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Sesso&Disabilità, prima parte. Perché la sessualità nelle persone disabili fa paura?

Gemma Maria Riboldidi
Gemma Maria Riboldi
Pubblicato il: 09/02/2023 vai ai commenti

AttualitàSexo&Salute

Progetto a cura di Gemma Maria Riboldi e Rodolfo Luigi Pessina

Di Rodolfo Luigi Pessina..... e sexotan_gocce  

Come operatori sanitari, ci siamo formati nella cura delle malattie (e le conosciamo tutte!).

Ma quando abbiamo imparato il vero significato della disabilità e l’impatto che essa ha sulla vita dei nostri pazienti?

Secondo il modello dell’OMS (2001), la disabilità è intesa come il risultato di una complessa interazione tra la condizione biologica di salute (disturbi/malattie) di un individuo, i fattori personali e quelli ambientali e sociali che rappresentano le circostanze in cui il soggetto vive.

La disabilità è un quindi tema molto complesso, che va declinato nella singolarità delle persone che la vivono.

Alcune volte la disabilità non si può osservare, altre volte è impossibile da nascondere agli occhi altrui. Spesso, non conoscendola, le appiccichiamo una connotazione negativa a priori e spesso abbiamo pure paura a nominare il termine, ma ognuno la sperimenta a suo modo, persino con orgoglio come ben dimostra l’esistenza del Disability Pride Month che, ogni luglio, celebra i movimenti dei diritti delle persone disabili per porre fine allo stigma della disabilità e promuovere la convinzione che essa sia una parte naturale della diversità umana e che le persone possono celebrare ed essere orgogliose.

Ma quando pensiamo alle persone disabili riusciamo a immaginarci che possano fare sesso?

Ecco, questo ci viene estremamente difficile, forse anche perché abbiamo una visione fallace e molto semplificata della sessualità (spesso ridotta, nell’immaginario comune, al semplice sesso penetrativo tra due individui di solito eterosessuali, giovani, in buona salute).

La vita affettiva e sessuale delle persone con disabilità è stata oggetto di negazione e rifiuto da parte della società per molto tempo e, in parte, lo è tuttora, perché pone alla mente un problema di pensabilità (Lascioli et al., 2010). Questo fenomeno, che prende il nome di abilismo, non riguarda solo coloro che non hanno una disabilità, ma anche coloro che fanno parte di questo gruppo. Le difficoltà che emergono al pensiero della sessualità nella disabilità comprendono:

  1. Difficoltà nel pensare alla coniugazione tra disabilità e sessualità, soprattutto se presenti disabilità derivanti da deficit di tipo intellettivo (in cui rientra spesso l’argomentazione della capacità di intendere e di volere tale a prestare il consenso all’atto sessuale) o deficit fisici importanti (in cui è difficile anche solo pensare all’atto fisico sessuale).
  2. Difficoltà nel pensare alle persone con disabilità come individui adeguati, idonei, capaci nell'ambito della sessualità (ex. tema del supporto alla genitorialità di persone disabili).
  3. Difficoltà nell’individuare soluzioni che garantiscano alle persone con disabilità l’effettivo riconoscimento del loro bisogno e del loro diritto alla sessualità: a questo proposito sono spesso le stesse persone con disabilità che possono suggerire ai clinici soluzioni inaspettate per superare alcune difficoltà nell’atto sessuale. Credo di non essere mai stato più meravigliato in vita mia di quella volta in cui il mio professore di sessuologia mi ha mostrato un video in cui una donna con una disabilità motoria sfruttava il proprio bastone nell’autoerotismo e con il proprio partner!
  4. Difficoltà dei genitori nel pensare alla sessualità dellз figliз con disabilità, perché non considerano la portata dei bisogni affettivi e sessuali dellз figliз nella loro vita futura, o perchè temono le implicazioni negative che tali bisogni possono avere sui loro percorsi di vita, o semplicemente perchè non sanno cosa fare e che strade intraprendere. Risulta poi difficile, imbarazzante e in alcuni casi anche traumatico, per molti genitori, dover approcciare la sessualità del proprio figlio senza alcuna guida, anche solo per offrirgli un supporto per la masturbazione.
  5. Difficoltà dellз educatorз nello sviluppo e realizzazione di progetti che intercettino e rispondano efficacemente ai bisogni di autodeterminazione delle persone con disabilità, in particolare quando si tratta di persone con disabilità intellettive e/o psichiche. Indubbiamente, all’interno di strutture dedicate alla disabilità mancano dei progetti dedicati espressamente alla sessualità, che spesso sono portati avanti da poche persone illuminate (e questo lo si osserva anche in altre strutture, come le case di cura per anziani).
  6. Difficoltà delle stesse persone con disabilità nel pensare alla propria sessuo-affettività e relazionalità e di esprimerla per atteggiamenti altrui di rifiuto o negazione dei loro diritti. Questo avviene perché le persone con disabilità internalizzano gli stereotipi sulla sessualità che vengono loro forniti dalla società abilista in cui viviamo.

Spesso, anche quando riceviamo una formazione rispetto alla sessualità (il che è raro al momento in Italia), sono gli stessi programmi di educazione sessuale che non considerano al loro interno le persone disabilità.

continua............a presto!