Superlavoro e cervello: troppe ore aumentano il rischio burnout e cambiano la mente
Un recente studio condotto da un gruppo di neurologi in Corea del Sud ha lanciato un allarme importante sugli effetti del cosiddetto "superlavoro", ovvero lavorare oltre 52 ore settimanali, sulla struttura del cervello umano. Lo studio, pubblicato sulla rivista Occupational & Environmental Medicine, ha evidenziato come l'eccesso di lavoro possa modificare in modo strutturale alcune aree cerebrali coinvolte nella regolazione emotiva e nelle funzioni esecutive come la memoria di lavoro e la risoluzione dei problemi.
Il dottor Giovanni Frisullo, Responsabile UOS Neurologia d’Urgenza all’Ospedale Gemelli di Roma, commenta con cautela i risultati: "Si tratta di uno studio pilota, con tutti i limiti che questo comporta... Tuttavia, il contributo che offre è interessante e merita attenzione: suggerisce che il lavoro prolungato e intensivo può indurre cambiamenti strutturali in alcune aree cerebrali ben precise".
Lo studio ha rilevato un incremento del 19% nella materia grigia della circonvoluzione frontale media, una zona cruciale per funzioni cognitive superiori e la regolazione emotiva. Gli autori propongono due possibili interpretazioni: "Da un lato potremmo essere di fronte a un segno di neuro plasticità, cioè la capacità del cervello di adattarsi a nuove condizioni di stimolo. Dall’altro, è plausibile che si tratti invece di una risposta disfunzionale a uno stress cronico, come ipotizzano gli stessi autori".
Al di là della fase preliminare della ricerca, sono già ben documentati altri effetti negativi del superlavoro come insonnia, stanchezza persistente, indebolimento del sistema immunitario, ansia, depressione e sindrome da burnout. Come sottolineano i ricercatori coreani, "l’aumento del volume cerebrale osservato potrebbe riflettere risposte neuro adattive allo stress occupazionale cronico" e potrebbe fornire una base biologica alle difficoltà cognitive ed emotive frequentemente riportate da chi è soggetto a carichi lavorativi intensi e prolungati.
L'Organizzazione Internazionale del Lavoro ha stimato che il superlavoro possa uccidere più di 800.000 persone ogni anno, evidenziando l'importanza di affrontare questa problematica anche da un punto di vista di salute pubblica. Gli autori sottolineano la necessità di ulteriori studi longitudinali e multi modali per comprendere meglio i meccanismi biologici coinvolti e suggeriscono "politiche sul posto di lavoro che riducano al minimo le ore di lavoro in eccesso".
Ora, posto che un aumento della materia grigia mi pare auspicabile a priori, prendendo con le pinze la ricerca che parla di lavoro prolungato e non di intensità del medesimo e dello sforzo necessario per produrlo, fisico e mentale che sia, come quello degli infermieri in un qualsiasi reparto d’Italia affogato da qualche decina di barelle nei corridoi e altrettante carenze di personale, ho paura al pensiero di quanti cominceranno ad assumere le sembianze del globicefalo o del beluga e di come questo sarà l’ennesimo effetto collaterale cui ci si adeguerà come per tutti gli altri. Possibile che si debba rischiare di finire in uno zoo o in un circo diventando l’attrazione fenomenale del momento prima di capire che serve una riorganizzazione del lavoro?
Dite la verità che ha fatto ridere anche voi l'idea dell'infermiere beluga che si accontenta di una sardina anzichè di un giorno di ferie......
Andrea Tirotto