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Lavorare di notte. Lo stress patologico e le sue conseguenze

Maria Luisa Astadi
Maria Luisa Asta
Pubblicato il: 22/01/2024 vai ai commenti

FormazioneProfessione e lavoro

Gentili lettori,

Siamo lieti di presentarvi "InfermiereNotturno", la vostra risorsa professionale nella sezione formazione, dedicata alla pratica infermieristica notturna. Questa rubrica, che sarà disponibile ogni lunedì, mercoledì e venerdì, fornirà approfondimenti specializzati su aspetti chiave della vostra professione.

Lo Stress

Tra Ie popolazioni di lavoratori a turni e notturni, quella degli operatori sanitari è la più studiata, sia per il numero di persone che vi sono occupate, sia per la rilevanza del settore che per l’omogeneità nei vari paesi delle tipologie di lavoro e quindi dei profili di rischio. Tutti gli operatori sanitari, in quanto helping profession sono sottoposti a stress emozionale, dato dal contatto con il vissuto sofferente di pazienti e familiari.

Lo stress legato al lavoro rappresenta la seconda malattia professionale più diffusa nell’Unione Europea dopo il mal di schiena. In Europa ne è affetto un lavoratore su quattro; le donne risultano essere più colpite.

Si può definire lo Stress da Lavoro Correlato, come la percezione di squilibrio avvertita dal lavoratore quando le richieste del contenuto, dell’organizzazione e dell’ambiente di lavoro, eccedono le capacità individuali per fronteggiare tali richieste [European Agency for Safety and Health at Work].

Esiste uno stress, a dosi accettabili, che ha effetti positivi sul nostro organismo, consentendoci di reagire in modo efficace ed efficiente agli stimoli esterni e di innescare un’adeguata soglia di attenzione verso le esigenze dell’ambiente; un’esposizione prolungata a fattori stressogeni invece, può essere fonte di rischio per la salute dell’individuo, sia di tipo psicologico che fisico.

Quello dello stress lavoro-correlato non è solo una problematica che si ripercuote sul lavoratore, ma si ripercuote negativamente anche sull’organizzazione: riduzione della produttività e della qualità del lavoro, aumento della conflittualità, diminuzione del senso di appartenenza, mancato rispetto delle regole o irrigidimento per il loro rispetto, elevato assenteismo e turn over, clima di insoddisfazione, aumento degli infortuni.

Lo stress è generato da qualsiasi evento esterno od interno all’organismo (stressor) in grado di perturbare l’omeostasi psico-fisica del soggetto ed innescare una serie di reazioni di adattamento neuropsichiche, emotive, locomotorie, immunitarie ed ormonali. Se l’individuo si adatta allo stimolo ripristinando l’omeostasi perduta, siamo in presenza di stress fisiologico, mentre se non si verifica un siffatto adattamento, lo stress diventa patologico.

La capacità di coping, ovvero l’adattamento allo stressor, si basa su diversi fattori: cognitivi, emotivi, condizioni di salute, situazione familiare, fattori economici ecc. ed in definitiva, mentre per alcuni il lavoro a turni potrebbe rappresentare uno stress, per altri non lo rappresenta affatto.

Lo stress è la risposta psicofisica ad una quantità di compiti emotivi, cognitivi o sociali percepiti dalla persona come eccessivi. Lo stress eccessivo può facilmente portare numerosi disturbi da stress.

Selye definì lo stress come “risposta aspecifica dell’organismo ad ogni richiesta effettuata su di esso”. In base al modello di Selye, il processo stressogeno si compone di tre fasi distinte:

  1. fase di allarme
  2. fase di resistenza
  3. fase di esaurimento

Nella prima fase si ha una reazione di stress acuto in cui sono mobilitate le difese dell’organismo (aumento dell’attività dell’asse ipofisi-corticosurrene),  a cui segue una seconda fase (resistenza), in cui l’organismo è impegnato a fronteggiare l’agente stressante e in cui continua l’iperproduzione di cortisolo da parte del surrene, ed si conclude con una terza fase (esaurimento) che subentra quando l’esposizione allo stressor si protrae a lungo e l’organismo non riesce a mantenere più lo stato di resistenza: la corteccia surrenale entra in stato di esaurimento funzionale e si possono sviluppare patologie anche irreversibili, fino alla morte.

Le possibili fonti di stress nei lavoratori turnisti sono dovute a:

  • Alterazione del ritmo sonno/veglia e conseguente deprivazione del sonno (stress biologico).
  • Organizzazione dei turni lavorativi inadeguata che non consente il recupero psico-fisico (stress organizzativo).
  • Inadeguato supporto sociale da parte dei colleghi e della famiglia (stress psicosociale).

La sintomatologia soggettiva dello stato di malessere stress-correlato, si configura come un insieme di disturbi che determina l’insorgenza di reazioni di vario tipo:

  • Emozionali, quali stato di tensione, reazione ansiosa situazionale e/o anticipatoria, caduta del tono dell’umore, stato di irritabilità e/o insofferenza, facilità al pianto, caduta motivazionale, distacco emotivo, vissuto di impotenza.
  • Cognitive, quali scarsa concentrazione, difficoltà memorizzazione, difficoltà ad apprendere cose nuove, facilità a dimentcare, senso di confusione, incertezza decisionale, polarizzazione ideativa.
  • Comportamentali, quali abuso di alcolici, tabagismo, incremento nell’utilizzo di ansiolitici e di sostanze stimolanti, stupefacenti, tendenza ad evitare rapporti sociali, turbe del comportamento alimentare (bulimia, anoressia), riduzione del desiderio sessuale.
  • Somatiche, con disturbi del sonno, ipertensione arteriosa, cefalea, aumento della glicemia, disfunzioni gastrointestinali, lombalgie e tensioni muscolari, manifestazioni dermatologiche, disfunzioni sessuali e ginecologiche, effetti immunodepressivi.

Bibliografia: Coperato A (2016) Lavoro a turni e notturno: valutazione dei rischio e sorveglianza sanitaria

 

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