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Legge 104. Non è un diritto legittimo il trasferimento alla sede più vicina al disabile. Ecco perchè.

Maria Luisa Astadi
Maria Luisa Asta
Pubblicato il: 17/04/2018 vai ai commenti

Leggi e sentenze

La lavoratrice ha diritto, in base alla legge 104, al trasferimento nella sede di lavoro vicina al padre che ha bisogno di assistenza. Va verificata la situazione oggettiva di necessità e il tutto è da bilanciare con gli interessi economici del datore.

A stabilirlo la Corte di Cassazione con la sentenza n. 7120 del 22 marzo 2018

 

I fatti

La Corte di Appello di Brescia aveva condannato una SPA a trasferire la lavoratrice, titolare della Legge 104/92, nella sede più vicina al padre, disabile e bisognoso di assistenza .

La SPA ricorre ma viene confermata la sentenza di condanna, ma con alcune importanti precisazioni:

 

La legge 104 del 1992, deve essere interpretata alla luce dell’articolo 3 Cost., comma 2, dell’articolo 26 della Carta di Nizza e della Convenzione delle Nazioni del 13.12.2006 sui diritti dei disabili, le misure previste dall’articolo 33, comma 5, devono intendersi come razionalmente inserite in un ampio complesso normativo riconducibile al principio sancito dall’articolo 3 Cost., comma 2, – che deve trovare attuazione mediante meccanismi di solidarietà che, da un lato, non si identificano esclusivamente con l’assistenza familiare e, dall’altro, devono coesistere con altri valori costituzionali (cfr. da ultimo Cass. n. 24015/2017); ne consegue che le posizioni giuridiche soggettive in capo agli interessati, proprio per il loro fondamento costituzionale e di diritto sovranazionale, vanno individuate quali diritti soggettivi (e non interessi legittimi) ma richiedenti, di volta in volta, un bilanciamento necessario di interessi, con il relativo onere probatorio in capo al datore di lavoro”.

 

Nella fattispecie la Corte ha rilevato la sussistenza di numerosi vuoti di organico, destinati alla copertura, per le stesse mansioni della lavoratrice nelle sedi dipendenti della filiale ed ha ravvisato anche un ulteriore profilo costituito dal fatto che la madre di quest’ultima era divenuta ultrasessantacinquenne ed era portatrice a sua volta di gravi disabilita’.

Nel caso concreto dunque non si ledono le esigenze economiche, produttive ed organizzative della societa’ atteso che, se ci sono posti disponibili cui collocare la lavoratrice, non si viola l’iniziativa imprenditoriale ma si contemperano e si bilanciano appunto i due interessi contrapposti.

 

 

da Avvocato Renato D'Isa