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E' configurabile l'esercizio abusivo del medico nei confronti delle competenze degli infermieri?

Maria Luisa Astadi
Maria Luisa Asta
Pubblicato il: 21/06/2023 vai ai commenti

Leggi e sentenzeProfessione e lavoro

 

Da oggi per la nostra rubrica, riguardante “Gli aspetti giuridici della professione infermieristica”, tratteremo i reati ai quali è esposto l’infermiere, nell'ambito della propria attività,

L'elencazione si basa su criteri di importanza e di frequenza dei fatti costituenti reato che riguardano la professione infermieristica nel suo insieme:

21 giugno 2023: esercizio abusivo di professione parte 1;

23 giugno 2023: esercizio abusivo di professione parte 2;

26 giugno 2023: somministrazione e detenzione di medicinali guasti o imperfetti;

28 giugno 2023: rivelazione del segreco professionale;

30 giugno 2023:rivelazione del segreto d'ufficio;

3 luglio 2023:omissione di soccorso

5 luglio 2023: rifiuto di atti d'ufficio;

7 luglio 2023 omissione di referto;

10 luglio 2023sequestro di persona;

12 luglio 2023violenza privata,

14 luglio 2023abbandono di persone minori o incapaci,

17 luglio 2023interruzione di un pubblico servizio;

21 luglio 2023violenza sessuale.

 

ESERCIZIO ABUSIVO DI PROFESSIONE

È un reato previsto dall'art. 348 c.p. che recita:

Chiunque abusivamente esercita una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 10.000 a euro 50.000. La condanna comporta la pubblicazione della sentenza e la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e, nel caso in cui il soggetto che ha commesso il reato eserciti regolarmente una professione o attività la trasmissione della sentenza medesima al competente Ordine, albo o registro ai fini dell'applicazione dell'interdizione da uno a tre anni dalla professione o attività regolarmente esercitata. Si applica la pena della reclusione da uno a cinque anni e della multa da euro 15.000 a euro 75.000nei confronti dl professionista che ha determinato altri a commettere il reato di cui al primo comma ovvero ha diretto l'attività delle persone che sono concorse nel reato medesimo.

L'articolo è stato riscritto dalla legge 3/2018 e inasprisce le pene per il reato e introduce sanzioni disciplinari ordinistiche  L'art. 348, 2° comma, stabilisce che, laddove il soggetto sia un professionista o comunque un soggetto che esercita un'attività che comporta l'inserimento in un albo o in un registro, sia trasmessa la sentenza di condanna all'Ordine competente ai fini dell'applicazione della interdizione da uno a tre anni dalla professione regolarmente praticata.

La norma in questione intende tutelare "l'interesse generale a che determinate professioni, in ragione della loro peculiarità e della competenza richiesta per il loro esercizio, siano svolte solo da chi sia provvisto di standard professionali accertati da una speciale abilitazione rilasciata dallo Stato.

L'abilitazione rilasciata dallo Stato costituisce il requisito oggettivo di competenza e capacità per effettuare determinate attività.

Le norme di abilitazione all'esercizio professionale per la professione infermieristica sono oggi regolate da un complesso di leggi, ovvero le leggi 42/1999, 251/2000, 43/2006. La legge 43/2006 specifica che un professionista infermiere è tale in quanto svolge la sua professione "in forza di un titolo abilitante rilasciato dallo Stato" le attività di "prevenzione, assistenza, cura e riabilitazione" Inoltre sancisce l'obbligatorietà dell'iscrizione all'Ordine professionale senza il quale il puro titolo professionale non è abilitante.

 

L'ESERCIZIO ABUSIVO DELLA PROFESSIONE MEDICA DA PARTE DI INFERMIERI

Si verifica  laddove vengano compiuti  atti da considerarsi tipici ed esclusivi della  professione medica. Le fattispecie  ipotizzabili  possono essere  numerose. La casistica giurisprudenziale  risulta estremamente  limitata e  talvolta paradossale. I casi quindi vanno analizzati uno alla volta.

Un esempio può essere quello dell’EMOGAS arterioso. Sull’esecuzione del prelievo arterioso, il 23 Gennaio 2005, il Consiglio Superiore di Sanità del Ministero della Salute, ha espresso il proprio parere  favorevole in merito, ponendo due condizioni vincolanti all’espletamento della specifica attività assistenziale:
-l’infermiere deve avere acquisito la completa competenza, secondo normativa vigente (L.42/1999 art. 1 punto 2 comma 2).
-nella struttura di riferimento deve essere presente un protocollo operativo condiviso ed approvato che sia in grado di assicurare la buona pratica di tecnica del prelievo arterioso dall’arteria radiale per emogasanalisi e che garantisca l’adozione di ogni utile misura di prevenzione delle complicanze e del necessario trattamento, nonché la tempestiva gestione dei rischi connessi.

Vasi arteriosi utulizzati per il prelievo:

  • Arteria radiale: è la sede di elezione più frequentemente utilizzata poiché facilmente accessibile a livello del polso, nel tratto in cui l’arteria diviene superficiale, grazie al piano osseo sottostante, inoltre, è relativamente fissa;
  • Arteria brachiale (omerale): a causa della scarsità del circolo collaterale espone a seri problemi ischemici a carico dell’arto superiore, in caso di eventi trombotici;
  • Arteria femorale: rappresenta una scelta fondamentale nelle persone in scadenti condizioni emodinamiche nelle quali sono difficilmente apprezzabili gli altri polsi; ha come svantaggio quello di rappresentare un rischio maggiore di infezione e sanguinamento.

I prelievi di sangue arterioso da puntura diretta dell’arteria femorale e brachiale non sono consentiti agli infermieri, nelle predette sedi è possibile il prelievo solo se le arterie sono incannulate.

 

La tracheobroncoaspirazione e ruolo caregiver

La tracheobroncoaspirazione rientra tra gli atti “relativamente liberi”, il che non significa che possono essere eseguiti da chiunque, altrimenti sarebbero atti liberi, ma sono regolati da determinate norme a delle condizioni.

Chi è il caregiver?

Il caregiver familiare è colui che si prende cura, al di fuori di un contesto professionale e a titolo gratuito di una persona bisognosa di assistenza a lungo termine in quanto affetta da una malattia cronica, da disabilità o da qualsiasi altra condizione di non autosufficienza.

Con il termine “caregiver” (letteralmente “donatore di cura”), si intende l’individuo responsabile che, in un ambito domestico, si prende cura di un soggetto dipendente e\o disabile.

E’ colui che organizza e definisce l’assistenza di cui il paziente necessita, risultando generalmente essere un familiare (ed in tal caso è il familiare di riferimento), ma non necessariamente, potendo essere un conoscente, un amico, un vicino, un volontario od altro.

In questi ultimi anni si riscontra, con frequenza sempre maggiore, una nuova figura, il caregiver-professionale (o badante), rappresentato da un assistente familiare che accudisce la persona non-autosufficiente, sotto la verifica, diretta o indiretta, di un familiare.

 

In Italia 9 milioni di persone con disabilità vengono assistite da oltre 7 milioni di caregiver, di cui il 60% sono donne tra i 45 e 55 anni e comunque uomini e donne tra i 55 e i 65 anni (Dati Istat).

 

La Tracheobroncoaspirazione

La Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ha pubblicato un protocollo sull’attribuzione ai caregivers della pratica della tracheobroncoaspirazione a domicilio del paziente non ospedalizzato (Gazzetta Ufficiale n.121 del 26 maggio 2010):

La tracheobroncoaspirazione in ambito domiciliare dei pazienti tracheostomizzati che necessitano di assistenza continua, può essere effettuata, su prescrizione medica, da familiari o altri soggetti che assistono in via continuativa tali pazienti, purché adeguatamente formati.

 

Si prevede per i caregivers una formazione, a carico del Servizio Sanitario Nazionale, di carattere teorico-pratico e l’annotazione sul fascicolo del paziente, che solo il soggetto formato potrà svolgere la tracheobroncoaspirazione.

Le linee di questa formazione, che ha per obiettivo quella di consentire l’effettuazione di aspirazioni endotracheali in a sicurezza, deve prevedere:

insegnamenti teorici:

  • anatomia - fisiologia (le vie respiratorie, i polmoni, gli organi annessi);
  • nozioni sulle principali patologie dell’apparato respiratorio;
  • tecniche di assistenza respiratoria (la tracheotomia, definizione e indicazioni, le cannule della tracheotomia);
  • l’aspirazione endotracheale (definizione e indicazioni);
  • le cure quotidiane legate alla tracheotomia;
  • i segnali d’allerta;
  • manutenzione del materiale, lavaggio e sterilizzazione;
  • ripercussioni sociali e psicologiche dell’insufficienza respiratoria e della tracheotomia.

 

  • Insegnamento pratico:
    esecuzione in presenza dell’infermiere di almeno tre aspirazioni endotracheali comprendente la preparazione del gesto così come la manutenzione del mate- riale e le cure quotidiane;

 

  • l’addestramento di persone deputate ad effettuare tale operazione presso il domicilio dei pazienti potrebbe permettere:
  • la valorizzazione dell’apporto solidaristico di familiari ed altri soggetti che abbiano seguito lo specifico addestramento;
  • la riduzione del ricorso ad ospedalizzazioni improprie e dei tempi di degenza ospedaliera.

 

L'esercizio abusivo del medico nei confronti delle competenze delle professioni sanitarie: è configurabile?

Un'interessante questione può essere posca in relazione allo sviluppo delle professioni sanitarie e, in particolar modo, se possa essere configurabile il reato di esercizio abusivo per un medico che svolga attività generalmente attribuite alla professione infermieristica. Gli elementi normativi ci sono tutti, in particolare il disposto della legge 42/1999 che pone un preciso riferimento al campo di attività e di responsabilità. Se vi è un "campo di attività e di responsabilità" se ne dovrebbe presumere l'assoluta esclusività con conseguente abuso da parte dei non abilitati.

Questa interpretazione - ripetiamo pur configurabile in dotcrina - non sembra essere certo prossima come interpretazione giurisprudenziale visto che recentemente la Suprema Corte di Cassazione, in un caso che riguardava il presumo esercizio abusivo di un medico sull'attività di fisioterapista ha avuto modo di precisare:

 

[...] la normativa summenzionata (il riferimento è alla legge 42/ l999 e ai profìli professionali) si riferisce ai non laureati e non al medico, che in quanto titolare della laurea in medicina e chirurgia è abilitato ad esplicare assistenza sanitaria in funzione di prevenzione, diagnosi, e cura, di guisa che il diploma di specializzazione nella riabilitazione non può essere previsto tra i requisiti, la cui mancanza impedisca a qualsivoglia medico di esercitare la terapia della riabilitazione

E invero il medico, in quanto iscritto all'ordine, può esplicare lecitamente attività professionale, la quale è caratterizzata dall'autonomia sia nella scelta dell'area di intervento, sia nell'accettazione o meno delle domande di assistenza rivoltegli.

La speciale abilitazione da parte dello Stato, cui fa riferimento l'art. 348 c.p., senza la quale l'esercizio di un'attività professionale è abusivo, cioè illegale, per la professione medica deve pertanto identificarsi nell'iscrizione all'albo dei medici, in quanto titolo costitutivo per l'esercìzio della professione. Nulla quindi può impedire che un medico chirurgo, abilitato all'esercizio della professione, svolga attività, esclusiva o connessa, di fisioterapia, non essendo previsto da alcuna legge dello Stato (cosi come per i radiologi, gli anestesisti e gli odontoiatri), che per i medici iscritti all'albo professionale sia necessario ulteriore diploma o specializzazione per l'esercizio di tale specialità.

 

Quindi l'attività di medico-chirurgo - secondo questa impostazione della giurisprudenza di legittimità - ricomprende le altre attività professionali sanitarie.  interpretazione che però è stata criticata dalla dotcrina.

L'ipotesi - pur suggestiva da un punto di vista giuridico - non ha oggi un serio fondamento per essere accolta.

 

 

 da: Aspetti giuridici della professione infermieristica - Luca Benci