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Aggressioni agli infermieri: +25 per cento, il NurSind chiede un tavolo urgente

Giuseppe Provinzanodi
Giuseppe Provinzano
Pubblicato il: 11/10/2025

Friuli Venezia GiuliaNurSind dal territorio

Nel 2024 già 579 segnalazioni e 794 operatori aggrediti, il 70% donne. Il NurSind denuncia una “violenza sistemica” e sollecita azioni concrete per proteggere chi cura.

Le aggressioni agli operatori sanitari tornano al centro del dibattito pubblico, con numeri allarmanti e testimonianze sempre più drammatiche. In Friuli Venezia Giulia, il fenomeno cresce in modo costante: nei primi nove mesi del 2024 si sono registrate 579 segnalazioni, con un incremento del 25% rispetto all’anno precedente. L’ultimo episodio, avvenuto all’ospedale di Latisana, ha visto due infermiere aggredite nel reparto di Medicina da un paziente ricoverato, che le ha colpite alla testa e al volto con il palo della flebo.

Secondo i dati dell’Osservatorio nazionale del Ministero della Salute, nel 2024 gli operatori aggrediti in sanità sono stati 794. Tra questi, 419 sono infermieri e ben 592 sono donne, che rappresentano il 70% delle vittime.

Dal mondo sindacale arriva una condanna unanime e un appello forte a rafforzare la sicurezza nei luoghi di cura. Il segretario regionale del NurSind, Luca Petruz, parla senza mezzi termini di "violenza sistemica":

"Non sono più casi isolati, il fenomeno è strutturale. Gli operatori sanitari lavorano con la paura. Ci vogliono vigilanza, formazione, campagne di sensibilizzazione e organici adeguati. L’urlo di protesta non basta più, servono azioni immediate".

Anche l’assessore regionale alla Salute, Riccardo Riccardi, ha espresso solidarietà al personale aggredito, pur invitando a contestualizzare i fatti:

"Tutte le aggressioni vanno condannate e sanzionate, perché inaccettabili. La Regione continuerà a schierarsi dalla parte del personale e a garantire strumenti di difesa e sostegno. Ma attenzione a non trasformare gli ospedali in caserme".

Il NurSind chiede l’apertura urgente di un tavolo regionale sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, per definire misure concrete e stabili a tutela di infermieri e operatori sanitari.
Per il sindacato, non bastano le condanne o le parole di solidarietà: occorrono presidi reali, formazione e prevenzione, perché chi cura non può continuare a farlo nella paura.