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Sindrome di Astinenza Neonatale: quando la dipendenza materna colpisce anche il neonato

Giuseppe Provinzanodi
Giuseppe Provinzano
Pubblicato il: 27/06/2025

Professione e lavoroStudi e analisi

Un viaggio nella fragilità nascosta di chi nasce già in lotta: il ruolo cruciale dell’infermiere pediatrico

Il 26 giugno, in occasione della Giornata Internazionale contro l’Abuso e il Traffico Illecito di Droga, il pensiero corre spesso ai giovani, alle famiglie spezzate, al peso sociale ed economico delle dipendenze. Ma esiste un volto ancora più vulnerabile e meno raccontato: quello dei neonati esposti in utero alle sostanze stupefacenti, costretti a fronteggiare la Sindrome di Astinenza Neonatale (SAN) sin dai primi attimi di vita.

Se è vero che negli ultimi anni si è assistito a una crescita della consapevolezza pubblica sulla tossicodipendenza e sulle sue conseguenze, poca attenzione viene riservata all’impatto che l’uso di droghe in gravidanza ha sul neonato. Eppure, secondo i dati disponibili, ogni anno in Italia circa 2.000 neonati ricevono una diagnosi di SAN. Una stima che, secondo gli esperti, potrebbe essere persino sottostimata.

Quando la vita comincia in salita

Durante la gravidanza, le sostanze stupefacenti assunte dalla madre attraversano la placenta e raggiungono il feto, compromettendo lo sviluppo intrauterino e provocando, alla nascita, una vera e propria crisi d’astinenza: tremori, pianto inconsolabile, irritabilità, difficoltà di alimentazione, vomito. A determinare l’intensità della sindrome sono diversi fattori: il tipo di sostanza, la frequenza d’uso, la durata dell’esposizione e le caratteristiche individuali del neonato.

A livello clinico, la scala di Finnegan è uno strumento validato per osservare e quantificare i sintomi della SAN e orientare la presa in carico terapeutica. Tuttavia, la gestione del neonato con SAN non si esaurisce nel solo trattamento farmacologico. Richiede un approccio integrato, umano e relazionale, in cui il ruolo dell’infermiere pediatrico è determinante.

Assistenza, contenimento e relazione: la cura che va oltre il farmaco

L’intervento infermieristico si articola su più livelli. In primis, la creazione di un ambiente terapeutico protetto: luci soffuse, rumori attutiti, contenimento fisico e carezze costanti rappresentano interventi non farmacologici efficaci, capaci di ridurre la disorganizzazione neurofisiologica.

Uno degli approcci più efficaci è la Kangaroo Care (KC), che promuove il contatto pelle a pelle tra neonato e caregiver, stabilizzando il battito cardiaco e la respirazione. In alternativa, tecniche come il wrapping e lo swaddling aiutano a contenere i tremori e l’irrequietezza.

Anche l’alimentazione va adattata: piccole quantità, somministrazioni frequenti, attenzione ai segnali di disagio. Quando clinicamente possibile, l’allattamento materno è incentivato, poiché diversi studi dimostrano che il latte materno riduce i sintomi, la durata della degenza e il ricorso a farmaci.

Madri fragili, relazioni da ricostruire

Non meno importante è il supporto alla relazione madre-bambino. Le donne che affrontano la maternità dopo un percorso di dipendenza vivono spesso isolamento, vergogna e stigmatizzazione. È compito del team infermieristico, insieme a psicologi, assistenti sociali e neonatologi, costruire un clima non giudicante, empatico e supportivo.

Il messaggio da veicolare è chiaro: la madre può essere parte integrante della cura, non solo destinataria di controlli e prescrizioni. La fiducia nella sua capacità genitoriale, sostenuta da un adeguato accompagnamento educativo ed emotivo, può fare la differenza.

Dopo la dimissione, un cammino da accompagnare

Il follow-up multidisciplinare post-dimissione rappresenta una fase fondamentale per monitorare lo sviluppo del bambino e sostenere la madre nel suo percorso di autonomia e stabilità. La SAN non è solo una patologia da trattare: è un’esperienza che segna vite intere e che può trasformarsi in un’occasione di rinascita se accompagnata da un’assistenza competente, empatica e continua.

In questa giornata di riflessione globale, è necessario ricordare che la prevenzione e la cura della tossicodipendenza non riguardano solo chi consuma, ma anche chi nasce nel silenzio delle terapie intensive neonatali, già vittima di una battaglia che non ha scelto.

A cura della C.A.I.P. (Commissione Nazionale d’Albo Infermieri Pediatrici)