia e che mise a confronto lo stile di vita e le diete adottate da diverse popolazioni; per l'Italia il campione proveniva da Nicotera (Calabria), Crevalcore (Emilia), Montegiorgio (Marche) e Pioppi (Cilento).
I risultati confermarono la relazione tra la dieta seguita e l'incidenza di alcune malattie, chiarendo in particolare che il tipo di grassi utilizzati, e non la loro quantità, aveva una grande influenza sulle malattie cardiovascolari.
Tra le popolazioni del bacino Mediterraneo, che si cibavano in prevalenza di pasta, prodotti ortofrutticoli, moderate quantità di pesce e utilizzavano quasi esclusivamente olio di oliva come condimento, la percentuale di mortalità per cardiopatia ischemica era molto più bassa che in paesi come la Finlandia e gli Stati Uniti, dove il regime alimentare quotidiano includeva molti grassi saturi di origine animale (burro, strutto, latte, formaggi, carne rossa).

Non esiste una definizione unica di Dieta Mediterranea, ma alcune caratteristiche fondamentali che la caratterizzano:

  • abbondanza di cibi di origine vegetale (verdura, ortaggi, frutta fresca e secca, legumi, pane e pasta da farina integrale non ricostituita e altri cereali integrali come orzo, farro, avena, i quali assicurano sia un basso Indice Glicemico che un ruolo equilibratore e saziante);
  • consumo prevalente di cibi freschi e di stagione, quasi sempre di provenienza locale e quindi a chilometro zero;
  • utilizzo dell'olio d’oliva come fonte principale di grassi;
  • pesce, carne bianca e uova da galline ruspanti, consumati qualche volta a settimana;
  • consumo quotidiano ma moderato di formaggi e yogurt da latte proveniente da animali al pascolo, ricco di acidi grassi omega 3 e vitamine antiossidanti;
  • basso consumo di carne rossa (era consumata solo la domenica nelle famiglie più agiate ed occasionalmente dalle famiglie meno agiate, allorché gli animali da cortile e da lavoro venivano sacrificati perché non erano più in grado di dare un reddito);
  • uso regolare di erbe aromatiche che permettono di creare una dieta di ottimo sapore e di grande appetibilità, riducendo il bisogno di usare sale e condimenti grassi in quantità eccessiva;
  • assunzione moderata di vino durante i pasti;
  • ridottissimo consumo di dolci, i quali venivano consumati solo in occasioni delle feste di famiglia e patronali.

La Dieta Mediterranea viene definita quantitativamente in diversi modi, soprattutto tramite le tecniche della piramide alimentare e degli indici di adeguatezza mediterranea.

Per piramide alimentare si intende comunemente un modello che descrive un regime alimentare e viene attualmente indicato come fondamento di molte diete, intese come un insieme di regole volte a gestire l’alimentazione e non necessariamente come schemi alimentari esclusivamente dimagranti.

La piramide alimentare della dieta mediterranea, ha subito nel tempo diverse modifiche, sostanzialmente non rilevanti, tranne che per la collocazione dei Grassi, che in origine si trovavano all’apice della piramide, tra gli alimenti da consumare di rado.

La nuova piramide revisionata da due autorevoli epidemiologi americani dell’Università di Harvard con specifiche e riconosciute competenze nutrizionali (WalterWillett e Meir Stampfer), parte dal concetto che tutti i grassi non hanno la stessa valenza nutrizionale, e dall’altro che la classica differenziazione tra carboidrati semplici e carboidrati complessi, in voga da parecchi decenni, non è probabilmente più adeguata per permettere ai consumatori di selezionare gli alimenti con le migliori caratteristiche salutistiche.

Mentre nella precedente versione tutti i grassi venivano collocati verso l’apice (con il significato, a tutti ben noto, di suggerire moderazione nel consumo), attualmente solo i grassi saturi, e specificamente il burro, mantengono questa “scomoda” posizione. I grassi di origine vegetale sono invece collocati verso la base della piramide, con un’indicazione specifica che suggerisce di consumarli tutti i giorni.

Questo approccio al consumo dei grassi arriva dai dati raccolti da diversi studi, tra cui uno condotto sulle infermiere. Nello Nurses Health Study, lo studio  che vanta il più lungo follow-up, si osserva infatti come al crescere del consumo degli acidi grassi monoinsaturi e specialmente del consumo dei polinsaturi, il rischio di eventi cardiovascolari decresca. . All’estremo opposto, le forti consumatrici di acidi grassi “trans” presentano un incremento rilevante e significativo degli eventi cardiovascolari rispetto alle donne che consumano una minore quantità di questi grassi.

Anche per quanto concerne i carboidrati le scelte adottate nella nuova piramide sono piuttosto drastiche. Pane, pasta da farine raffinate, riso da chicco raffinato, precedentemente collocati alla base della piramide governativa, vengono relegati, in questa proposta di revisione, all’apice della piramide stessa. Si tratta di un sovvertimento praticamente completo, un gruppo di alimenti che nella precedente indicazione doveva rappresentare la base dell’alimentazione quotidiana viene oggi invece classificato come “da consumare in maniera limitata”. Alla base della piramide vengono collocati invece riso integrale, pane e pasta da farina integrale di cereali, ricchi in fibra, di cui si suggerisce un consumo quotidiano.

 

 

La versione ultima della piramide della dieta alimentare prevede:

alla base della piramide alimentare ci sono tante verdure, un po’ di frutta e cereali (preferibilmente integrali). Salendo, troviamo il latte e i derivati a basso contenuto di grassi (come lo yogurt) contemplati in 2-3 porzioni da 125ml. L’olio extravergine di oliva da consumare a crudo senza esagerare (3-4 cucchiai al giorno), assieme ad aglio, cipolla, spezie ed erbe aromatiche, al posto del sale, sono i condimenti migliori per i nostri piatti in stile mediterraneo. Altri grassi buoni oltre a quelli dell’olio ci vengono forniti dalla frutta a guscio e dalle olive, in una o due porzioni da 30g.

Verso il vertice, ci sono gli alimenti da consumare non ogni giorno, ma settimanalmente: sono quelli che forniscono prevalentemente proteine, tra i quali dovremmo favorire il pesce e i legumi con almeno due porzioni alla settimana ciascuno, il pollame 2-3 porzioni, le uova da 1 a 4 la settimana, i formaggi non più di un paio di porzioni da 100g, 50g se sono stagionati.

Al vertice della piramide ci sono infine gli alimenti da consumare con moderazione: due porzioni o meno a settimana per le carni rosse (100g) mentre quelle processate (affettati, salumi ecc..) sarebbero da consumare con ancor più parsimonia (una porzione a settimana da 50g o anche meno). Infine i dolci, da consumare il meno possibile.

L’energia dai macronutrienti

Il nostro fabbisogno energetico varia in base al metabolismo basale, (il consumo di energia del nostro corpo a riposo) a ciò che mangiamo (alcuni alimenti richiedono più energia per essere “scomposti”) all’età e all’attività fisica quotidiana. L’energia viene derivata dai macronutrienti (glucidi o carboidrati, protidi o proteine e lipidi o grassi) e dovrebbe essere cosi ripartita, per potersi dire un’alimentazione “bilanciata”.

  • 45–60% di Glucidi, di prevalenza complessi (come gli amidi dei cereali)
  • 10–12% di Proteine, corrispondenti a 0,9g per kg di peso corporeo;
  • 20–35% di Grassi con una percentuale di grassi saturi (maggiormente rappresentati in quasi tutti i prodotti animali tranne il pesce) inferiore al 10%. 

 

da: AIGO FOOD - LA DIETA MEDITERRANEA. Dalle origini ai nostri giorni.
AnnaMaria Cisternino, Gioacchino Leandro