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MGF: mutilazioni genitali femminili, seconda parte… tra cultura e falsi miti!

Gemma Maria Riboldidi
Gemma Maria Riboldi
Pubblicato il: 30/01/2023 vai ai commenti

Attualità

Progetto a cura di Rodolfo Luigi Pessina, sexotan gocce e Gemma Maria Riboldi

 

Nella prima parte dell’articolo ( MGF prima parte ) vi abbiamo parlato di mutilazioni genitali femminili (MGF) spiegandovi cosa sono e come vengono distinte. Per completezza, trattandosi di un argomento molto delicato, è bene dare un breve excursus culturale e sfatare qualche falso mito!

Per prima cosa è importante dare, indicativamente, delle percentuali e una breve fotografia delle aree geografiche più interessate.

Le percentuali più ampie di mutilazioni genitali femminili si possono riscontrare nell’Africa Subsahariana e nelle Penisola Arabica. Alcune statistiche dimostrano che più del 90% delle donne tra i 15 e i 49 anni che vivono in queste due zone del mondo hanno subito una qualche forma di MGF. In alcuni casi, come la Somalia, l’Egitto e il Sudan, la percentuale di donne, ragazze e bambine mutilate supera l’80% della popolazione femminile. In Kenya e Nigeria le percentuali si attestano intorno al 26% e il 50%, mentre in Camerun, Niger e Iraq i numeri scendono fino al 10% della popolazione femminile.

Per le culture africane i riti di iniziazione servono ad attribuire uno status all’individuo all’interno della comunità, segnalano l’appartenenza ad essa e vengono eseguiti di solito nel momento di passaggio dalla fase infantile a quella adulta matura. Di solito, per come vengono strutturati, comportano un disagio o dolore fisico, ma sono seguiti però da una ricompensa.

È però importante osservare questo fenomeno culturale nella sua complessità e sfatare alcuni falsi miti.

Mutilazioni genitali femminili ed Islam non hanno alcuna relazione tra loro, a differenza di quanto viene ritenuto da parte dell’opinione comune. L’associazione tra Corano e MGF è assolutamente arbitraria, mentre la mutilazione faraonica, come dice il nome, risale proprio all’Antico Egitto con vere testimonianze geroglifiche.

La comunicazione contro le MGF in Occidente, stanti i numerosi effetti collaterali e il disagio che possono determinare, è però abbastanza violenta e impositiva verso la loro eliminazione. Questo tipo di messaggio fa fatica a passare all’interno della cultura di appartenenza dove queste pratiche hanno un valore enorme. Bisogna cercare un modo diverso per fare educazione e far comprendere le conseguenze che ci possono essere, anche attraverso l’aiuto di persone appartenenti a quella cultura.

Molti gruppi di ginecologi, ad esempio, stanno cercando di introdurre dei riti alternativi, comunque simbolici e meno mutilanti, per permettere alle pazienti di non avere conseguenze sociali e fisiche gravi dalla mutilazione genitale femminile (ex. piccoli tagli, sanguinamento momentaneo senza alterazioni), in modo da preservare un rito importante per le comunità africane, ma, allo stesso tempo, evitare danni alla salute sessuale e riproduttiva della donna.

Come vi ricorderete nel precedente articolo abbiamo anche toccato l’argomento delle mutilazioni genitali maschili. In quasi tutta l’Africa i maschi, dopo riti di passaggio differenti che prevedono il superamento di prove di coraggio e forza e/o l’allontanamento dalla comunità, intorno ai 16-18 anni vengono circoncisi. Quasi sempre i volti dei ragazzi vengono dipinti di bianco, a simboleggiare la morte di ciò che erano cui seguirà la rinascita come uomini.

Per la comunità africana, la circoncisione significa, a livello genitale, l’eliminazione di un “buco”, che viene percepito come un elemento femminile. Solo dopo la circoncisione il ragazzo diventa uomo per la comunità.

Il problema medico più importante è che questa pratica viene effettuata senza anestesia con strumenti non sterili, con un tasso elevato di complicanze settiche. Ad esempio, in Sudafrica, dal 1995 ad oggi, nella tribù Xhosa, sono morti oltre 1000 adolescenti e giovani uomini circoncisi dagli anziani della comunità. Moltissimi ragazzi finiscono per subire l’amputazione del pene per le complicanze infettive di questa pratica non sterile.

Da un punto di vista scientifico, la circoncisione per sé è più sana in termini igienici, e va spesso a determinare un certo grado di miglioramento del piacere sessuale, ma deve essere eseguita in condizioni di sicurezza e sterilità, come avviene negli ospedali occidentali.

 

Se volete avere altre informazioni sull’argomento trattato ecco per voi alcune fonti bibliografiche:

 

  1. 25-quater.1 del Decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231 - Disciplina della responsabilita' amministrativa delle persone giuridiche, delle societa' e delle associazioni anche prive di personalita' giuridica, a norma dell'articolo 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300.
  2. Kaplan A., Nuño Gómez L., Thill M., Salas Seoane N. Guida multisettoriale di formazione accademica sulle mutilazioni/escissioni genitali femminili, Editorial Dykinson, Madrid, 2017.
  3. Ministero della Salute. Salute della donna e società. Mutilazioni genitali femminili. Disponibile presso: https://www.salute.gov.it/portale/donna/dettaglioContenutiDonna.jsp?lingua=italiano&id=4499&area=Salute%20donna&menu=societa
  4. È ancora l’Africa la patria delle mutilazioni genitali femminili. Disponibile presso: https://www.unicef.it/media/mutilazioni-genitali-femminili-ancora-lafrica-la-patria-del-fenomeno/
  5. World Health Organization. Health Topics: Female genital mutilation. Disponibile presso: https://www.who.int/health-topics/female-genital-mutilation#tab=tab_1