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Il tallone degli infermieri: la Dirigenza Infermieristica

Vincenzo Rauccidi
Vincenzo Raucci
Pubblicato il: 05/07/2021 vai ai commenti

Punto di Vista

Secondo il mito, la madre di Achille immerse il figlio, quando era bambino, nelle acque del fiume Stige con il proposito di renderlo immortale, ma omesse di bagnarne il tallone, dal quale lo teneva.

Per questo motivo, Achille aveva un corpo indistruttibile ed era dotato di una forza sovrumana capace di spaventare qualsiasi esercito nemico, ma il suo punto debole rimaneva il calcagno.

In questi articoli, divisi in sette parti e pubblicati ogni martedì da oggi, il mio obiettivo sarà quello di illustrare quali sono i punti deboli (tallone) del corpus infermieristico, così forte professionalmente ma così fragile nel suo quotidiano.

 

  1. La Dirigenza Infermieristica
  2. Gli Ordini Professionali
  3. La classe politica
  4. I sindacati “maggiormente rappresentativi”
  5. I mass-media
  6. La sanzione della comunità
  7. La questione femminile

 

Il tallone degli infermieri: la Dirigenza Infermieristica

 

Può sembrare un controsenso, ma quella che in realtà è una delle più importanti conquiste degli infermieri, spesso finisce per rivelarsi un pericoloso punto debole.

La dirigenza è stata istituita nel 2000, con la legge 251 del 10 agosto di quell’anno.

Una legge importantissima, che è andata a completare il percorso iniziato con il Decreto Legislativo n. 502 del 30 dicembre 1992 (che, tra le tante cose, ha portato la formazione infermieristica in università e ha varato i nuovi profili professionali) e con la legge n. 42 del 26 febbraio 1999 (che ha abolito mansionari e ausiliarietà delle professioni sanitarie).

Una legge “buona”, dicevamo; una legge che ha permesso a tutte le professioni sanitarie, quindi anche a quelle infermieristiche, un notevole salto di qualità.

Ma il “salto”, che doveva essere tale per tutto il corpus professionale, sia infermieristico che ostetrico, si è rivelato solo una buona opportunità economica e di carriera per qualcuno.

Ad essere precisi, per lo 0,18% circa dell’intera categoria che ha lasciato il restante 99,82% della truppa nel pantano della prima linea.

Una presa di posizione che può sembrare troppo severa ma basta farsi un giro nelle corsie e nei presidi territoriali, ad ascoltare gli umori delle numerose colleghe e colleghi, spesso sotto organico, demotivati, demansionati, acciaccati e in burn-out per capire che la presa di posizione, troppo severa non è.

Oggi ci troviamo, nella quasi totalità dei casi, di fronte ad una classe dirigente scollata dalla base: da una parte abbiamo i Direttori dei SITRA (e tutta la loro “corte”) e dall’altra la truppa dei soldati scelti.

Una cosa, però, va detta, prima ancora che questo articolo venga vissuto come un attacco spassionato e ingrato a tutta la nostra classe dirigente: i nostri capi, che nella stragrande maggioranza dei casi non afferiscono alla Direzione Generale delle Aziende, ma alla Direzione Sanitaria, vivono la loro finta autonomia soggiogati dalla classe dominante (dominante sia in senso organizzativo che politico): la dirigenza medica.

Nelle Aziende Sanitarie, quando va bene, c’è un dirigente delle professioni sanitarie laddove, contestualmente, quando va male, ci sono centinaia di dirigenti medici.

Coesistono, nella stessa azienda, un dirigente SITRA, che governa 1000-2000 e più persone, e un dirigente medico che ne governa 20-10… a volte solamente sé stesso!

Spesso il Direttore SITRA viene scelto tra persone compiacenti, allineate, alle quali viene conferita l’autorità verso i subordinati ma non l’autorevolezza che competerebbe al suo ruolo.

Il povero dirigente delle professioni sanitarie si ritrova, quindi, ad essere un burattino nelle mani del Direttore Sanitario e, quindi, del Direttore Generale.

Come può essere visto un collega di siffatto profilo da tutto il resto dei lavoratori da prima linea? Fastidioso e inopportuno come lo shampoo negli occhi!

Volete un esempio attraverso alcuni pareri catturati qua e là, al volo, nelle corsie? Eccoli: un incompetente, uno che non ha mai lavorato davvero, uno che non capisce i problemi della base, uno che potrebbe tornarsene da dove è venuto, tanto è inutile il suo ruolo!

Ecco lo scollamento: gli infermieri e i dirigenti che dovrebbero fare “corpo unico”, a tutti i livelli, per l’evoluzione della propria professione e che, invece, si fanno la guerra quotidianamente.

I vertici, che magari non si sentono nemmeno più infermieri (guai a dirglielo, però), dovrebbero cominciare a guardare un po’ di più verso il basso, poiché il loro riscatto e la liberazione dal giogo delle direzioni generali può arrivare solo con l’aiuto dell’azione politica e sindacale della base.

Dalla base si può riprendere e rinnovare il discorso interrotto molti anni fa e provare a costruirla davvero, una forte identità professionale, con risvolti che possono rivelarsi di grande valore, sia per la salute dei cittadini, sia per questo nostro lacerato Sistema Sanitario Nazionale.

Chiudo citando il Codice Italiano di Etica e Deontologia per i Dirigenti Infermieristici (Comitato Infermieri Dirigenti in Italia, 2015) quale effettivo indirizzo operativo per tutti i nostri Direttori SITRA: Gli infermieri dirigenti: collocano i diritti delle persone al centro di progetti, azioni e scelte politiche; agiscono con integrità personale, onestà, fiducia e rispetto reciproco; promuovono la responsabilità personale e professionale in loro stessi e nelle persone di cui sono responsabili; contribuiscono a creare le condizioni organizzative per mettere in pratica i valori professionali fondamentali e per promuovere l’identità infermieristica; individuano e applicano sistemi di valutazione con lo scopo di evidenziare le eccellenze nell’assistenza e le potenzialità dei professionisti; si impegnano per lo sviluppo della buone pratiche professionali promuovendo la ricerca sanitaria”.

 

Alla prossima puntata, martedì 13 luglio 2021, per l'articolo sugli Ordini Professionali