Infermieri, stipendi in crescita in Europa: e l’Italia? Ecco il confronto paese per paese
Gli infermieri rappresentano il fulcro del sistema sanitario in Europa, costituendo la categoria più numerosa tra gli operatori sanitari nella quasi totalità dei paesi dell’Unione Europea (UE). La pandemia di COVID-19 ha messo in luce, con drammatica chiarezza, la loro importanza nell’assistenza ospedaliera, nelle cure a lungo termine e nella comunità. Ma ha anche esacerbato carenze croniche, specialmente nei reparti di terapia intensiva e nelle strutture di lungo degenza, evidenziando quanto sia fragile l’impalcatura sanitaria europea.
Un futuro incerto tra carenze e invecchiamento
L’invecchiamento della popolazione europea sta generando un aumento della domanda di assistenza sanitaria, e con essa, una crescente necessità di infermieri qualificati. Tuttavia, la categoria stessa sta invecchiando: circa un quarto degli infermieri nell’UE ha più di 55 anni, e molti sono vicini al pensionamento. Questa dinamica, se non affrontata, potrebbe generare una crisi sistemica con un impatto devastante sull’erogazione dei servizi sanitari.
Nonostante diversi paesi abbiano incrementato i posti nei programmi di formazione infermieristica, il ricambio generazionale resta una sfida complessa. Il numero di laureati in infermieristica è aumentato solo marginalmente nell’ultimo decennio, e l’interesse per la professione è calato in molti paesi dopo la pandemia. Questo fenomeno è alimentato da fattori come l’alto livello di stress lavorativo, turni estenuanti e retribuzioni spesso poco competitive.
Distribuzione degli infermieri: disparità evidenti tra i paesi UE
Nel 2022, la densità media di infermieri nell’UE era di 8,4 per 1.000 abitanti, un miglioramento rispetto ai 7,3 del 2010. Tuttavia, i dati mostrano profonde disparità tra i paesi. Finlandia, Irlanda e Germania guidano la classifica con almeno 12 infermieri per 1.000 abitanti.
Al contrario, nazioni come Italia, Spagna e Grecia registrano una densità significativamente inferiore alla media. In Grecia, la situazione è particolarmente critica: il numero di infermieri pro capite è il più basso tra i paesi UE, aggravato dal fatto che i dati disponibili considerano solo il personale ospedaliero. In Italia e Spagna, il sistema sanitario sopperisce a questa carenza grazie a un massiccio impiego di assistenti sanitari, che forniscono supporto a infermieri e pazienti ma non possiedono le stesse qualifiche.
Tra il 2010 e il 2022, la densità di infermieri è aumentata nella maggior parte dei paesi, ma con eccezioni significative. In Lettonia e Ungheria, il rapporto infermieri-popolazione è diminuito, accentuando il divario con la media europea. In Ungheria, per contrastare questa tendenza, il governo ha adottato politiche salariali aggressive, aumentando significativamente le retribuzioni per migliorare l’attrattività della professione.
La questione di genere: una professione ancora prevalentemente femminile
Le donne rappresentano oltre l’85% degli infermieri nell’UE, un dato che evidenzia la forte connotazione di genere della professione. Tuttavia, alcuni paesi stanno facendo progressi nell’attrarre uomini. In Italia, ad esempio, quasi un quarto degli infermieri (23%) era di sesso maschile nel 2022.
Per ampliare il bacino di reclutamento, sarà fondamentale superare lo stereotipo che vede l’infermieristica come una professione esclusivamente femminile. A questo scopo, interventi mirati, come il miglioramento delle condizioni di lavoro, un adeguamento delle retribuzioni e campagne di sensibilizzazione, potrebbero giocare un ruolo decisivo.
Salari: il punto critico della professione infermieristica
La retribuzione è uno degli aspetti più controversi e critici per il futuro della professione. Nel 2022, lo stipendio medio degli infermieri ospedalieri nell’UE era superiore del 20% rispetto alla media delle altre professioni, ma questa cifra nasconde disparità significative.
In paesi come Lussemburgo e Belgio, gli infermieri guadagnano fino a tre volte di più rispetto ai loro colleghi in Slovacchia e Portogallo, considerando le differenze nel costo della vita. Non sorprende, quindi, che questi paesi siano tra i più attrattivi per i professionisti sanitari, innescando una migrazione interna all’UE.
Allo stesso tempo, in nazioni come Italia, Francia e Portogallo, gli stipendi degli infermieri non superano la media nazionale, rendendo la professione meno appetibile. Inoltre, in alcuni paesi, i salari reali sono diminuiti negli ultimi anni a causa dell’inflazione e di politiche salariali restrittive. Tra il 2010 e il 2019, ad esempio, i salari reali degli infermieri sono calati in Italia, Grecia e Regno Unito, nonostante gli aumenti nominali.
L’impatto della pandemia e dell’inflazione
La pandemia ha evidenziato ulteriormente la necessità di retribuzioni più competitive, ma l’inflazione successiva al 2020 ha eroso gran parte degli aumenti salariali. Mentre paesi come Ungheria, Polonia e Slovenia hanno introdotto incrementi significativi, in molti altri stati, tra cui Italia e Portogallo, i salari reali sono rimasti stagnanti o addirittura diminuiti tra il 2019 e il 2022.
L’Ungheria, in particolare, ha adottato una politica di aumenti consistenti: nel 2024 è stato annunciato un ulteriore incremento del 20%, con l’obiettivo di portare i salari base degli infermieri al 37% di quelli dei medici. In Polonia, invece, sono stati introdotti aumenti medi del 30% per migliorare l’attrattività della professione e ridurre l’esodo dal settore.
Nuovi ruoli per una sanità moderna
In risposta alla crisi, molti paesi stanno ampliando le competenze degli infermieri attraverso ruoli avanzati come i “nurse practitioners” e gli infermieri di comunità. Queste figure, già operative in diversi stati, stanno dimostrando di poter migliorare l’accesso alle cure e ridurre i tempi di attesa, mantenendo elevati standard di qualità e soddisfazione dei pazienti.
Conclusione: un futuro da costruire
Gli infermieri sono il cuore pulsante della sanità europea, ma il sistema rischia di collassare senza interventi strutturali. La carenza di personale, l’invecchiamento della categoria, le disparità salariali e il calo di interesse tra i giovani sono problemi che richiedono risposte immediate.
Investire nella formazione, migliorare le condizioni di lavoro e adottare politiche retributive competitive sono passaggi indispensabili per salvaguardare una professione che, mai come oggi, si rivela indispensabile per il benessere della società.