Ferie. I lavoratori hanno diritto alla retribuzione piena
La retribuzione delle ferie deve garantire al lavoratore un trattamento economico comparabile a quello ordinario. Lo afferma la Corte di Cassazione, che ha annullato la decisione della Corte d'Appello di Torino, accogliendo il ricorso di un macchinista ferroviario e riaffermando un principio sancito dalla giurisprudenza europea.
Il Caso
Un dipendente ferroviario con mansioni di macchinista aveva richiesto che, durante le ferie, gli fosse riconosciuta una retribuzione comprensiva non solo della quota fissa dell’indennità di utilizzazione professionale (IUP), ma anche della parte variabile e dell’indennità di assenza dalla residenza. Il Tribunale di Torino aveva accolto la domanda, richiamando la giurisprudenza della Corte di Giustizia UE secondo cui le ferie devono essere retribuite in modo da non disincentivarne la fruizione. Tuttavia, la Corte d'Appello aveva ribaltato la decisione, sostenendo che la retribuzione proporzionata e sufficiente fosse determinata dalle parti contrattuali e che le indennità aggiuntive rivendicate avessero un'incidenza limitata sulla retribuzione complessiva.
La Decisione della Cassazione
Con una sentenza che si inserisce nel solco della giurisprudenza comunitaria e nazionale, la Suprema Corte ha cassato la decisione d’appello, richiamando il principio sancito dalla Corte di Giustizia UE nella sentenza Williams del 2011 e ribadito in successive pronunce: qualsiasi importo strettamente legato alle mansioni lavorative deve essere incluso nella retribuzione delle ferie.
La Cassazione ha evidenziato come la mancata inclusione delle componenti retributive variabili possa dissuadere il lavoratore dal godere delle ferie, violando il diritto comunitario. Inoltre, ha sottolineato che la retribuzione delle ferie deve essere equiparabile a quella ordinaria, in modo da garantire al lavoratore le stesse condizioni economiche anche nei periodi di riposo.
I Precedenti Giurisprudenziali
Nella sentenza, la Corte ha richiamato numerose pronunce precedenti (Cass. n. 14089/2024, Cass. n. 20216/2022, Cass. n. 18160/2023), tutte convergenti sul riconoscimento della piena retribuzione durante il periodo feriale. Si tratta di una linea interpretativa consolidata, che trae origine dall’art. 7 della Direttiva 88/2003/CE e dall’art. 31 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’UE.
Particolare rilievo è stato dato alla giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea, che ha stabilito che l’indennità di assenza dalla residenza e la componente variabile della IUP sono elementi strutturali della retribuzione e non voci occasionali o rimborsi spese. La loro esclusione dal calcolo della retribuzione durante le ferie è quindi illegittima.
Le Implicazioni della Sentenza
La decisione della Cassazione rappresenta un'importante conferma del principio di tutela del diritto alle ferie retribuite in modo pieno e conforme alle condizioni di lavoro abituali. Questo orientamento impone alle aziende e ai contratti collettivi nazionali di adeguarsi ai principi stabiliti dalla giurisprudenza europea, evitando di penalizzare economicamente i lavoratori nel periodo di riposo.
La sentenza, ora rinviata alla Corte d’Appello di Torino in diversa composizione per un nuovo esame, segna un ulteriore passo avanti nella tutela dei diritti dei lavoratori e potrebbe avere effetti su altri settori caratterizzati da retribuzioni variabili, imponendo una revisione delle prassi contrattuali in materia di ferie retribuite.
Il principio affermato dalla Cassazione è chiaro: le ferie devono essere un diritto effettivo, non un costo per il lavoratore. Questa sentenza si inserisce in un panorama giuridico sempre più attento alla tutela delle condizioni economiche dei lavoratori e al rispetto delle direttive comunitarie. Il suo impatto potrebbe estendersi ben oltre il settore ferroviario, contribuendo a rafforzare le garanzie retributive in diversi ambiti professionali.