Le vostre tesi: Il percorso donativo in pazienti in arresto cardiaco controllato
Infermieristicamente aiuta gli studenti con le loro tesi. Pubblichiamo e divulghiamo i vostri questionari in modo da farvi avere più risposte possibili, quindi più dati da utilizzare!
Oggi divulghiamo il questionario della laureanda Francesca Tavanti, laureanda del corso di Laurea in Infermieristica dell'Università degli Studi di Firenze, sede di Pistoia. Per l'elaborazione della sua tesi ha deciso di avvalersi di un questionario, rivolto al personale infermieristico ed al personale medico, al fine di valutare il livello di conoscenza del percorso donativo in pazienti in arresto cardiaco controllato (categoria 3 di Maastricht).
Il prelievo dopo la morte, sia essa determinata con criteri neurologici (“morte encefalica”) o cardiaci (“morte in asistolia”), è la principale fonte di organi per i trapianti e costituisce un fondamento per la ottimizzazione del loro potenziale terapeutico. Questo sancisce nel 2011 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO) . La legge italiana promuove la cultura della donazione di organi, di ogni forma di donazione, e di tutte le attività sanitarie ad essa connesse. Non esiste – a livello legislativo, per quanto riguarda il prelievo di organi da cadavere – alcuna differenza tra la donazione dopo “morte encefalica” e dopo “morte in asistolia”. Tuttavia in Italia il prelievo di organi da cadavere è stato ed è praticato con ottimi risultati qualitativi e quantitativi principalmente nei donatori deceduti in “morte encefalica”. Invece il prelievo di organi dopo “morte in asistolia” non è stato per anni considerato, mentre nel resto dell’Europa e del Nord America (USA e Canada) ha trovato un notevole sviluppo, soprattutto negli ultimi decenni, grazie alla crescente attenzione per le tecniche di perfusione artificiale degli organi dopo la cessazione della circolazione naturale
L’accertamento della morte è sempre obbligatorio per legge in caso di prelievo di organi e tessuti. I tipi di accertamento sono diversi a seconda della modalità di morte e regolati da disposizioni legislative: con criteri neurologici in caso di “morte encefalica”; con criteri cardiaci in caso di “morte in asistolia”. Nel primo caso, in Italia, l’accertamento consiste in 6 ore di osservazione durante le quali il soggetto è “a cuore battente” e in trattamento intensivo in Rianimazione; nel secondo consiste in 20 minuti di registrazione elettrocardiografica continua, in assenza di attività cardiaca e di qualunque manovra rianimatoria sul cadavere “a cuore fermo”.
Dopo 20 minuti di mancata circolazione, corrispondenti a quello che gli anglosassoni definiscono il “no-touch period”, si ha la certezza che l’encefalo ha cessato irreversibilmente di funzionare. Nello stesso periodo di tempo tutti gli organi sono sottoposti a ischemia. La resistenza all’ischemia è diversa a seconda degli organi che possono subire danni progressivi in termini di integrità morfologica e funzionale: i reni, per esempio resistono più del fegato e questo più del cuore; più di tutti resiste il polmone che estrae ossigeno dagli alveoli se ventilati, anche in assenza di circolazione.
È evidente che la conservazione della funzionalità è la condizione imprescindibile per poter utilizzare un organo efficacemente al fine di trapianto. Pertanto il vincolo normativo dei “20 minuti” pone l’Italia in una condizione del tutto peculiare rispetto al resto del mondo: certamente la più garantista rispetto alla certezza della morte (che è comunque la morte dell’encefalo), ma la più problematica rispetto alla qualità degli organi da trapiantare. Questo, insieme con altri fattori anche culturali, ha determinato un ritardo dell’Italia nell’affacciarsi al mondo della donazione in asistolia.Nel 2008 il gruppo della Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia ha elaborato un protocollo operativo (Programma Alba) per il prelievo di organi addominali e toracici da donatori deceduti per arresto cardiaco inatteso e lo ha applicato in numerosi casi con risultati interessanti relativamente ai reni e promettenti relativamente ai polmoni. Il programma Alba è basato, in origine, sulla perfusione degli organi addominali con l’impiego della circolazione extra-corporea (ECMO) post-mortem, con circolazione veno-arteriosa addominale selettiva normo-termica, cui possono seguire, nei casi indicati, altre manovre per la preservazione dei polmoni.
L’esperienza di Pavia ha dimostrato che i 20 minuti di no-touch-period non sono incompatibili con la idoneità dei reni e dei polmoni al trapianto. Nel 2014 è stato attivato in Lombardia anche un programma collaborativo (Ospedale San Gerardo di Monza e Policlinico di Milano) di prelievo di soli polmoni da donatori a cuore fermo basato su una tecnica di preservazione in situ degli organi semplice e sulla successiva valutazione ed eventuale ricondizionamento ex-situ dei polmoni prima del trapianto.
Tale programma, non prevedendo il prelievo di organi addominali, che necessitano di preservazione con circolazione extra-corporea, ha dimostrato una relativamente facile realizzabilità ed efficacia e quindi una auspicabile replicabilità anche in Centri in cui la disponibilità immediata di circolazione extracorporea potrebbe costituire per ora un ostacolo. La donazione di organi rappresenta una speranza di guarigione per moltissimi pazienti, molto spesso l’unica. Implementare, grazie alle innovazioni tecnologiche e scientifiche il numero di organi a disposizione significa salvare più vite grazie a alla combinazione di alte competenze multidisciplinari e alla straordinarietà del valore del dono. Rispondete dunque numerosi al questionario di Francesca qui.