Infermieri italiani, salari bassi e burnout cronico. Il rapporto Eurispes- Enpam
Il 3° Rapporto sulla Salute e il Sistema Sanitario traccia un quadro allarmante del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), con una crisi sistemica che coinvolge in modo drammatico la figura dell’infermiere. Mentre il sistema sanitario si evolve sotto la spinta di innovazioni tecnologiche, digitalizzazione e nuove esigenze epidemiologiche, il personale infermieristico resta intrappolato in una realtà fatta di carenze strutturali, inadeguatezze retributive, e un ambiente lavorativo spesso ostile. Gli infermieri, pilastri fondamentali di qualsiasi sistema sanitario efficiente, rischiano di diventare vittime di un sistema che, paradossalmente, non può funzionare senza di loro.
Un sistema a corto di personale
La carenza di infermieri è uno dei nodi centrali messi in evidenza dal rapporto. Con circa 350.000 professionisti impiegati nel SSN, l’Italia si trova ben al di sotto della media europea in termini di rapporto tra infermieri e popolazione. Il dato di 4,71 infermieri per 1.000 abitanti palesa uno squilibrio preoccupante rispetto ai Paesi vicini, dove il rapporto è sensibilmente più alto, rendendo il carico di lavoro per il personale italiano insostenibile. La situazione è aggravata dalla scarsa capacità del sistema di rimpiazzare il personale in uscita: nel periodo 2014-2017, si registrava un tasso di sostituzione di 70 infermieri assunti ogni 100 in pensione.
La precarietà come norma
Se da un lato la pandemia ha portato a un incremento temporaneo delle assunzioni per far fronte all'emergenza, dall'altro ha evidenziato la fragilità del sistema. Il personale assunto durante il Covid-19 è stato in gran parte precario, una tendenza che ha radici profonde: il 44,6% del personale sanitario impiegato tra il 2019 e il 2022 era a tempo determinato, sottolineando un modello lavorativo instabile e poco attrattivo per chi sceglie questa carriera. Questo non solo compromette la continuità assistenziale, ma influisce negativamente sul morale degli infermieri, già gravati da carichi di lavoro sproporzionati.
Retribuzioni: una piaga aperta
Uno degli aspetti più critici riguarda le retribuzioni. Il rapporto mette in evidenza che il reddito medio degli infermieri italiani è tra i più bassi d’Europa, con una differenza del 22% rispetto alla media OCSE. Questa condizione relega l’Italia al livello di Paesi come Grecia e Portogallo, lontanissima dagli standard di Svizzera e Germania. Un tale divario non è solo un problema di giustizia sociale, ma anche una causa diretta della fuga di personale qualificato verso il settore privato o l’estero, alla ricerca di condizioni lavorative e salariali più dignitose.
Un ambiente lavorativo sempre più ostile
A peggiorare la situazione, il rapporto documenta un’escalation di violenze e aggressioni contro il personale sanitario. Gli infermieri, specialmente quelli impegnati nei Pronto Soccorso e nelle Aree di Degenza, sono le vittime più frequenti, con oltre 18.000 operatori coinvolti in episodi di aggressione negli ultimi anni. Il 66% delle vittime sono donne, sottolineando un problema di genere che rende la professione ancora più gravosa per le lavoratrici. La violenza non è solo fisica, ma spesso anche psicologica, alimentando un clima di stress cronico che contribuisce al burnout.
Donne in prima linea: il peso del doppio carico
La componente femminile costituisce la maggioranza nel settore infermieristico, ma ciò non si traduce in parità effettiva. Le donne, che rappresentano circa il 70% del personale, affrontano sfide uniche legate alla conciliazione tra lavoro e vita familiare. Turni notturni, carenze di supporto e una cultura lavorativa che fatica a integrare la flessibilità colpiscono in modo sproporzionato le infermiere. Secondo il rapporto, il 51% delle donne medico e infermiere ha rinunciato ad avere figli o ne ha avuti meno di quanti desiderava, a causa delle difficoltà lavorative. Questa realtà, unita alle disparità salariali e alle scarse opportunità di carriera, evidenzia una discriminazione di fatto che penalizza le donne in sanità.
Burnout e disaffezione: un pericolo per il sistema
I dati sul burnout tra gli infermieri sono allarmanti. Quasi il 45% dei professionisti riferisce sintomi legati a questa sindrome, con punte ancora più alte tra le donne, che subiscono pressioni doppie rispetto ai colleghi uomini. La combinazione di stress cronico, violenza sul lavoro e mancanza di riconoscimento contribuisce a una crescente disaffezione verso il SSN. Non sorprende che molti scelgano di abbandonare il sistema pubblico per contesti lavorativi meno oppressivi.
Tecnologia e burocrazia: una spada a doppio taglio
Mentre la digitalizzazione è indicata come una soluzione per migliorare l’efficienza del SSN, il rapporto evidenzia come, almeno per ora, il suo impatto sugli infermieri sia stato limitato. Se da un lato strumenti come le cartelle cliniche elettroniche e la telemedicina hanno il potenziale di ridurre il carico burocratico, dall'altro il personale continua a dedicare troppo tempo a compiti amministrativi, sottraendo risorse all'assistenza diretta ai pazienti. Inoltre, il livello di alfabetizzazione digitale degli operatori è spesso insufficiente, rendendo difficile sfruttare appieno le innovazioni tecnologiche.
Le proposte del rapporto: un cambio di paradigma
Il rapporto non si limita a diagnosticare le problematiche, ma propone soluzioni ambiziose per affrontare la crisi degli infermieri:
- Allineamento salariale europeo: incrementare le retribuzioni per rendere il settore pubblico competitivo a livello internazionale.
- Stabilizzazione del personale: ridurre la precarietà attraverso contratti a tempo indeterminato che offrano maggiore sicurezza e continuità lavorativa.
- Valorizzazione della componente femminile: promuovere politiche di conciliazione vita-lavoro, con particolare attenzione al sostegno per le donne, garantendo flessibilità nei turni e maggiori servizi per la famiglia.
- Formazione e supporto psicologico: introdurre programmi di formazione continua e di gestione dello stress per prevenire il burnout e migliorare la resilienza del personale.
- Prevenzione della violenza: rafforzare le misure di sicurezza nei luoghi di lavoro, incluse campagne di sensibilizzazione e l’introduzione di figure come i mediatori nei contesti più critici.
Gli infermieri rappresentano la spina dorsale del sistema sanitario, ma sono stati trattati come una risorsa sacrificabile, spesso ignorata nelle decisioni strategiche. La loro condizione non è solo un indicatore della salute del sistema, ma anche un banco di prova per la capacità del SSN di adattarsi alle sfide del futuro. Se l’Italia vuole davvero garantire una sanità universale, accessibile e di qualità, deve ripartire da loro. Investire negli infermieri non è solo una questione di giustizia, ma una necessità per assicurare la sostenibilità di un sistema già fragile.