Cannabis light nel mirino: Decreto Sicurezza chiude il mercato e riapre al proibizionismo?
Il Decreto-legge n. 48 dell’11 aprile 2025, pubblicato in Gazzetta Ufficiale e immediatamente operativo, si propone come un giro di vite sul fronte della sicurezza pubblica. Ma dietro la retorica della “tolleranza zero” si nasconde un impianto normativo che solleva dubbi seri su proporzionalità, garanzie e tenuta costituzionale.
Il contesto: emergenza o strategia?
Il governo giustifica il provvedimento con la consueta formula della “straordinaria necessità e urgenza”. In realtà, non si ravvisa alcun evento recente che ne legittimi la portata eccezionale. La sensazione è che si tratti più di una scelta politica che di una reazione a fatti concreti. E come spesso accade, quando si legifera sull’onda dell’ansia securitaria, il rischio è colpire nel mucchio
1. Reati di terrorismo e nuovi poteri repressivi: il ritorno del “reato d’intenzione”
Viene introdotto l’articolo 270-quinquies.3 del Codice penale: basterà la detenzione di “materiale con istruzioni per atti terroristici” per finire in carcere fino a sei anni, anche in assenza di qualunque atto preparatorio concreto.
Questo approccio rievoca modelli repressivi basati sull’intenzione presunta, che rischiano di scivolare nell’arbitrio. Inoltre, viene criminalizzata anche la diffusione telematica di questi contenuti, con pene fino a 4 anni. Il confine tra prevenzione e censura preventiva diventa sottilissimo.
2. Beni confiscati: norme più dure, ma attenzione all’impatto sociale
Le novità sull’amministrazione dei beni sequestrati alla criminalità prevedono la demolizione obbligatoria degli immobili con abusi non sanabili, che non verranno acquisiti dallo Stato ma solo il suolo passerà al Comune.
In teoria è una misura di rigore urbanistico. In pratica, però, rischia di rallentare o azzerare il riutilizzo sociale di quei beni, uno dei pochi strumenti davvero efficaci nel contrasto alla criminalità. Più che “riutilizzo”, si rischia il “buttiamo via tutto”.
3. Occupazioni abusive: sgomberi immediati senza passare dal giudice
La norma più controversa è l’articolo 634-bis del Codice penale: l’occupazione abusiva di un immobile adibito a domicilio altrui diventa reato con pene fino a sette anni. Ma la vera bomba è la procedura accelerata: la polizia, su segnalazione, può ordinare il rilascio immediato dell’immobile anche senza passare per un giudice, previa autorizzazione del PM.
In pratica, uno sgombero d’urgenza sulla base della sola parola del denunciante. L’iter giudiziario avviene solo dopo. Rischio: violazioni gravi dei diritti di chi occupa magari per bisogno, senza alternative. Nessuna distinzione tra il racket delle occupazioni e le occupazioni per povertà.
4. Cannabis light: un ritorno al proibizionismo
Viene vietata la vendita, distribuzione e consumo delle infiorescenze di canapa, anche se con THC nei limiti legali. Solo la coltivazione per semi e uso industriale resta consentita.
Una norma punitiva, che ignora anni di giurisprudenza favorevole, colpisce un intero comparto agricolo-commerciale, e rischia di far esplodere il mercato nero. Il tutto, senza che vi sia un chiaro legame tra cannabis light e criminalità o rischio sociale.
5. Revoca della cittadinanza e carcere per l’accattonaggio
Altra misura simbolica: la revoca della cittadinanza italiana per chi commette reati gravi, ma solo se ha o può avere un'altra cittadinanza. È una forma moderna di esilio selettivo, che apre a discriminazioni verso i cittadini di origine straniera.
Sul fronte dell’accattonaggio, si alza a 16 anni l’età dei minori considerati vittime e si inaspriscono le pene per chi li sfrutta. Bene l’intenzione, ma la criminalizzazione dell’accattonaggio in sé potrebbe colpire anche chi mendica per necessità.
6. Maggiori tutele per forze dell’ordine e collaboratori, ma con ombre
Il decreto amplia le possibilità di utilizzo di identità fittizie e documenti di copertura, anche societari, da parte del Servizio di protezione. In sostanza, lo Stato potrà creare aziende fittizie per coprire agenti e testimoni. Strumento utile, ma con margini di opacità pericolosi. Chi vigilerà?
Più sicurezza, meno garanzie?
Il Decreto Sicurezza è un concentrato di pugno duro, simbolismo punitivo e urgenza mal motivata. Alcune misure sono necessarie, altre sembrano scritte per accontentare la pancia del Paese. Ma la sicurezza non può essere costruita a spese dei diritti fondamentali, né affidata solo alla repressione.
Serve equilibrio, trasparenza e soprattutto: uno sguardo lungo.