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Demansionamento. L’Asp di Catanzaro condannata al risarcimento di 7mila euro per ogni infermiere

Maria Luisa Astadi
Maria Luisa Asta
Pubblicato il: 16/09/2022 vai ai commenti

La SentenzaProfessione e lavoro

Con sentenza n. 298/2022 il Giudice del Lavoro di Lamezia Terme ha riconosciuto il demansionamento di alcuni infermieri che, stante la  carenza di personale, erano stati  adibiti dall'Azienda Sanitaria all'espletamento anche delle mansioni proprie degli operatori socio sanitari.

 

I fatti

Gli infermieri, ricorsi al tribunale, raccontavano che, a causa della grave carenza di organico di personale di supporto, erano stati costretti a svolgere mansioni ausiliarie di “attività alberghiere”, di igiene personale dei pazienti e di assistenza generica agli stessi, nonché servizi di segreteria di reparto, ascrivibili alla figura dell’operatore socio-sanitario inquadrato nella categoria B. Inoltre evidenziavano che era stato presente un solo O.S.S. in grado di coprire soltanto il turno diurno, lasciando scoperti quelli pomeridiano e notturno, oltre ai giorni festivi o a quelli in cui l’unità era stata collocata a riposo o aveva fruito di congedo.

I ricorrenti lamentano di aver subito una dequalificazione professionale consistente nell’impossibilità di esprimere, nonché di conservare ed accrescere la propria competenza professionale in conformità alle condizioni di assunzione; deducevano, infatti, di essere stati adibiti, a causa della grave e cronica carenza di operatori socio-sanitari, a mansioni inferiori a discapito delle mansioni infermieristiche, in maniera continua e prevalente, per la maggior parte del turno lavorativo.

Chiedevano, pertanto, che l’Azienda Sanitaria convenuta venisse condannata al risarcimento del danno da demansionamento, quantificato in misura pari al 10% della retribuzione annuale spettante per ogni anno a decorrere dal 2016.

 

Decisione tribunale

Il Tribunale, accertata la grave carenza di personale ausiliario, accoglie il ricorso degli infermieri e cita la Cass. Sez. Lav. ordinanza n. 19419 del 17.09.2020), che stabilisce come “nel pubblico impiego privatizzato, il lavoratore può essere adibito a mansioni accessorie inferiori rispetto a quelle di assegnazione, a condizione che sia garantito al lavoratore medesimo lo svolgimento, in misura prevalente e assorbente, delle mansioni proprie della categoria di appartenenza, che le mansioni accessorie non siano completamente estranee alla sua professionalità e che ricorra una obiettiva esigenza, organizzativa o di sicurezza, del datore di lavoro pubblico, restando ininfluente che la P.A., nell’esercizio della discrezionalità amministrativa, non abbia provveduto alla integrale copertura degli organici per il profilo inferiore, venendo in rilievo il dovere del lavoratore di leale collaborazione nella tutela dell’interesse pubblico sotteso all’esercizio della sua attività.”.

E' stato, inoltre, affermato che “in tema di dequalificazione professionale, è risarcibile il danno non patrimoniale ogni qual volta si verifichi una grave violazione dei diritti del lavoratore, che costituiscono oggetto di tutela costituzionale, da accertarsi in base alla persistenza del comportamento lesivo, alla durata e alla reiterazione delle situazioni di disagio professionale e personale, all’inerzia del datore di lavoro rispetto alle istanze del prestatore di lavoro, anche a prescindere da uno specifico intento di declassarlo o svilirne i compiti. La relativa prova spetta al lavoratore, il quale tuttavia non deve necessariamente fornirla per testimoni, potendo anche allegare elementi indiziari gravi, precisi e concordanti, quali, ad esempio, la qualità e la quantità dell’attività lavorativa svolta, la natura e il tipo della professionalità coinvolta, la durata del demansionamento o la diversa e nuova collocazione lavorativa assunta dopo la prospettata dequalificazione.”

 

L’ASP di Catanzaro viene, quindi, condannata al risarcimento del danno da demansionamento subito dagli odierni ricorrenti nel periodo dal 2016 al mese di giugno 2018, quantificato in complessivi 7mila euro per ogni infermiere ricorrente.