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Chikungunya: cosa devono sapere gli infermieri

Maria Luisa Astadi
Maria Luisa Asta
Pubblicato il: 29/07/2025

Professione e lavoroStudi e analisi

 

In Italia casi in aumento e rischio trasmissione locale. Prevenzione, sintomi e diagnosi: il ruolo del personale infermieristico.

Torna sotto i riflettori la Chikungunya, una malattia virale trasmessa da zanzare infette del genere Aedes – le stesse responsabili della diffusione di Dengue e Zika – e caratterizzata da febbre improvvisa, forti dolori articolari e muscolari, al punto da rendere difficile il movimento. Il nome stesso, che in swahili significa "ciò che curva", richiama la postura dolorosa dei pazienti durante la fase acuta.

Una malattia non nuova, ma sottovalutata

La Chikungunya non è un virus emergente: la prima epidemia documentata risale al 1952 in Tanzania, ma tracce precedenti suggeriscono una diffusione già nel XVIII secolo. Oggi è presente in oltre 60 Paesi, tra Asia, Africa, Americhe ed Europa, e in Italia ha già causato focolai locali nel 2007 e nel 2017, sostenuti dalla zanzara tigre (Aedes albopictus), ben adattata all’ambiente urbano.

Il quadro clinico: dai sintomi acuti alle complicanze

Dopo un’incubazione di pochi giorni, la malattia si manifesta in modo brusco con febbre alta e dolori articolari debilitanti, a cui si possono associare rash cutanei, cefalea, affaticamento e dolori muscolari. Nella maggior parte dei casi il paziente guarisce in pochi giorni, ma in una parte significativa le artralgie persistono per mesi, compromettendo la qualità di vita.

Complicanze più gravi – oculari, neurologiche o cardiache – sono rare, ma possibili, specie nei soggetti fragili. Negli anziani, la Chikungunya può essere concausa di eventi fatali.

Nessuna terapia specifica, nessun vaccino in Europa

Attualmente non esistono farmaci antivirali specifici né vaccini autorizzati nell’Unione Europea. Le terapie si limitano alla gestione dei sintomi. Solo negli Stati Uniti è stato recentemente approvato un vaccino, non ancora disponibile nel contesto europeo.

Il nodo prevenzione: il vettore è il vero bersaglio

Il punto critico resta la prevenzione. Il virus si trasmette solo attraverso la puntura delle zanzare femmina del genere Aedes, attive soprattutto di giorno, al mattino e nel tardo pomeriggio. Eliminare i ristagni d’acqua, usare repellenti, indossare indumenti coprenti e proteggere gli ambienti interni con zanzariere sono misure chiave, ma è fondamentale anche la disinfestazione periodica e la sorveglianza attiva, soprattutto nei mesi estivi.

Il ruolo dell’infermiere: sentinella sul territorio

Per gli infermieri, la Chikungunya non è solo una patologia infettiva da conoscere. È un tema di salute pubblica, che richiede consapevolezza clinica e capacità di intervenire nel territorio: dalla valutazione dei sintomi nei pazienti con febbre sospetta, alla collaborazione con i servizi di sanità pubblica nelle campagne di prevenzione e nelle fasi di disinfestazione.

Inoltre, gli infermieri sono spesso il primo contatto del paziente e possono fare la differenza nell’educazione sanitaria, nel riconoscimento precoce dei casi e nel supporto psicologico per i soggetti con sintomatologia persistente.


La Chikungunya non è una minaccia lontana. Con il cambiamento climatico, la mobilità globale e la diffusione dei vettori, anche l’Italia è un terreno favorevole. Essere informati oggi significa proteggere il sistema domani. E nella rete di contenimento e gestione, l’infermiere ha un posto in prima linea.

 

Fonti ISS