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Leadership emotiva. L’uso dell’intelligenza emotiva nel coordinamento

Gemma Maria Riboldidi
Gemma Maria Riboldi
Pubblicato il: 22/09/2022 vai ai commenti

NursingProfessione e lavoroStudi e analisi

Il cuore ha le sue ragioni, che la ragione ignora (Pascal)

È innegabile che l’uomo sia costituito da “mente e cuore” e che nell’evoluzione umana, le emozioni abbiano consentito uno stimolo alla sopravvivenza della specie tanto da imprimersi nel nostro sistema nervoso. È nel R-Complex (o cervello rettiliano) che risiedono le emozioni e nell’amigdala la gestione delle stesse, chiamata intelligenza emotiva.

Se gli antichi romani ritenevano una virtù, tanto da definirla “dono dello spirito santo”, la temperatia (capacità di tenere a freno gli eccessi emozionali), ai nostri giorni possiamo definire l’intelligenza emotiva la capacità di comprendere, utilizzare e gestire le proprie emozioni in modo positivo, comunicare in modo efficace e disinnescare i conflitti.

È proprio sull’intelligenza emotiva che si basa una forma di leadership che sta attirando l’attenzione internazionale cioè la leadership emotiva, una leadership che si fonda su concetti neurologici: gli stati d’animo, le emozioni del leader e i comportamenti consequenziali che influenzano le persone che dipendono da lui.

Per quanto nella letteratura infermieristica italiana tale tema venga poco trattato, in tutto il modo, in particolar modo a seguito della pandemia, si sta osservando la stretta correlazione tra coordinatori infermieristici dotati di una sviluppata intelligenza emotiva e benessere lavorativo all’interno delle unità che quest’ultimi dirigono.

Va ricordato che una delle migliori qualità di cui un infermiere deve essere dotato è l’empatia. L’empatia è la capacità di comprendere gli stati d’animo, i comportamenti e le emozioni altrui. Tale capacità permette di istaurare buone relazioni con gli altri, più durevoli, attive e stabili. Se come diversi studi dimostrano l’empatia e l’intelligenza emotiva sono strettamente connesse l’una all’altra, ne deriva da sé che un infermiere che diventa coordinatore di un’unità che preserva e sviluppa questa qualità facendola propria può diventare da capo a leader con ottime capacità. Se infatti nella figura dei leader in generale il personale è alla ricerca di un riferimento che rassicuri e guidi il personale al raggiungimento degli obiettivi, nel leader emotivo si ricerca in aggiunta un contatto che possa dare un sostegno emotivo, di empatia.

Alla luce di quanto appena detto è importante sottolineare che coordinatori molto preparati ma con una scarsa intelligenza emotiva possono certamente compensare tale mancanza facendo affidamento sul loro intelletto e facendo forza sulla posizione formale, ma così facendo spesso esasperano la loro debolezza e quella altrui. Infatti molto spesso prendere punti di forza in prestito crea debolezza in noi stessi, negli altri e dunque anche nelle relazioni.

La letteratura evidenzia come i leader infermieristici con intelligenza emotiva sviluppata riescono a creare un clima lavorativo centrato sulla fiducia reciproca e creare un clima lavorativo che permette alle persone di dare il meglio di sé (Akerjordet e Severinsson, 2007) e di gestire i conflitti, creando un’opportunità per migliorare le abilità interpersonali (Morrison, 2008). Le abilità sociali favoriscono la collaborazione e il senso di appartenenza, migliorando i rapporti e creando un clima di gruppo favorevole alle espressioni emozionali.

In un momento storico in cui la fuga di infermieri va per la maggiore e dove c’è sfiducia anche generata dal passaggio da eroi a ….il nulla! Forse un po’ di leadership emotiva ci vorrebbe, insomma un po’ di Annibale che guidino le loro unità con un “Noi troveremo una strada, oppure ne apriremo una”.