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NurSind Varese vince per gli Infermieri: 8mila euro di risarcimento per i buoni pasto negati

Vincenzo Rauccidi
Vincenzo Raucci
Pubblicato il: 30/01/2025

AttualitàLeggi e sentenze

La Corte di Appello di Milano con una recentissima sentenza, depositata in data 27 gennaio 2025, ha condannato l’ASST Valle Olona a risarcire 22 infermieri per il danno subito in conseguenza della mancata effettuazione, negli anni, della pausa mensa secondo le modalità previste dalla contrattazione collettiva di settore (art.29 CCNL integrativo 20.9.2001).

Il successo, ottenuto dal NurSind Varese con il patrocinio dell’avvocato Paolo Perucco di Varese, ha permesso ai 22 infermieri di riscuotere circa 8mila Euro a testa.

La vicenda

Gli infermieri turnisti avevano lamentato di non essere stati posti in condizione di consumare il pasto presso la mensa aziendale oppure presso il reparto, fruendo di una pausa/intervallo della propria prestazione lavorativa.

L’articolazione in turno del loro orario di lavoro funzionale all’esigenza aziendale di garantire continuità al servizio assistenziale prestato in reparto, non contemplava un periodo di interruzione in cui gli infermieri turnisti potessero fruire della pausa mensa.

L’azienda dal canto suo, pur riconoscendo il diritto alla mensa, escludeva il proprio inadempimento (per mancata concessione della pausa) in quanto i lavoratori non ne avevano mai fatto espressa domanda di fruizione.

La decisione della Corte di Appello di Milano

La sentenza della Corte di Appello milanese, dopo aver aderito alla  consolidata interpretazione offerta dalla Corte di Cassazione della disciplina contrattuale collettiva in tema di diritto di mensa e aver quindi ribadito che la pausa per la consumazione del pasto è collegata alla pausa di cui all’art. 8 d.lgs. 8 aprile 2003 n. 66 (pausa psicofisica) e pertanto deve essere fruita in intervallo non lavorato e, dunque, in una pausa all’interno del turno e non prima o al termine del turno stesso (modalità, questa, non conforme alla previsione dell’art.29 CCNL), precisa due aspetti rilevanti fra loro connessi:

a) esclude che la fruizione della pausa richieda e sia subordinata ad una domanda di adempimento da parte degli infermieri.

Non solo il datore di lavoro è contrattualmente obbligato a far fruire la pausa per la consumazione del pasto durante ciascuna giornata lavorativa ma tale pausa, in quanto appunto coessenziale a quella psicofisica, deve essere fruita dal lavoratore qualora l’orario di lavoro giornaliero ecceda il limite di sei ore, ai fini del recupero delle energie psico-fisiche e della eventuale consumazione del pasto, sicché è irrilevante, ai fini del configurarsi dell’inadempimento datoriale, la circostanza che i lavoratori non chiedano la fruizione del servizio mensa.

b) conferma che, tenuto conto della particolarità dell’attività lavorativa in questione e dell’esigenza di garantire la continuità assistenziale da parte degli infermieri in turno, è il datore di lavoro il soggetto tenuto ad organizzare l’attività di assistenza infermieristica con modalità tali da assicurare la fruizione della pausa e a garantire l’effettiva interruzione dell’attività lavorativa, adottando le misure organizzative idonee ad assicurare l’effettivo esercizio di tale diritto, indispensabile, come evidenziato, per l’esercizio del diritto di mensa (quali, a titolo di esempio, la programmazione della cadenza temporale delle pause, la previsione di meccanismi di rotazione e sostituzione del personale mediante la predisposizione dei turni per usufruire del servizio mensa o del servizio sostitutivo in un contesto di continuità assistenziale, etc.).

La sentenza ha quindi liquidato in favore degli infermieri ricorrenti un risarcimento del danno (subito per mancata fruizione del diritto di mensa) in via equitativa assumendo quale parametro di riferimento il costo convenzionale del pasto in mensa, pari ad € 5,16 (detratta la quota di costo a carico del dipendente) per ogni giorno di effettiva presenza in servizio dei lavoratori, a decorrere dalla data di istituzione del servizio di mensa e comunque nei limiti della prescrizione decennale (venendo in rilievo un inadempimento contrattuale ex art. 1218 c.c.).