Aggressioni agli Infermieri. Audizione in Senato del NurSind in Commissione Igiene e Sanità . Ecco le proposte al disegno di legge 867
Aumentare la disponibilità del fondo sanitario nazionale e adeguare gli organici dei servizi/reparti delle strutture sanitarie.
Riproporre una campagna nazionale a cura del Ministero della salute di educazione e sensibilizzazione pubblica, anche attraverso le scuole, al fine di veicolare nell’opinione pubblica l’alto valore sociale delle professioni sanitarie.
Far sì che il rischio “aggressione” sia considerato dal datore di lavoro alla stregua del rischio “incendio”: sia fatta formazione obbligatoria al personale.
Vista la maggiore rappresentanza tra il personale infermieristico nei luoghi di lavoro, che il NurSind faccia parte dell’Osservatorio di cui all’art. 1 del DDL 867 per poter continuare a dare il nostro contributo in un tema per noi particolarmente caro
Sono queste le quattro proposte che oggi il NurSind ha presentato in Audizione al Senato in Commissione Igiene e Sanità.
Salvatore Vaccaro, Vice Segretario Nazionale NurSind, ha esposto in maniera inappuntabile la posizione del Sindacato nei confronti del crescente fenomeno delle aggressioni, una escalation che non accenna ad arrestarsi.
Le proposte avanzate sono frutto degli studi sulle aggressioni condotti da NurSind nel 2013 e nel 2017 che hanno rivelato un incremento esponenziale del fenomeno nei luoghi più sensibili, e dimostrato l’efficacia parziale dei provvedimenti attuati dalle aziende sanitarie per contrastare il fenomeno.
- Aumentare il numero del personale ha dimostrato un’efficacia del 72,1% sulla riduzione della aggressioni: l’aumento del fenomeno è direttamente proporzionale al progressivo definanziamento del SSN che indubbiamente ha causato uno scadimento dei servizi, in primo luogo legato alla diminuzione del personale che, a caduta causa ritardi nelle prestazioni, allungamento delle liste e dei tempi di attesa, aumento dei carichi di lavoro con un’incidenza sulla qualità dell’assistenza e sugli esiti ottenuti (tali assunti sono anche desumibili dallo studio Rn4cast Italia), con la diretta conseguenza dell’esasperazione dei cittadini per i tempi di attesa nei pronto soccorso italiani e i corridoi dei reparti adibiti a stanze senza alcuna privacy con pazienti ricoverati in barella o, peggio ancora, in sedia.
- I corsi di autodifesa hanno inciso per il 58,3% sulla riduzione delle aggressioni: considerare il rischio “aggressione” alla stregua del rischio “incendio”; sia fatta formazione obbligatoria al personale sull’autodifesa e sulla gestione dell’aggressività; siano individuate le potenziali situazioni di rischio e siano prese le dovute precauzioni come la presenza di un posto di polizia o personale di vigilanza privata vicino ai pronto soccorso e alle psichiatrie. Prevedere che sia a carico del datore di lavoro l’obbligo di denunciare (d’ufficio) alla Procura della Repubblica chi aggredisce il personale sanitario e che non debba esporsi direttamente il lavoratore.
- Riproporre una campagna nazionale a cura del Ministero della salute di educazione e sensibilizzazione pubblica, anche attraverso le scuole, al fine di veicolare nell’opinione pubblica l’alto valore sociale delle professioni sanitarie e dei lavoratori del comparto sanità. I casi di malasanità, spesso amplificati dai media, contribuiscono a creare dei pregiudizi negativi verso chi è al servizio esclusivo della Nazione (art. 98 Costituzione) ma nella stragrande maggioranza dei casi il frutto del nostro lavoro è una buona sanità con milioni di vite salavate.
Già nel 2013 Nursind ha lanciato una campagna nazionale di sensibilizzazione della cittadinanza all’interno dei pronto soccorso e dei luoghi più a rischio, con manifesti e iniziative social. Lo slogan proposto era “L’aggressione non è la soluzione” ad indicare che la soluzione dei problemi sanitari dei cittadini non poteva essere trovata in atti di violenza verbale o fisica anzi, viceversa, questi potevano solo acuirli arrecando ulteriore danno alla collettività (lo studio indica anche una stima della perdita economica del sistema sanitario sulla scorta delle giornate di assenza dovute agli infortuni per aggressioni).