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Leggere è terapeutico? Ecco come

Vincenzo Rauccidi
Vincenzo Raucci
Pubblicato il: 08/09/2023 vai ai commenti

AttualitàStudi e analisi

La maggior parte degli esseri umani, soprattutto nel mondo industrializzato, associa il termine “terapeutico” alla farmacologia. “Pigliate ‘na pastiglia”, cantava ironicamente Renato Carosone (1920-2001) più di mezzo secolo fa, scanzonata presa in giro verso chi attribuiva (e attribuisce) al farmaco un grande potere taumaturgico.

Eppure sappiamo tutti che esistono validissimi luoghi, atteggiamenti, manovre, situazioni, atmosfere, rimedi che possono essere tanto terapeutici quanto molte medicine.

In questa serie di articoli è mia intenzione esplorare alcune dimensioni curative per le quali non è necessaria la prescrizione di un medico.

Eccovi i titoli degli articoli che compongono il pacchetto:

Continuiamo questo nostro viaggio nelle varie dimensioni terapeutiche con la lettura, cominciando con una citazione di Ines Caminiti: “Un libro riesce a interrompere miracolosamente il circolo vizioso dei pensieri rovinosi e distrae dal logorio incessante di chi vive un disagio; alleggerisce per un po’ la fatica del dolore, sostenendo il subbuglio interiore delle sensazioni e delle riflessioni che assalgono nei momenti tragici; può stemperare l’angoscia e alleviare lo spirito contrito di chi s’ immerge nella novità della vicenda narrata. Il libro fa compagnia e prova a dare senso al vuoto di senso che il dolore porta con sé; esso inoltre dispone all’ascolto e facilita la flessibilità ad aprirsi a nuove esperienze, contrastando l’immobilismo fisico e la paralisi interiore che inaridiscono l’energia vitale di chi vive un disagio”.

I libri fanno stare meglio: leggere fa bene a sé stessi sia per l’arricchimento che opera nella nostra mente e nelle nostre emozioni, sia perché ci permette di stare con noi stessi e di ascoltarci attraverso la cassa di risonanza delle storie che leggiamo.

Con i libri si cresce e si migliora. Il libro diventa un “altro luogo”, dove conoscere sé stessi, crescere cognitivamente, psicologicamente e socialmente nel corso di tutta la vita.

 Diversi studi dimostrano come la lettura modifichi fisicamente la struttura del nostro cervello. Permette di creare nuove immagini e sperimentare le stesse esperienze dei personaggi sia migliorando la nostra capacità di immedesimarci con gli altri, sia sviluppando una maggiore empatia e intelligenza emotiva.

Inoltre, leggere è il miglior modo per rilassarsi: studi recenti dimostrano che sono sufficienti sei minuti di questa attività al giorno per ridurre i livelli di stress del 68%.

Il potere curativo dei libri non è una scoperta recente: addirittura Aristotele credeva molto nei poteri terapeutico della letteratura. Perfino Shakespeare, nella tragedia di Tito Andronico, fa un velato riferimento alla biblioterapia, nel passaggio che recita “Vieni e scegli un libro dalla mia biblioteca personale e attenua il tuo dolore”

Quindi, per continuare con Ines Caminiti: “Un libro aiuta a uscire dal proprio male e a prenderne le distanze, predisponendo l’animo a superare l’ostacolo. In un certo senso il libro è terapeutico e porta come valore aggiunto, nello svolgersi dei capitoli, la sorpresa della storia. Esso diventa quindi curiosità, esperienza nuova, stupore; può allora essere definito “dono” dell’autore al lettore e, come tale, è amore; è un dono d’amore che aiuta a sollevare lo sguardo e a trovare la forza per riprendere il cammino.

A questo punto, se si riesce a ripartire, nonostante un dolore abbia piegato, straziato, logorato, il libro favorisce anche un atteggiamento positivo verso la vita, come di rinascita dopo un dolore superato.
Si coglie così quel senso di libertà interiore, che è il valore distintivo dell’uomo e della sua dignità; questa bellezza, che è novità sorprendente e stupefacente, si può raggiungere assaporando le pagine di un libro!”.