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Nel 1907 le infermiere dirigevano gli ospedali. Ed oggi?

Andrea Tirottodi
Andrea Tirotto
Pubblicato il: 06/10/2022

Narrative Nursin(d)gNursingProfessione e lavoroStudi e analisi

Siamo nel 2022 e oltre la firma del contratto 2019-21 già scaduto quindi, gli infermieri continuano a sognare una professione che abbia una qualche possibilità di evoluzione che non sia la sola funzione di coordinamento. Veder riconosciute le competenze acquisite con la formazione, continua ad essere un tema buono nelle cucinette di reparto tranne che nei tavoli delle trattative.

Potrà mai un infermiere attraverso il suo percorso di studi accedere alla direzione di un ospedale per esempio? Non so se questo sia mai accaduto ma la nostra professione dovrebbe essere più che pronta a traguardi di questo genere.

È quindi con grande stupore che dopo essermi imbattuto in alcuni documenti ed articoli di storia, abbia potuto constatare come in tempi molto lontani dai nostri, certi titoli erano di comune dominio infermieristico in realtà anche molto difficili.

È il 20 febbraio del 1908 quando il prefetto di Sassari decreta che “la Signora Costanza Garibaldi” (nuora del generale Giuseppe Garibaldi) “è autorizzata ad aprire nell’isola della Maddalena, un ambulatorio per i soccorsi d’urgenza”. Di fatto già attivo dal 1907, l’ambulatorio sarà il nucleo iniziale di quello che diventerà un vero e proprio ospedale intitolato alla memoria del padre di Donna Costanza: Ospedale Giuseppe Garibaldi.

Opera sostanzialmente privata nata e cresciuta attraverso carità, donazioni, iniziative di autofinanziamento e sovvenzioni pubbliche in particolare del comune di La Maddalena, l’ospedale, ubicato in una casa privata, subirà ampliamenti nel tempo che consentiranno di aprire stanze di ricovero per patologie mediche, traumatiche ed interventi chirurgici e di prestare la propria opera per un trentennio tra mille difficoltà legate al contesto igienico e urbanistico dell’isola, le guerre, le carestie, la povertà di una città comunque lontana dall’arretratezza dei paesi dell’interno della Sardegna dai quali non mancavano richieste di assistenza.

Leggere i resoconti annuali redatti da Costanza Garibaldi, che riportano le attività ambulatoriali, mediche, chirurgiche oltre che i rapporti economici con gli appunti sulle entrate e le uscite e le donazioni ricevute, apre uno spaccato affascinante quanto duro su un periodo storico troppo poco divulgato nei programmi scolastici.

Pensare alle difficoltà con cui potevano essere trattati ad esempio 527 casi di patologia medica, 350 chirurgiche, 140 oftalmiche e 30 della pelle come riportato nel resoconto del 1911 e la riconoscenza profusa per il dono della “macchina per arrotolare bende”, contando sull’opera gratuita di alcuni medici e infermieri, è un esercizio cui mi sottraggo e che al massimo posso solo vagamente immaginare.

Gli infermieri dicevo o meglio le infermiere, costantemente ringraziate per l’opera indefessa portata avanti, vengono citate non già come semplici appunto, per l’accezione quindi che possiamo dare noi al termine, considerato che oggi esiste la figura professionale dell’infermiere e null’altro; piuttosto diventano protagoniste in qualità di direttrici dell’ospedale, direttrici, con tutto quello che questo termine possa voler dire e che quantomeno si può leggere dalla mano della stessa Donna Garibaldi.

È comunque un fatto che nei rendiconti, i medici vengano sempre adulati per la loro opera gratuita e volontaria, così come alcune infermiere della locale sezione della croce rossa, mentre nel rapporto economico, alla voce direttrice e suoi inservienti, viene riportato un onorario a lasciare intendere che solo questa figura avesse una retribuzione riconosciuta, evidentemente dovuta alla mole di lavoro svolta.

La documentazione disponibile racconta del susseguirsi di varie direttrici come Cornelia Bevilacqua, Caterina Macpherson, scozzese già appartenente al servizio “nursing” dell’esercito inglese della scuola di Florence Nightingale, fatta venire da donna Costanza che la definisce “direttrice intelligente ed amorosa; e ancora Beatrice Salvi cui Donna Costanza affidò “il servizio interno dell’ospedale, ringraziandola “per l’immancabile costante affezionato aiuto prodigato ai malati, confermandole i miei ringraziamenti per il suo lavoro verso i sofferenti”; la Direttrice Piccalunga sostituita da Ines Teodori che Costanza Garibaldi definisce “ammirevole capace infermiera e brava direttrice, esperta di un lungo servizio nell’assistenza civile e con grandi meriti sanitari. Ha la croce di guerra italiana, medaglia d’argento per assistenza civile, medaglia di bronzo della campagna e tiene con onore l’opera di assistenza nell’ospedale, nel funzionamento della chirurgia più corrispondente ai fini dell’ospedale”.

La documentazione che ho potuto leggere con avidità non riporta le attività espletate da queste direttrici ed i complimenti e le lodi di Donna Costanza lasciano intendere come queste consistessero sostanzialmente nell’assistenza diretta ai bisognosi ma anche e soprattutto nell’organizzazione, coordinamento e continua attività di mantenimento dell’ordine, manutenzione e approvvigionamenti di cui l’ospedale aveva costantemente bisogno.

Un fatto però è certo come è certo il significato degli aggettivi usati ossia che queste nostre colleghe, erano chiamate direttrici, per questo remunerate e rispettate da tutti.

Era solo il 1907

 

Andrea Tirotto