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Morte di una 77enne dopo chemioterapia a Lecce: otto indagati tra medici e infermieri

Maria Luisa Astadi
Maria Luisa Asta
Pubblicato il: 21/10/2024 vai ai commenti

AttualitàCronache sanitarie

 

Otto persone, tra medici e infermieri dell'ospedale "Vito Fazzi" di Lecce, sarebbero attualmente indagate per omicidio colposo e responsabilità colposa in ambito sanitario, in relazione alla morte di una donna di 77 anni, originaria del Basso Salento, deceduta il 30 settembre scorso dopo l'inizio della chemioterapia. L’iscrizione nel registro degli indagati rappresenta un atto dovuto in vista dell’autopsia, prevista per oggi, fondamentale per accertare eventuali responsabilità.

L’inchiesta, coordinata dal pubblico ministero Alessandro Prontera, è partita dalla denuncia presentata dai familiari della vittima, assistiti dall'avvocato Dario Paiano, che chiedono chiarezza sulle circostanze del decesso. L’esame autoptico sarà condotto dal medico legale Roberto Vaglio, affiancato dall’anestesista Silvio Colonna, e i risultati definitivi potrebbero richiedere diversi mesi. L'obiettivo è stabilire se la morte della paziente possa essere attribuita a imperizie o negligenze del personale sanitario.

Secondo quanto denunciato dai familiari, alla 77enne era stato diagnosticato un mieloma nel mese di agosto, e dopo una serie di accertamenti, tra cui esami cardiologici, aveva iniziato il trattamento chemioterapico il 30 settembre. Quel giorno, intorno alle 11:30, le veniva somministrata una sacca endovenosa in preparazione alla chemio, iniziata circa un’ora più tardi. Poco dopo, verso le 13:20, la donna iniziava a manifestare difficoltà respiratorie. Il personale infermieristico allertava immediatamente i medici, che riscontravano un quadro clinico compromesso.

La terapia veniva sospesa e le veniva somministrata una dose di cortisone, ma secondo quanto riportato nella denuncia, la paziente sarebbe stata lasciata sola con la figlia in attesa dell'intervento del personale medico. Quest'ultima, rendendosi conto dell'aggravarsi delle condizioni della madre, segnalava l'urgenza, ma le manovre di rianimazione, avviate poco dopo, si rivelavano inefficaci.

In un’integrazione alla querela, i familiari riferiscono che durante l’emergenza un operatore sanitario avrebbe chiesto a un infermiere di chiamare un rianimatore, ricevendo come risposta che non sapeva dove trovarlo. Solo dopo circa venti minuti sarebbe intervenuto un altro operatore, ma a quel punto la situazione era ormai compromessa.