Legittima sospensione per l'infermiera in congedo familiare non vaccinata Covid
Con la sentenza n. 1888/2025, la Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, ha stabilito che la sospensione dal lavoro per mancata ottemperanza all’obbligo vaccinale prevale su eventuali cause sospensive preesistenti, come il congedo familiare. La Corte ha sottolineato la specificità della normativa emergenziale anti-Covid, che impone la sospensione dal rapporto lavorativo senza retribuzione nei confronti degli operatori sanitari non vaccinati, ribadendo la legittimità della misura anche in caso di altre forme di sospensione già in essere.
La vicenda
La controversia ha origine dalla decisione di una ASL di sospendere un’infermiera dal lavoro per non aver adempiuto all’obbligo vaccinale previsto dall’art. 4 del D.L. n. 44/2021. La dipendente, tuttavia, si trovava in congedo retribuito ai sensi dell’art. 42 del D.Lgs. n. 151/2001 per assistere un familiare disabile. La Corte d’Appello di Genova aveva dichiarato illegittima la sospensione, ritenendo che, essendo la lavoratrice già in regime di congedo familiare, dovesse prevalere questa causa legale sospensiva. Tale pronuncia è stata impugnata dall’ASL davanti alla Cassazione, che si è espressa ribaltando il verdetto.
Le motivazioni della Cassazione
La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’ASL, affermando che la sospensione per inadempienza all’obbligo vaccinale è una misura di carattere eccezionale e inderogabile, che prevale su altre cause di sospensione del rapporto lavorativo. Questa prevalenza si fonda sulla specificità della normativa emergenziale, volta a tutelare la salute pubblica durante la pandemia da Covid-19.
La Cassazione ha chiarito che:
- L’obbligo vaccinale per gli operatori sanitari, introdotto dal D.L. n. 44/2021, costituisce un requisito essenziale per l’esercizio della professione. La mancata ottemperanza comporta automaticamente la sospensione dal lavoro senza diritto alla retribuzione o ad altri emolumenti.
- La disciplina emergenziale non riconosce rilevanza a situazioni soggettive del lavoratore, salvo in caso di comprovato pericolo per la salute legato al vaccino, documentato da certificazione medica.
- La scelta del legislatore, secondo la Corte, è giustificata dalla necessità di ridurre la circolazione del virus, assicurando uniformità nell’applicazione dell’obbligo vaccinale e evitando un aggravio delle strutture sanitarie.
Inoltre, la Corte ha ribadito la tenuta costituzionale della normativa in esame, già confermata dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale, evidenziando che le limitazioni imposte ai lavoratori non vaccinati non costituiscono una misura sanzionatoria, bensì una risposta proporzionata e transitoria alla crisi sanitaria.
La sentenza n. 1888/2025 della Cassazione si colloca in un quadro normativo e giurisprudenziale che attribuisce priorità assoluta alle misure di salute pubblica adottate durante l’emergenza Covid-19. L’esito di questo caso rafforza l’indirizzo secondo cui l’obbligo vaccinale, per categorie professionali strategiche come quella sanitaria, rappresenta una necessità non derogabile, anche in presenza di altre tutele lavorative.