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Aritzo, muore davanti a guardia medica chiusa: il caso che riaccende il dibattito sulla sanità sarda

Andrea Tirottodi
Andrea Tirotto
Pubblicato il: 08/10/2025

Sardegna

Il recente caso di Nanni Mereu, 46enne di Aritzo (paese montano della Sardegna), morto per un infarto improvviso davanti a una guardia medica chiusa, ha scosso profondamente la comunità e sollevato un dibattito urgente sulle carenze del servizio sanitario nelle aree interne della Sardegna. L’impossibilità di un soccorso medico immediato ha sottolineato i limiti organizzativi e strutturali che ancora oggi mettono a rischio la vita di molti cittadini residenti in territori montani e isolati.
Il servizio di guardia medica risultava infatti chiuso quella sera per mancanza di personale medico e le manovre di soccorso sarebbero state intraprese dapprima dagli amici del malcapitato; è pur vero che il personale laico della locale ambulanza di base, addestrato all’uso della rianimazione cardiopolmonare con defibrillatore automatico in dotazione, prontamente intervenuto, ha proseguito le manovre fino all’arrivo di un mezzo tipo India con personale infermieristico a bordo, qualificato per una procedura di rianimazione di tipo avanzato. Il soccorso è stato rapido, tempestivo e qualificato, non assente.

Ciò non toglie che la mancanza di un presidio medico attivo 24 ore su 24, unitamente alla carenza di medici di base e personale sanitario, rende queste zone particolarmente vulnerabili. A questo si aggiungono tempi di intervento più lunghi legati a viabilità e difficoltà logistiche che minano la tempestività e l’efficacia delle cure d’emergenza.
La comunità di Aritzo si trova così a pagare un “prezzo alto”, come sottolineato da Daniela Falconi, presidente dell’ANCI Sardegna, che ha chiesto un piano straordinario e mirato per la sanità delle aree interne.
Il tema non è solo organizzativo o gestionale, ma riguarda la salvaguardia delle vite umane e il diritto alla salute, che deve essere garantito a tutti i cittadini, indipendentemente dalla localizzazione geografica.
ANCI ha chiesto con forza un incontro urgente con l’Assessore regionale alla Sanità Bartolazzi e i sindaci delle comunità più piccole per affrontare questa emergenza.
La richiesta è quella di potenziare immediatamente i servizi di guardia medica e pronto soccorso, investire in personale sanitario stabile, specializzato e sufficiente, e rafforzare la medicina territoriale con una visione preventiva e di prossimità.
Il modello di cura deve essere ripensato per garantire tempi di risposta rapidi, coordinamento efficace fra servizi e una presenza sanitaria capillare nelle zone più periferiche e isolate.

In questo contesto assumono un’importanza strategica le competenze infermieristiche nel soccorso extra-ospedaliero.
Come chiarito da AREUS (Azienda Regionale Emergenza Urgenza Sardegna), gli infermieri intervenuti nel caso di Aritzo sono stati tempestivi e altamente qualificati, eseguendo manovre salvavita delicate e complesse quali defibrillazione e somministrazione di farmaci salvavita in stretta collaborazione con il medico della centrale operativa.
Pur non potendo evitare l’esito fatale dell’arresto cardiaco poiché non defibrillabile, l’intervento dell’infermiere è stato un elemento fondamentale nella presa in carico del paziente.

Questo tragico evento rappresenta un campanello d’allarme per l’intero servizio sanitario regionale e nazionale, evidenziando l’indispensabile potenziamento e valorizzazione della medicina territoriale e degli infermieri specialisti in emergenza.
La tempestività e l’efficacia dell’intervento infermieristico possono fare la differenza tra la vita e la morte, soprattutto in contesti difficili e isolati.
Perciò, gli investimenti in formazione, dotazioni tecnologiche e organizzazione dei servizi infermieristici territoriali devono essere prioritari, per non lasciare indietro nessuno e assicurare un’assistenza sanitaria efficace e capillare.

In questo contesto non si possono trascurare però le difficoltà nel reperire infermieri da inserire nel servizio sanitario, un problema al cospetto del quale crolla ogni buona intenzione.
Non è pensabile credere che una delle soluzioni prospettate possa essere l’apertura di una ulteriore base di elisoccorso, oltre le tre già in servizio, che hanno tre quarti di operatività sul mare.
I costi di esercizio delle tre basi sono infatti esplosi ben oltre le cifre preventivate, e l’apertura di una quarta base, anziché la ricollocazione baricentrica delle altre tre per coprire la terraferma, aggraverebbe i conti e distrarrebbe risorse da una riorganizzazione più efficace e sostenibile.

La Sardegna ha bisogno di una riorganizzazione profonda del suo servizio sanitario regionale, che parta da una definizione chiara dei bisogni e da una lotta agli sprechi, collocando le risorse dove servono davvero: sul personale sanitario, la sua formazione e incentivazione.
Qualcosa che al momento fa a pugni con termini quali “paramedico” (figura inesistente e non prevista nel SSN) e con il fatto che l’emergenza territoriale è sostanzialmente garantita dal personale laico delle ambulanze di base.

Andrea Tirotto

 

ph credit areus Sardegna